Fino al 5 aprile 2021 è esposta ad Abano Terme nel Museo Villa Bassi Rathgeb la mostra “Seicento-Novecento da Magnasco a Fontana. Collezioni in dialogo Bassi Rathgeb-Merlini”, a cura di Virginia Baradel.

Dando opportunità ad un giovane museo, che diventa un motivo di crescita, con un prestito in comodato gratuito delle opere di Busto Arsizio, cui concorre anche il “contenitore”, ovvero la Villa, con i suoi affreschi, gli stucchi e gli arredi.

Da Magnasco a Fontana

Moretto da Brescia a fianco di De Chirico, Baschenis con Severini, Soffici, Melotti, Guttuso, Parmiggiani o Dorazio, Magnasco e de Pisis, Morlotti, Fontana.

Virginia Baradel ha scelto di “entrare con il passo dell’amatore” nelle collezioni Bassi Rathgeb e Merlini: la prima, formata da tre generazioni di notabili bergamaschi, Alberto Rathgeb, Giuseppe Bassi Rathgeb e Roberto Bassi Rathgeb, venne donata da quest’ultimo al Comune aponense celebre per le cure termali, cui era legato da lunga e prediletta consuetudine. Una collezione ecclettica con opere riconducibili alla vocazione familiare, rivolta al ‘600-‘800 lombardo e bergamasco in particolare, che annovera inoltre sculture e reperti archeologici, argenti, mobili ed arredi.

Assai nota e celebrata la collezione di arte contemporanea di Giuseppe Merlini, formata da una galleria così ampia e cospicua di pezzi, da prestarsi ad instaurare dialoghi e corrispondenze inedite con opere e luoghi di altre epoche.

Un viaggio nell’arte contemporanea

Pur nell’evidente diversità le due collezioni tuttavia sono state formate entrambe con opere dettate dal gusto personale del collezionista e dai rapporti di stima e, spesso di amicizia, intrattenuti con gli artisti. Le due collezioni presentano il medesimo profilo di pregio artistico orientato esclusivamente dalla soggettività, che nel caso di Roberto Bassi Rathgeb si estende anche a un approccio di studio e di riscoperta dei maestri vedutisti lombardi del ‘700.

La curatrice ha così spiegato la sua scelta artistica: “Avendo come pregevole ed esigente interlocutore una villa d’impianto cinquecentesco, ho pensato di comporre un percorso intrecciato con le opere appartenenti alle due collezioni che consenta un viaggio nell’arte contemporanea italiana.

Gli affreschi delle varie sale (databili dal ‘600 al’800) offrono delle narrazioni così cariche di suggestioni, sia dal punto di vita tematico che pittorico, da porsi quale schermo privilegiato per incursioni di un contemporaneo che, nella diversità esalta ulteriormente le qualità di entrambe”.

Mille declinazioni del ritratto

Il percorso si snoda attraverso tre sezioni che prendono spunto da tre generi: Ritratto, Natura morta e Paesaggio, che sono presenti nella collezione aponense.

Il Ritratto ci introduce al tema del soggetto, esteso nell’arte contemporanea alla figura tout court, che subisce profondi mutamenti diventando oggetto delle sperimentazioni più ardite: il ritratto della sorella di Cesare Tallone, troverà stridente ma emozionante controcanto nella scomposizione di “Donna e luna” di Renato Birolli del 1947 e ne “La moglie di Picasso” di Enrico Baj del 1964, due busti femminili lacerati e incalzati da un segno potente che, minandone la compostezza ne carica la potenza espressiva e la arricchisce d’indizi concettuali. Così la modella in “Lo studio” di Achille Funi del 1942, mostra come l’eco del “Ritorno all’ordine” avesse ricomposto, con ben altra condotta di pittura, l’assunto della classicità. “Il sublime incanto” di Modigliani, nell’elaborato disegno in collezione Merlini, racconta altresì l’altro capo della classicità: il fascino del purismo linearistico della scultura primitiva.

Il ritratto maschile trova nell’imprinting cinquecentesco del Moretto una plastica identità sociale, una fierezza di timbro e prestanza che eleva la fedeltà ritrattistica a canone di affermazione sulla ribalta del mondo, requisiti che nel Novecento precipiteranno nella coscienza dell’uomo “senza qualità”, come i piccoli uomini sperduti in una “Piazza d’Italia” di De Chirico, o nel relitto figurativo vagamente clownesco nelle composizioni di Sironi del dopoguerra, o nell’uomo baconiano di Ferroni.

Nature morte e paesaggi

La Natura morta ci consente di entrare nel merito dei valori compositivi della pittura e dunque, partendo dalla natura morta di strumenti musicali del Baschenis della collezione di Villa Bassi, si snoda un percorso che vede in scena Soffici, Severini, Tozzi, Melotti, Guttuso, sino a Magnelli, Pirandello, Dorazio, Romiti, Parmiggiani; si passa dunque dal vigore sintetico di ascendenza cubista di Severini all’esuberanza coloristica di Guttuso, fino all’ossatura spaziale astratta che procede per linee geometriche e partiture cromatiche piatte.

Ma è nel Paesaggio che la metamorfosi tra Natura e Pittura, primi fra tutti quelli di Magnasco e Marini, Porta, Ronzoni, Fidanza, porta ad una progressiva e affascinante destrutturazione e mutazione delle forme, da un lato nella struttura della pasta cromatica, dall’altro nell’ordito della composizione che tende a raggelarsi in versione astratta.

Dunque lo sguardo trascorre da Tosi e de Pisis sino a Morlotti e Mandelli da una parte, Rho e Radice dall’altra, sino alle suggestioni eteree di Valentino Vago e Claudio Olivieri e allo spazio senza più traccia di pittura, che affida alla pura fisicità della tela l’iniziativa della forma come in Fontana, Bonalumi, Castellani.

Il gioiello di Abano Terme

Completa l’esposizione un angolo di silente sacralità affidato alle piccole sculture di Wildt e Fontana, che si accompagnano alla malinconia della “Testa in terracotta” di Casorati del 1919.

Una buona e bella mostra a Villa Bassi ad Abano Terme, che dopo il sapiente restauro è diventato un piccolo gioiello, arricchito da questa ricca esposizione; speriamo che superate le restrizioni per il Covid-19 il nuovo decreto permetta le visite ai Musei, che avvengono in modalità decisamente più sicura di un centro commerciale e si ha davvero bisogno di nutrire lo spirito oltre al corpo!

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