Appuntamento alla Sala Civica di Gavello, venerdì 10 febbraio alle ore 21.00, per una serata dedicata a Giorgio Perlasca con la presenza del figlio Franco che racconterà la vicenda eroica del padre che salvò circa 5.000 ebrei ungheresi dai campi di concentramento.
Giorgio, nativo di Como, quando era ancora bambino si trasferì con la famiglia in provincia di Padova.
In gioventù aderì al Partito Nazionale Fascista e nel 1930 si arruolò nelle Camicie nere. Nel 1936 prese parte come volontario alla guerra d’Etiopia e nel 1937 alla guerra civile di Spagna, a fianco dei nazionalisti del generale Francisco Franco, dove rimase come artigliere fino al termine del conflitto, nel maggio 1939.
Rientrato in Italia, iniziò ad allontanarsi dal fascismo, non approvando la promulgazione delle leggi razziali.
Perlasca, che nel 1940 si era sposato, si trovò a lavorare nei paesi Balcani, con un permesso diplomatico, in qualità di agente venditore per l’importazione di carni bovine. Il giorno dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati (8 settembre 1943) si trova ancora nella capitale ungherese e, prestando fedeltà al giuramento fatto al Regno d’Italia, rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini, motivo per il quale si trovò a essere ricercato dai tedeschi. Arrestato e internato, riuscì a fuggire cercando rifugio presso l’ambasciata spagnola.
Grazie a un documento che portava con sé, che attestava la partecipazione alla guerra civile spagnola e che gli garantiva assistenza diplomatica, ottenne dalla stessa ambasciata una cittadinanza fittizia e un passaporto, intitolati all’inesistente «Jorge Perlasca». Fu da subito impegnato con l’ambasciatore Ángel Sanz Briz nel tentativo di salvare gli ebrei di Budapest, ospitati in apposite «case protette» soggette all’extraterritorialità per la copertura diplomatica, dietro il rilascio di salvacondotti gratuiti.
Quando, nel novembre 1944, Sanz Briz decise di lasciare l’Ungheria per non riconoscere il nuovo governo filonazista ungherese, Perlasca decise di restare e spacciarsi per il sostituto del console partente, all’insaputa dello stesso e della Spagna, redigendo di suo pugno la nomina a diplomatico, con timbri e carta intestata.
Da quel momento Perlasca si trovò a gestire il “traffico” e la sopravvivenza di migliaia di ebrei, nascosti nell’ambasciata e nelle case protette sparse per la città. Tra il 1º dicembre 1944 e il 16 gennaio 1945, Perlasca rilasciò migliaia di finti salvacondotti che conferivano la cittadinanza spagnola agli ebrei, arrivando a strappare letteralmente dai nazisti i deportati sui binari delle stazioni ferroviarie.
Sventò inoltre l’incendio e lo sterminio nel ghetto di Budapest con 60.000 ebrei ungheresi, intimando direttamente al ministro degli interni ungherese Gábor Vajna una fittizia ritorsione legale ed economica spagnola sui “circa 3000 cittadini ungheresi” (in realtà poche decine) dichiarati da Perlasca come residenti in Spagna, assicurando di fare pressione per avere lo stesso trattamento da parte di altri due governi latinoamericani. Grazie all’opera di Perlasca, oltre 5.000 ebrei furono direttamente salvati dalla deportazione. Dopo l’entrata a Budapest dell’Armata Rossa, Perlasca dovette abbandonare il suo ruolo di diplomatico spagnolo, in quanto ancora considerato filofascista e perciò ricercato dai sovietici.
Rientrato in Italia, non raccontò la propria vicenda né alla famiglia, né alla stampa anche se scrisse un memoriale di cui informò i famigliari, in seguito ad un ictus di cui fu vittima nel 1980, quando decise di avvertire i parenti della sua esistenza qualora fosse deceduto, per poi però continuare a custodirlo senza comunicarne i contenuti una volta ripresosi.
Nel 1987 alcune donne ebree ungheresi residenti in Israele rintracciarono finalmente Perlasca (reputato da molti un cittadino spagnolo di nome Jorge, vista l’identità che aveva assunto) e divulgarono la sua storia di coraggio e solidarietà.
Ancora in vita, Perlasca ricevette per la sua opera numerose medaglie e riconoscimenti. Il 23 settembre 1989 fu insignito da Israele del riconoscimento di Giusto tra le Nazioni.

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