Da più parti si dibatte se l’Unione Europea risponda ancora ai criteri che, almeno ufficialmente, l’hanno fatta nascere. E’ un tema complesso e controverso, personalmente propendo per una risposta negativa: a mio parere si è trasformata in un “monstrum” teso soprattutto a perpetuare se stesso ed il suo potere, a legiferare in direzione apertamente filocapitalista ed a preoccuparsi troppo di questioni formali e decisamente meno di problematiche che al contrario incidono pesantemente sulla vita concreta dei cittadini, intendo i comuni cittadini e soprattutto le classi meno abbienti. Gli effetti pratici di questa istituzione sulla nostra vita quotidiana ci obbligano a porci qualche domanda. Penso ai 70 anni di pace, uno degli argomenti cardine dei filoeuropeisti: sono un dato oggettivo, nessuno nega che le due guerre mondiali siano state una tragedia immane. Ma se analizziamo le cause dei conflitti precedenti e poi allarghiamo il focus spostandolo dal nostro continente a quanto accade a livello planetario, la visuale cambia parecchio, e di pari passo dovrebbero cambiare percezioni e valutazioni. I conflitti del passato, le guerre tra stati europei, nascevano da tensioni socio-economiche, da differenze culturali, dalla scarsa compatibilità tra nazioni governate da sistemi politici tra loro molto differenti se non antitetici. Se facciamo un’analisi attenta, scopriamo che le tensioni economiche ci sono anche oggi, ma più che tra le singole nazioni esse si manifestano trasversalmente tra le diverse classi sociali ecumenicamente distribuite nei vari paesi membri. Non c’è più il risentimento tra la perfida albione e i mangiacrauti: un tedesco povero si sente più vicino ad un proletario di Liverpool che ad un manager dell’industria automobilistica dl suo paese. In gran parte queste sperequazioni sono il risultato delle regole e della governance di lungo periodo dell’Unione. Non si può negare che, in ossequio alla logica liberista, l’Unione abbia creato all’interno del continente condizioni economiche diseguali tanto tra le classi sociali quanto tra gli stati membri, per consentire che le produzioni a basso valore aggiunto vengano delocalizzate nelle aree povere, a beneficio dei profitti che si realizzano vendendo quegli stessi prodotti nei paesi più ricchi. Il benessere diffuso, nonostante le promesse elettorali che restano però solo teoria, non c’è e non ci sarà mai, perché esso non consente al capitalismo di generare i profitti che solo la diseguaglianza salariale permette. Mentre acuisce le differenze di classe, l’Unione sta progressivamente annientato le differenze culturali mediante un processo di appiattimento verso il basso e con la promozione di stampo orwelliano di una integrazione acritica e ad ogni costo tra le differenti matrici culturali di popoli che poco hanno in comune (il “Boldrini-pensiero” per intenderci, quello che propone un angoscioso futuro indifferenziato, fatto di sudditi inconsapevoli del proprio passato e disposti ad adattarsi al modello di società teorizzato dai demiurghi dell’integrazione coatta). Invece di salvaguardare preziose tipicità che consentono un approccio critico alla convivenza ma che comunque permettono alle diverse nazionalità ed etnie di conservare un patrimonio costruito nei secoli, si impone a colpi di slogan e magliette rosse un livellamento al ribasso che obbliga i futuri cittadini a condividere l’alienazione e la sottocultura che già regna nelle periferie, perché, è inutile negarlo, i “nuovi europei” non avranno certo la residenza a Capalbio. Anche le leggi si dovranno rapidamente adeguare a questo progetto dirigista con l’applicazione “de jure” di principi come lo jus soli, l’indifferenziazione dei gender in tutte le sfumature, l’accettazione di un’immigrazione indiscriminata.

