Dal 6 settembre 2018 al 6 gennaio 2019, la Casa dei Tre Oci di Venezia rende omaggio al grande fotografo francese Willy Ronis (1910-2009), con la più completa retrospettiva mai tenuta in Italia.
L’esposizione, curata da Matthieu Rivallin, coprodotta dal Jeu de Paume di Parigi e dalla Médiathèque de l’architecture et du patrimoine, Ministry of culture – France, con la partecipazione della Fondazione di Venezia, organizzata da Civita Tre Venezie, presenta 120 immagini vintage, tra cui una decina inedite dedicate a Venezia, in grado di ripercorrere l’intera carriera di uno dei maggiori interpreti della fotografia del Novecento e protagonista della corrente umanista francese, insieme a maestri quali Brassaï, Gilles Caron, Henri Cartier-Bresson, Raymond Depardon, Robert Doisneau, Izis, André Kertész, Jacques-Henri Lartigue e Marc Riboud.

Pur non essendo un movimento codificato da un manifesto programmatico, quello umanista dimostrava il suo interesse verso la condizione umana e la quotidianità più semplice e umile, per scoprirvi un significato esistenziale universale. Attraverso le sue immagini, Ronis sviluppa una sorta di micro-racconti costruiti partendo dai personaggi e dalle situazioni tratte dalla strada e dalla vita di tutti i giorni, che lo portano a estasiarsi davanti alla realtà e a osservare la fraternità dei popoli.
Se è vero che le sue fotografie corrispondono, in una certa misura, a una visione ottimista della condizione umana, Ronis non ne cela l’ingiustizia sociale e s’interessa alle classi più povere. La sua sensibilità nei confronti delle lotte quotidiane per la sopravvivenza in un contesto professionale, familiare e sociale precario, rivela che le sue convinzioni politiche, militante comunista, lo conducevano a un impegno attivo, attraverso la produzione e la circolazione di immagini della condizione e delle lotte operaie. Sebbene la maggior parte delle sue immagini più riprodotte siano state scattate in Francia, sin dalla sua giovinezza Ronis non ha smesso di viaggiare e fotografare altri luoghi. Il suo stile resta intimamente legato al suo vissuto e al suo modo di intendere la fotografia. Non esitava, infatti, a rievocare la sua vita e il suo contesto politico e ideologico.

I suoi scatti e i suoi testi raccontano un artista desideroso prima di tutto di esplorare il mondo, spiandolo in segreto, aspettando pazientemente che esso gli sveli i suoi misteri. Ai suoi occhi è più importante ricevere le immagini che andarle a cercare, assorbire il mondo esteriore piuttosto che coglierlo, e da qui costruire la sua storia, facendo foto non su commissione ma per suo desiderio, infatti dopo essere entrato nella agenzia Rapho la lascia perché non condivide il controllo sulla distribuzione, e fa diversi reportage per la rivista Life.
Willy Ronis ha ricevuto nel 1957 la medaglia d’oro, esposta in mostra, alla nuova Mostra Biennale internazionale di Fotografia di Venezia, che purtroppo poi non si è più svolta, ed è stato ospite d’onore nel 1980 agli XI Rencontres internationales de la photographie d’Arles ed ha un curriculum di tutto rispetto.

La mostra, la più completa retrospettiva del grande fotografo francese in Italia, presenta 120 immagini vintage, tra cui una decina inedite dedicate a Venezia dove Ronis andò nel 1938 facendosi assumere come fotografo in una nave da crociera che fece scalo lì, mandato da Robert Capa che era impegnato come fotoreporter nella guerra in Spagna, e documenti, libri e lettere mai esposti prima d’ora, stampate sotto il controllo dell’artista, poco prima della sua morte, poiché egli voleva fare una mostra per festeggiare il suo centenario, e per pochi mesi non ha fatto in tempo, perché è morto prima.
Il curatore ha spiegato come Ronis sia stato fotografo ed illustratore dagli anni ’30 al 2000 ed abbia portato il suo obiettivo nelle strade di Parigi e del sud della Francia, dove essendo ebreo, si era spostato per le leggi razziali, immortalando i momenti quotidiani: le sue fotografie traducono l’esperienza di tutta una generazione.

La madre era una musicista che dava lezioni di pianoforte ed il padre aveva uno studio di stampe fotografiche e Willy nato con una buona sensibilità per la musica avrebbe dovuto essere un violinista, ma la malattia del padre lo porta nell’atelier dove ha fatto pratica per quattro anni fino alla morte del padre, con la successiva chiusura dello studio in quanto oberato dai debiti e lui non desiderava fare il ritrattista.
La mostra si arricchisce di due video: un “Ritratto filmato, Willy Ronis”, realizzato nel 2009-2010 da Philippe Lecrosnier e Peter Burchett (durata 15’); “Willy Ronis Fotografie 1934-1998” realizzato in occasione dell’esposizione ai Tre Oci ( durata 10’, con una intervista a Denis Curti ed a Berengo Gardin, che ha conosciuto il fotografo sia Venezia che a Parigi.
“Noi dobbiamo lavorare per cambiare questo mondo e renderlo migliore”: questo è il senso delle fotografie di Willy Ronis, il poeta della geometria del cuore, poiché le sue sono tutte immagini pensate, frutto di una scelta concettuale e mi fermo qui, perché si potrebbe scrivere a lungo di questo grande fotografo.

Credo che la cosa migliore sia andare a vedere la mostra ai Tre Oci a Venezia, suddivisa in dieci sezioni che ripercorrono i temi e la carriera fotografica di Ronis, dagli scioperi alla Citroen, alle strade di Parigi, ad una sezione interamente dedicata a Venezia ed i nudi familiari molto raffinati ed infine le città francesi.
Orario: tutti giorni dalle 10 alle 19 tranne il martedì fino al 6 gennaio 2019, alle Fondamenta delle Zitelle, 43 Giudecca
Da Piazzale Roma e dalla Ferrovia vaporetto linea 4,1 o 2.


PHOTOSCRIVENDO. Cristina Sartorello è terapista per disabili gravi con plurihandicap ed autismo. E’ attiva nel volontariato. Collabora con associazioni in ambito sociale per progetti e consulenza ed in ambito culturale per promozione di eventi quali mostre d’arte ed iniziative.
belle foto
Grazie! 🙂