È un Rigoletto introspettivo e allo stesso tempo permeato di gestualità quello di Leo Nucci, l’interprete è il personaggio, diventa fisicamente e nell’anima il vecchio buffone, i due si fondono in una cosa sola e si origina sul palcoscenico quella scintilla, sempre più rara, capace di tramutare una semplice rappresentazione in qualcosa che ha del prodigioso. Curvo e claudicante, mai caricaturale, foriero di emozioni vere, il Rigoletto di Nucci trascina con sé il pubblico verso il baratro del suo dramma, di cui è egli stesso inconsapevole artefice.

Leo Nucci e Jessica Nuccio – finale III Atto.

Questo è ciò che ha vissuto in questi giorni il pubblico del Teatro Regio di Parma, dove il baritono emiliano festeggia i cinquant’anni di carriera con una produzione storica del capolavoro verdiano, nell’atmosfera ideata dalla sensibile maestria di Pier Luigi Samaritani che nel 1987 ne firmò scene e costumi, in un allestimento applaudito nei teatri di tutto il mondo. È Elisabetta Brusa a firmare la regia parmense, ricordando Samaritani di cui ė stata allieva, con le luci di Andrea Borelli e un cast che si è meritato applausi a scena aperta e ovazioni. “Mettere in scena un’opera lirica – così la regista – vuol dire oggi confrontarsi con tanti interrogativi che incominciano con il chiedersi cosa sia la tradizione e cosa sia la modernità e come oggi, all’interno dei mille cambiamenti in corso, sia meglio procedere per non disperdere quel fuoco che alimenta ogni opera e che, personalmente, identifico con la capacità della lirica di creare continui e profondi affetti tra il palcoscenico e la sala. Al di là della potenza delle partiture e delle sonorità delle orchestre e delle voci, complici di questa antica alchimia sono anche gli allestimenti e il più “moderno” concetto di messa in scena. Credo che il nostro Rigoletto possieda tutti questi elementi”.

La scena iniziale.

Il maestro Francesco Ivan Ciampa dirige l’Orchestra dell’Opera Italiana con incisività e pathos, il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani, appare in ottima forma e regala momenti intensi che fanno guardare all’avvenire del teatro d’opera con l’animo alquanto risollevato.

Per il secondo spettacolo, in scena domenica 14 gennaio, salgono sul palcoscenico Stefan Pop (Il Duca), Leo Nucci (Rigoletto), Jessica Nuccio (Gilda), Giacomo Prestia (Sparafucile), Rossana Rinaldi (Maddalena), Carlotta Vichi (Giovanna), Carlo Cigni (Conte di Monterone), Enrico Marabelli (Marullo), Giovanni Palmia (Matteo Borsa), Daniele Terenzi (Conte di Ceprano), Arianna Manganello (Contessa di Ceprano e Un paggio) e Tae Jeong Hwang (Un usciere).

Una scena del II Atto.

Stefan Pop si cala appieno nella parte, incarnando un Duca audace ed a tratti guardingo, la sua voce appare rotonda e sicura negli acuti, il pubblico parmense lo premia. Positiva la prova di Jessica Nuccio, artista che regala momenti intensi e stilisticamente perfetti seppur con qualche incertezza nella dizione, non sempre chiarissima, che tuttavia non oscura la bellezza del timbro e le prodezze vocali di cui l’artista si dimostra capace. Sono qualcosa di sublime i momenti in cui la sua voce si intreccia a quella di Leo Nucci, il pubblico se ne accorge e riesce a strappare, a suon di applausi e ovazioni che sembrano non voler cessare, un bis del duetto che chiude il secondo atto. Alla voce di Giacomo Prestia, che non sbaglia nulla dal punto di vista interpretativo, manca forse quella sfumatura scura che avrebbe potuto trasformare il suo in uno Sparafucile da manuale. Credibile e dalla dizione chiara ed elegantela Maddalena di Rossana Rinaldi, buone sembrano anche le interpretazioni degli altri artisti del cast.

Sarà stata forse la magica alchimia creatasi tra messa in scena classica ma non scontata, atmosfera celebrativa e cast azzeccato ma ci sembra che a Parma il tutto abbia funzionato bene, dando vita nel complesso a un Rigoletto tra i più riusciti che ricordiamo.

 

Le foto sono di Roberto Ricci.

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