Diventeremo cioè formalmente tutti uguali, basterà obbedire ai burocrati dell’Unione e restare nelle periferie ghetto in attesa che la coop di turno ci sfami, lucrando sul cibo e sui servizi e di tanto in tanto ci offra un lavoro rigorosamente precario. Insomma si vuole creare una massa di cittadini privi di cultura autoctona, asserviti ai principi del neocapitalismo, facili da governare e convinti che non esista alcuna alternativa percorribile al sistema economico attuale. Soggetti desiderosi solo di avere accesso a maggiori consumi (magari un bel SUV e un Rolex), pronti a tutto per “emergere” e rispettosi di dogmi osceni quale l’ineluttabilità dei mercati finanziari, la correttezza di strumenti come lo spread o l’impossibilità di sostenere istruzione e sanità pubbliche. Un mondo di ignoranti, poveri, senza pensione e senza accesso alle cure mediche. Nei fatti, l’attuale Unione Europea mira ad assicurarsi con arroganza crescente quel tipo di obbedienza che non riuscirebbe mai ad ottenere da gruppi etnici che conservassero la cultura originale e che sarebbero pronti a difendere la loro identità. Pensate a curdi, palestinesi o agli irlandesi del nord, solo per fare qualche esempio: credete che si lascerebbero dire come debbono vivere da personaggi come Junker o come la Lagard?. Al di là delle differenze di facciata gli attuali governi dei paesi europei sono passivamente allineati ai diktat della BCE e delle multinazionali, i timidi tentativi di percorrere strade alternative sono annientate con violenza, basta pensare a quello che sta accadendo in Grecia (che curiosamente l’Unione considera “guarita”) o ai ricatti cui stiamo assistendo per quanto riguarda il nostro paese.

La presenza di questa dittatura “light” rende superfluo il periodico ricorso alle guerre in senso stretto, anche se agli effetti pratici quello che è stato imposto alla Grecia non è molto diverso dalle conseguenze di un conflitto tradizionale: le persone non muoiono colpite dalle bombe, ma hanno un futuro con aspettativa di vita in significativa diminuzione grazie agli effetti collaterali della terapia benevolmente erogata dalla Troika. A questo proposito spero che qualcuno si renda conto di cosa accadrà con il cosiddetto “esercito europeo” e con le forze di polizia unificate di cui si parla con sempre maggiore insistenza. Questi sono veri e propri strumenti repressivi sostenuti (a ragione) dagli euroburocrati ma anche (e questo è incomprensibile) dai tanti che le trovano “buone idee”. In realtà si tratta di un altro tassello verso la dittatura: immaginatevi che in un paese dell’Unione si verifichino insurrezioni popolari, magari motivate da normative inique o dall’imposizione di misure inaccettabili. Se venissero impiegati poliziotti o militari con la medesima nazionalità dei dimostranti, essi sarebbero consapevoli che la ribellione ha motivazioni almeno in parte condivisibili e di conseguenza sarebbero restii a intervenire con decisione, mentre i reparti di altri paesi avrebbero un atteggiamento ben diverso e certamente tutt’altro che empatico verso soggetti comunque “stranieri”. Ma restano i 70 anni di pace, afferma qualcuno, le guerre non ci sono più… dicevamo. In realtà abbiamo confinato le guerre ai continenti vicini, dove ci sono materie prime e fonti energetiche di cui fare razzia. Non c’è nulla di meglio dell’Isis per acquistare petrolio a prezzi stracciati al mercato nero, così come non c’è modo migliore di assassinare Muammar Gheddafi con il pretesto dell’instabilità dell’area, se in realtà si vogliono azzerare i debiti miliardari della Francia. Nel frattempo si vendono armi “ai negri”, attività che resta pur sempre un buon affare. Alle multinazionali, e alle finanziarie che le sostengono, servono paesi da depredare, immense aree depresse dove praticare land-grabbing e dove ipotizzare una vera colonizzazione agraria: grazie al controllo climatico ed alla brevettabilità delle sementi, si potrà decidere chi produrrà cibo e, naturalmente, chi lo potrà mangiare (e chi farà la fame). E’ una dittatura, una dittatura light, intendiamoci, che ci lascia liberi di scegliere il gestore di telefonia che preferiamo e che si scandalizza di fronte all’impiego di parole terribili come omosessuale. E’ superfluo rammentare quale sia la causa principale dei fenomeni migratori: sono le politiche neocolonialiste dell’occidente, Europa compresa, nei confronti dell’Africa, di parte dell’Asia e dell’America del Sud la ragione di questo esodo biblico e delle tragedie che esso comporta. Fa tutto parte di un disegno ad ampio respiro che si può sintetizzare nel saccheggio di vaste aree del pianeta, che causa fenomeni demografici disastrosi che a loro volta permettono di attuare la seconda parte del programma, cioè la creazione di una classe universale di proletari apolidi, privi di cultura, facilmente manovrabili e pronti ad accettare lo sfruttamento invece del lavoro, un’occupazione caratterizzate da precarietà, salari bassi e nessuna garanzia assistenziale e previdenziale. Del resto c’è un dato incontrovertibile che lo dimostra: la ricchezza prodotta nel mondo continua ad aumentare ma aumentano anche i poveri: non c’è redistribuzione del reddito.

