Proponiamo ai nostri lettori i versi di 12 grandi poeti veneti, una scelta curata con sguardo attento, esperto e sensibile da Sandro Marchioro.
Vorremmo che di questi autori si tornasse a parlare e che soprattutto si tornasse a leggerli: sono 12 grandi poeti veneti, alcuni noti altri meno. Sono comunque voci che vorremmo riascoltaste. Li proponiamo così: solo testo, nome e luogo, come negli epitaffi; senza la confusione intorno di parole, di commenti o di “spiegazioni” (come si fa a scuola): ognuno cerchi di sintonizzarsi a modo proprio, magari cercando, magari ascoltando. Buona lettura.
Andrea Zanzotto
Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011
LA TARESA
Che la ghe féa psicoterapia ale altre vecéte
V Taresa me fa mal
T Va’ dal dotor
V E se ‘l me manda in ospedal
T Tu ghe va e i te cava ‘l mal
V E se no i me guaris
e magare more!
T Una de manco
E, col nome de Dio, la asséa cete
E contente ‘ste signore
LA TARESA
che squasi sote i nonanta
la se féa psicoterapia ela sola.
La ‘ndéa in let prima de not
la se indormenzhéa
la se svejéa sui tre bot:
“Ciò, no son-e ancora viva!”
Né trista né lieta avea sembianza
Co la diséa cussì, po la se oltea
E inte la sòn la tornéa galiva galiva
E ‘l santo Gotamo lontane l ridoléa.
TERESA
che faceva psicoterapia alle vecchiette
V Teresa mi fa male
T Va’ dal medico
V E se mi manda in ospedale?
T Tu ci vai e ti levano il male
V E se non mi guariscono
E magari muoio?
T Una di meno
e finalmente, lasciava quiete
e contente queste signore
TERESA
che quasi sotto i novanta
faceva psicoterapia a se stessa.
Andava a letto prima di notte
si addormentava
sulle tre si svegliava:
“Toh, sono ancora viva!”
Né triste né lieta avea sembianza
quando così diceva, poi si voltava
e nel sonno tornava pari pari
E il santo Gotamo (1) lontano sorrideva
(1) “Santo Gotamo”: di fatto c’è notizia che nelle chiese orientali talvolta anche Budda era compreso nell’elenco dei santi
Da: Andrea Zanzotto, Meteo, Roma, Donzelli, 1996; pp.69-70
FIUME ALL’ALBA
Fiume all’alba
acqua infeconda tenebrosa e lieve
non rapirmi la vista
non le cose che temo
e per cui vivo.
Acqua inconsistente acqua incompiuta
che odori di larva e trapassi
che odori di menta e già t’ignoro
acqua lucciola inquieta ai miei piedi
da digitate logge
da fiori troppo amati ti disancori
t’inclini e voli
oltre il Montello e il caro acerbo volto
perch’io dispero della primavera
Andrea Zanzotto, Vocativo, Milano, Mondadori, 1957, pag. 14