Cosa ci fa scegliere una strada piuttosto che un’altra?

La terza puntata dell’interessantissimo Diario della musicista Alessia Babetto è servito proprio qui sotto.

Avete mai pensato a come ciascuno di noi riesce a orientarsi quando visita una città che gli è totalmente sconosciuta? A quali punti di riferimento si aggrappa? Forse non ci avete mai riflettuto ma sono sicura che anche voi vi lasciate attrarre come un magnete alla propria polarità e pensate, inconsciamente, a qualcosa di molto familiare.

La prima cosa che ho pensato di fare la mattina che ha seguito il mio arrivo a Sofia è stata ricercare quel piccolo fiume che avevo intravisto dall’auto, risalendolo a poco a poco e aggiungendo, giorno dopo giorno, a quello scorrere, una mappa dettagliata e ampia del reticolo di strade, quartieri e vie principali. Il cielo un po’ grigio e la luce bianca che filtra dalle nuvole, si sa, non lascia trasparire la brillantezza dei colori di ciascuna bellezza che ha sede in questa terra, ma ne sottolinea altri, che luccicando abbagliano chi non ha bisogno di tanta luce per dar sfoggio della propria natura.

Non vi farò dunque un riassunto della guida che ho acquistato, la quale dà risalto al viale Vitoshka, centro per eccellenza per gli amanti dello shopping e dei prodotti fatti in serie, o della tappa obbligatoria che ogni turista si sente in dovere di fare all’imponenza delle cupole dorate della chiesa Alexandar Nevski; io ho deciso di parlarvi di quello che secondo me significa poter vedere l’anima di una città.

Dicono che siamo ciò che viviamo, che il nostro passato, pur allontanandosi da noi, ci rimane dentro e ci lascia un segno, una conformazione secondo la quale siamo predisposti a scegliere una strada piuttosto che un’altra, a preferire un qualcosa rispetto a un qualcos’altro; ci viene spontaneo, come se custodissimo nelle nostre cellule un concentrato di vita che noi stessi non sappiamo di avere. Nelle città questa vita si può percepire ogni giorno, negli angoli più silenziosi, nelle persone, nelle piante, negli edifici.

Sofia, il cui nome deriva dal greco e significa “saggezza”, nacque circa 7000 anni fa con il nome di Serdica, e si presentava allora come insediamento dei Traci, passando poi di mano a celti, romani, unni, slavi e, per finire, russi. 

Risalendo il fiume, se tendete bene l’orecchio, provate ad ascoltare la sua storia, le sue battaglie, le sofferenze, il mite spirito delle persone, il canto armonioso di quel dio che sotto i piedi del monte Vitosha decise di nascere e di accordare la propria cetra, e chi non conosce la fama e la notorietà del noto Orfeo, possa finire tra le fiamme del regno di Proserpina e Plutone, in un tempo in cui il fanciullo pregò i due coniugi di liberare l’amata Euridice e ammansì tutte le anime con il suo canto.

A presto cari lettori, alla prossima puntata in cui vi inizierò a parlare della Filarmonica e di una riflessione che un dialogo con una ragazza mi hanno portata a fare.

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