Se l’Unione Europea avesse davvero a cuore la nostra salute non permetterebbe l’uso del Glifosato, vieterebbe l’uso dei coloranti e dei conservanti tossici negli alimenti, metterebbe al bando gli OGM e predisporrebbe controlli severi sugli alimenti di provenienza extracomunitaria. Farebbe una politica seria per disincentivare il consumo delle proteine animali, pericolose per la salute e provenienti da allevamenti industriali con impatto devastante sull’ambiente. Invece ci vogliono così bene che stanno pensando di tassare l’olio d’oliva, il parmigiano e ci sanzionano perché non permettiamo la produzione di formaggio senza latte. Ci vogliono così bene che rincoglioniscono la popolazione con assurdità come “genitore 1 e genitore 2” concetti senza i quali sembra non si possa vivere, ma consentono serenamente che gli anziani muoiano di fame con pensioni che oggettivamente non permettono di nutrirsi, nemmeno con il formaggio “fatto con le polverine”. Anche uscire dall’Unione è un rebus: un processo sanguinoso che non si basa, come sarebbe logico supporre, sul concetto “da domani non si versano più i contributi a sostegno dell’Unione e naturalmente non si ricevono più i fondi cui hanno diritto i paesi membri; per ciò che riguarda la circolazione dei cittadini si torna alle normative precedenti e per le merci si utilizza un criterio di reciprocità: i dazi, se ci sono, funzionano in ambo i sensi”. Certo è una semplificazione, vanno valutate le posizioni dei lavoratori stranieri ed altri aspetti tecnici, ma l’approccio fondamentale potrebbe essere molto semplice e pragmatico. Al contrario, essendo governata dalle banche e ragionando come le banche, l’Unione applica anche a chi desidera uscire dal consesso condizioni vessatorie, come quelle imposte dagli istituti di credito a chi voglia ritirare i depositi o liquidare i titoli detenuti dalla banca. La negoziazione non avviene su di un piano di parità, bensì da presupposti di netto privilegio che l’Unione pretende di applicare con arroganza. Così, con la scusa dei 70 anni di una pace che in realtà ha aspetti molto singolari e con le accuse generiche di populismo e sovranismo eretico rivolte a chiunque si limiti anche solo a dubitare dei dogmi di Bruxelles, la dittatura dell’Unione ci ha imposto un modello di società strumentale alle politiche del neocapitalismo ed è addirittura riuscita a convincere larghi strati delle popolazioni che questo sia il migliore dei mondi possibili. Per quanto mi riguarda non è questa l’Europa che voglio, non è questa la società che spero di lasciare a mia figlia e soprattutto non accetto che il mio futuro sia deciso a tavolino da quattro banchieri appoggiati da politici corrotti e forse in futuro addirittura da un inquietante esercito dell’Unione. Ma la sinistra che ci dovrebbe difendere, che dovrebbe essere in prima linea per i diritti concreti, cosa fa? Si occupa di altre cose, probabilmente più redditizie e ha completamente dimenticato Gramsci, Matteotti e Brecht. Li tira fuori, impolverati e stinti come i mascheroni di Viareggio, quando organizza le sue malinconiche parate per i pochi aficionados e quattro giornalisti prezzolati. Soros osserva compiaciuto e benedice.

L’ESTUARIO DEL PO. Cronache non necessariamente conformiste. Mario Bellettato è nato ad Adria nel 1956. Dopo gli studi classici e la laurea in giurisprudenza ha intrapreso una carriera manageriale che lo ha portato a lunghe permanenze all’estero. Ha lavorato come copywriter per alcune agenzie di pubblicità e si è occupato di formazione per l’Unione Europea. Ha pubblicato i romanzi “Il sognatore” (2015) e “Due perle” (2020).
Ottimo articolo riepilogativo di un idealismo che, come tutti gli idealismi che sono sempre a carico dei più deboli , chi lo ha inventato e perseguito era di natura un disonesto. E mi piace qui riportare notizie sui cosiddetti padri della UE e loro sodali da dove si può capire cosa avevano effettivamente in mente.
“Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono.”
