E’ Andrea Dodicianni l’autore della performance che ha fatto discutere la città di Rovigo per un’intera giornata: “The weights of words” (Il peso delle parole), dodici corpi coperti da lenzuoli in piazza Garibaldi, con altrettante targhette che recitavano luoghi comuni sull’immigrazione.
Frasi vere, quelle riportate davanti ai teli bianchi disposti ordinatamente in piazza. Frasi raccolte tra le persone per strada dal team di Dodiciannni con una serie di interviste alla popolazione locale: “Che se li portano a casa loro, e se li mantengano”, “Sanno il rischio che corrono quando si imbarcano, quindi, a loro rischio e pericolo”, “Gli Africani sono pigri”. Le frasi sentite mille volte e lasciate correre quotidianamente.
Proprio su quest’ultimo risvolto si focalizza l’opera, come spiega Dodicianni: “Abbiamo tutti uno zio, un parente, un amico che pensa queste frasi e non si fa scrupoli a dirle ad alta voce contando di poterlo fare – commenta -. E’ arrivato il momento che queste persone si rendano conto del peso, a volte drammatico, delle parole. Spetta alla mia generazione e a quella dopo imporsi, far sì che l’aver visto il mondo e altri modelli di integrazione ci dia il coraggio di far valere il rispetto per ogni vita umana, mettendo da parte le stagnanti chiacchiere da bar, come figli che per una volta, hanno qualcosa da insegnare ai padri”.
Dodicianni racconta l’opera in un video postato sulla sua pagina Facebook, in cui ne rivendica la paternità. Cantautore di talento, da tempo si dedica anche all’arte, sempre con l’intento di stupire e scandalizzare, come accaduto ad Adria con la mostra “Ich liebe Angela” dedicata ad Angela Merkel.
Gli abbiamo rivolto alcune domande per approfondire ulteriormente il significato dell’opera e il ruolo sempre più importante che gli artisti possono svolgere nel portare all’attenzione dei cittadini le tematiche sociali più attuali.
Oltre a creare curiosità questa volta hai forzato l’empatia? Operazione riuscita o i rodigini sono anestetizzati?
Ieri, al diffondersi delle immagini abbiamo raccolto trecento commenti su Facebook. Il 90% erano insulti. Oggi, alla diffusione del video, nessuno favella. Operazione riuscita direi.
Si parla ancora molto di street art…ma forse troppo in chiave decorativa… qual è la potenzialità sociale delle performance in tale ambito?
Per quanto mi riguarda non posso usare gli strumenti classici dell’arte, in quanto non ne conosco la tecnica. Faccio il mio gioco con le mie idee e cerco di veicolare i miei messaggi con i mezzi che riesco ad usare.
Fino a un anno fa il bisogno di lanciare messaggi al mondo che mi circonda aveva come strumento la mia musica. Quel canale al momento non è ispirato, quindi ho cercato altre forme come questa.
Sei d’accordo con me che oggi la vera politica la fa l’arte e spesso sono gli artisti i nuovi eroi?
Io non mi sento un eroe soprattutto se mi vedo in canottiera davanti al computer durante la settimana. Certo che i miei eroi sono gli artisti che amo, come Cattelan, Marina Abramovic. In questo caso ho voluto porre l’accento sulle parole aggressive a cui non dobbiamo abituarci.
L’installazione, una moderna Guernica sul dramma dei morti nel Mediterraneo, è stata pensata per la Giornata mondiale del rifugiato ed è parte di “Arte per la Libertà“, il festival della creatività per i diritti umani, nato da Voci per la Libertà e Deltarte (di cui parliamo anche in REM di giugno, ancora in edicola).

Appassionata d’arte in ogni sua forma, si innamora dei talenti che incontra e non riesce a non condividerne l’esperienza con il maggior numero di persone disponibili.
In pratica una gran chiacchierona.