Quest’anno il festival Deltablues compie trent’anni. Al di là dell’anniversario – di cui, legittimamente, potrebbe non fregare granché alla maggior parte della popolazione italiana – fermarsi a soffiare sulle candeline è stata l’occasione per fare un viaggio a ritroso. Un viaggio avventuroso, che ha conosciuto fortune e momenti di difficoltà, come ogni buona storia che si rispetti.

Il viaggio nei tre decenni di vita del Deltablues è stato tra le prime cose che abbiamo voluto mettere in scaletta, quando abbiamo iniziato a pensare il numero di REM in edicola a giugno. L’unica certezza, quando ho iniziato a pensare a come trattare l’argomento, era che non volevo essere io a scriverne, che di blues, a dirla tutta, capisco molto poco.

E’ finita che ho bussato alla porta di Claudio Curina, uno dei vulcanici ideatori del Festival, in cerca di idee. E il buon Claudio s’è messo al lavoro, consegnandomi una serie di materiali davvero straordinari. Innanzitutto, dopo avermi garantito che all’articolo avrebbe pensato lui, di articoli me ne ha mandati due. Uno firmato da lui e uno da Stefano Marise, ossia da due fondatori del Deltablues, che hanno approfittato dell’occasione per ripercorrere il lungo cammino del festival e regalarci qualche aneddoto dimenticato.

A partire dall’incipit della prima edizione, con un Fabio Treves catapultato nel Delta del Po, che gridava “Voi siete dei pazzi!” agli organizzatori. Bisognava essere parecchio visionari, in effetti, per pensare di organizzare un grande festival blues a Donada, dove avvenne l’esordio di Treves, appunto. Il seguito della storia parla da sè, con il Deltablues divenuto in breve tra i più importanti eventi nazionali dedicati al genere, capace di ospitare un gigante come B.B. King. E ci ricorda che di pazzi, visionari e sognatori come i fondatori del Deltablues, il Polesine avrebbe tuttora un disperato bisogno.

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Tra i materiali che mi sono arrivati per confezionare questa avventurosa rievocazione del Deltablues, non potevano mancare le foto. Una collezione di meravigliosi scatti, quasi tutti del rodigino Carlo Chiarion, che raccontano i momenti più alti del festival.

Il mio preferito, che risale addirittura al 1996 (e che vedete in cima all’articolo), ritrae il chitarrista Luther Allison mentre si offre al pubblico, letteralmente suonando in mezzo alla gente (immagino uno dei suoi leggendari, interminabili assoli). Un’immagine significativa di ciò che è stato il Deltablues e un auspicio per il futuro: un festival non di nicchia, per appassionati, ma popolare, coinvolgente, radicato nel territorio.

(Ovviamente il programma del Festival è on line sul sito www.deltablues.it)

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