Altiero Spinelli Diario europeo 1948-1969 ed. Il Mulino 1989 pag. 175
Nota è il papà di Barbara S. quella che scrive su la Repubblica, compagna di quel Padoa-Schioppa che per fortuna mi pare non abbia lasciato eredi e che voleva l’Europa perché dovevamo provare “la durezza del vivere”: sue testuali parole.
“Le nazioni dell’Europa dovrebbero essere guidate verso il superstato senza che i loro popoli sappiano cosa sta accadendo, ciò si può ottenere tramite passi successivi ognuno mascherato da uno scopo economico, ma che porterà alla fine e irreversibilmente alla federazione.”
Jean Monnet
…e nous merde…
Chi sono i veri Prodi
dal blog del professor Sergio Cesaratto
Una brava studentessa (non dico coraggiosa, perché per email mi ha riposto “Grazie professore, ma non credo sia stata una cosa così straordinaria”) ha chiesto delle scuse (politiche e intellettuali naturalmente) a Prodi, di persona. Ho l’onore di essere stato invitato da Cristina il prossimo 27 marzo a Bologna, dove me la vedrò col braccio destro di Prodi, il prof. Paolo Onofri. Credo che ciò che abbia detto sia innnanzitutto di una dignità straordinaria (anche confrontato con le deformazioni di Prodi e dei reporter):
“Adesso, non le chiedo, come fa qualcuno, di formare un nuovo partito o ricandidarsi per riparare alla situazione. No, quello spetta a noi. Però le chiedo, come minimo, che riconosca le sue responsabilità e i suoi errori; e che magari ci chieda anche scusa.”
Il video è qui , il testo e il commento di Cristina di seguito.
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Ieri sera è uscito un articolo su Agi in cui si dichiara che durante l’incontro di Rethinking Economics Bologna con Prodi una studentessa (io) “aveva espresso dubbi sul progetto europeo auspicando un ritorno alle frontiere tra gli Stati Ue.”
Tuttavia io non ho mai in nessun momento detto una cosa del genere ma ho piuttosto richiesto all’ex presidente del consiglio e della commissione europea di riconoscere le sue responsabilità ed i suoi errori nell’implementare politiche neoliberiste che ci hanno portato alla situazione attuale.
Questo perché “mi rifiuto di vivere in un paese che soffre di deficit di memoria. Che trasforma i carnefici in vittime e i colpevoli in eroi”.
Prodi, che fa il politico di mestiere, ha ovviamente deviato il discorso mettondomi in bocca parole non mie.
Però mentre da un lato mi aspetto un comportamento del genere da un politico dall’altro mi auguro, forse ingenuamente, che la stampa non rappresenti in modo distorto la realtà.
Riporto quindi qui il mio intervento postando anche il video nel quale si nota che sono pure stata maleducatamente interrotta da un probabile fan di Prodi.
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“Salve professore,
Sono Cristina di Rethinking economics Bologna e la ringrazio per aver accettato il nostro invito. Detto ciò, però, questo è l’unico ringraziamento che mi sento di farle. Mi permetta di rubarle due minuti.
Le parlo come componente di quella che viene definita “Generazione Erasmus”. Eccola qui, la generazione Erasmus: una generazione nata e cresciuta all’interno dell’Unione Europea ed educata con la favola di un’Europa di cooperazione e obiettivi comuni, di uno spazio in cui viaggiare liberamente ed educarsi alla diversità. Un luogo di pace, prosperità e libertà.
La favola della nuova generazione Europea di studenti colti, aperti e con alta mobilità si scontra però con la realtà, ossia con la generazione dei disoccupati e dei lavoratori poveri. Infatti, solo l’1% degli studenti italiani partecipa a progetti di mobilità, mentre gli altri si trovano in situazioni di precarietà o disoccupazione. La disoccupazione giovanile nel 2017 è arrivata a superare il 40% e coloro che trovano lavoro sono costretti ad accettare orari e salari da fame con contratti a termine o retribuiti tramite voucher. In tantissimi sono costretti ad emigrare; alcuni svolgono attività di ricerca qui sotto finanziata altri sono costretti a lavori non qualificati e sottopagati, nonostante l’alto livello d’istruzione.
