Esilarante, vivace ed avvincente chiusura della stagione lirica al Teatro Sociale di Rovigo con l’Italiana in Algeri di Giacchino Rossini, libretto di Angelo Anelli, nel nuovo allestimento con il Teatro di Pisa ed il “Verdi” di Trieste.

Una scenografia ammiccante ti prende subito dall’inizio dell’opera, per il contrasto tra i costumi orientaleggianti, le stoffe drappeggianti ed i pannelli coloratissimi di Ugo Nespolo, artista e pittore di pop art, che nelle sue scene mi riporta al grafismo infantile di Mirò ed all’astrattismo di Kandinskij.

Il minimalismo grafico, l’essenza del colore, con contrasti forti, un fondale pulito, fotografico, bluette ed un azzurro marino, una barca che sembra un bragozzo chioggiotto ed un finale con una scenografia rossa con scritte bianche, gialle, nere, con il nome di Kaimakan, sono i punti di forza di Ugo Nespolo, pittore concettuale.

Il coro vestito con abiti bianchi che diventano patriottici per le fascie verdi o rosse legate in vita, per collegarsi alla protagonista Isabella, una italiana naufragata ad Algeri e lì rapita e portata nell’harem di Mustafà.
Si racconta che Rossini abbia composto l’opera in diciotto giorni ed il libretto fu in parte modificato da Gaetano Rossi, il librettista del Tancredi, di cui Rossini aveva una gran fiducia.

Una bella escursione vocale per il contralto Antonella Colaianni, interprete principale dell’opera, che produce una sonorità calda nella purezza della voce, pur nella compostezza formale, accompagnata da una corporeità molto bella, sia con i calzoni alla pascià, e la pancia scoperta per la danza del ventre, alternata ad un elegante abito da salotto veneziano.

Un bravo Alessandro Abis nel ruolo di Mustafà, l’Orchestra Archè con il direttore Francesco Pasqualetti, il Coro Ars Lyrica diretto dal Maestro Marco Bargagna e la regia di Stefano Vizioli.

L’oriente aveva già preso Mozart con Il ratto del serraglio con la sillaba ripetuta di Papageno che cantata qui diventa il coro dei Pappataci, con un perfetto equilibrio tra i registri sentimentali, con una commistione tra i momenti buffi e momenti seri o amorosi, proprio come Mozart, preparandoci al successivo capolavoro del Barbiere di Siviglia.

Una opera davvero ben riuscita per le sue polifonie gestuali e testuali, in una perfetta armonia di musica, cantanti solisti e del coro, una bellissima scenografia, una adeguata regia ed una spumeggiante direzione d’orchestra.
Dopo una Traviata non particolarmente convincente ecco un bel finale con l’Italiana in Algeri, in un connubio ben riuscito, coronato da numerosi e ripetuti applausi, che hanno portato il nostro teatro al suo antico splendore.

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