Il futuro dei giovani italiani è un futuro grigio e di cui lo Stato ha deciso di non farsi carico. Siamo una generazione abbandonata dalle istituzioni e, certo, non sarà tutta colpa dell’Unione europea, ma sicuramente per capire come migliorare bisogna prima individuare le colpe ed i colpevoli. L’italia ha scelto di condividere e mettere in atto lo smantellamento dello stato sociale: ha tagliato educazione, istruzione, protezioni sociali, investimenti industriali, ecc. Una situazione di cui nessuno vuole farsi responsabile ma che è strettamente collegata con l’adesione dell’Italia alle politiche neoliberiste.
Professore, lei, il 18 gennaio ha rilasciato un’intervista al Quotidiano.net in cui dice “la mia Europa è morta. Ma spero che la crisi la svegli. Ora possiamo solo aggiungere: preghiamo”
Beh, troppo semplice così.
Mi dispiace ma mi rifiuto di vivere in un paese che soffre di deficit di memoria. Che trasforma i carnefici in vittime e i colpevoli in eroi.
Non possiamo non dimenticare che lei, come presidente dell’IRI ha svenduto il patrimonio economico italiano a società private.
Lei partecipò in prima persona alla nascita dell’euro, prima come Presidente del Consiglio e poi come Presidente della commissione europea.
Lei non si è battuto per cambiare i criteri scellerati del trattato di Maastricht, nei quali l’Italia non rientrava, ma promise riforme future. Da quel peccato originale è succeduto un vortice di privatizzazione, tagli al welfare, sottomissione ai diktat franco- tedeschi, attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori con l’unico obiettivo di ridurre il nostro debito pubblico, rientrare nei parametri di Maastricht e renderci “competitivi”. Fu proprio durante il suo governo che venne approvato il pacchetto Treu che diede inizio al fenomeno della precarietà in Italia.
Durante il suo secondo mandato da Presidente del consiglio, poi, fu lei a firmare il trattato di Lisbona che di fatto era uguale alla Costituzione europea bocciata nel 2005 da francesi e olandesi.
Mi dispiace ma non può dire che questa non è la sua Europa. Questa è proprio la sua Europa.
Lei ha svenduto il nostro futuro e in cambio di cosa? Ecco cosa abbiamo ottenuto: la libertà di andare all’estero a fare i camerieri o di vivere una vita di precarietà e misera. Una vita che ha condotto molte persone alla disperazione ed alcuni anche al suicidio.
Adesso, non le chiedo, come fa qualcuno, di formare un nuovo partito o ricandidarsi per riparare alla situazione. No, quello spetta a noi.
Però le chiedo, come minimo, che riconosca le sue responsabilità e i suoi errori; e che magari ci chieda anche scusa.”
Qui il link all’articolo:
http://www.agi.it/…/ue_prodi_tornare_indietro_sarebbe_una_…/
E Romano Prodi continua a cianciare dalle pagine del gazzettino, el giornae dea serva, addirittura in prima pagina.,
Konrad Adenauer
“Mentire al popolo non era certo cosa così rara per Adenauer, di cui circolava la frase: E K. H. Deschner in “La politica dei papi nel XX secolo” riporta fatti contraddittori fra loro che perfettamente giustificano quella affermazione e la posizione politica di piena ipocrisia di Adenauer: dal suo coinvolgimento diretto e pesante con fascismo e naziasmo al sogno di riarmo della Germania, anche nucleare, in soddisfacimento del desiderio di una terza guerra mondiale che avrebbe voluto contro l’URSS; tanto che il parlamentare inglese Frank Allaun esclamò: “Che c’è dietro questa follia? La stessa politica degli anni trenta”
Per essere berve mi fermo qui, ma potrei aggiungere ancora altri nomi di persone che hanno la faccia più sporca del culo.
Grazie ancora al dottor Bellettato per il suo articolo. Gli chiedo solo se può fornirmi particolari sul debito della Francia nei riguardi della Libia. Io sono rimasto alla intenzione di Gheddafi di creare una monneta locale in contrapposizione al franco CFA e pensavo fosse questo il motivo dell’intervento armato.
Al gentile coordinatore e giudice,
ti prego di sostituire la espressione “del culo” con la seguente: “dell’imo più profondo, e ascoso e puzzolente”. Ma “del cuolo” sarebbe la sua morte.
Grazie (spero che i capissa)
Per completezza, segnalo che la frase di Adenauer che nel testo è saltata è la seguente:
“Che mi importa delle mie chiacchiere di ieri?”
E così ogni gionro era una contraddizione…e ancora: nous merde!