Incontro Gian Luca Beccari dopo mesi di tentativi falliti, ma è stata un’intuizione quella che mi ha spinto a insistere. Sono una convinta sostenitrice del “da cosa nasce cosa” e anche stavolta ne ho avuto conferma. Scopro l’artista Gian Luca Beccari da un post nella pagina Facebook aperta per il progetto del Comitato “20 x 100 per Elia”, pagina ricca di contributi di artisti che hanno conosciuto Elia Greggio. Gian Luca è uno di questi, ma quello che ha attirato la mia attenzione è stata la sua provenienza: Codigoro, dall’altra parte del Po, insomma un vicino di casa.

Entro nella sua pagina Facebook trovo il link al suo sito e scopro una quindicina d’anni di intensa attività artistica in giro per il mondo. Provo a chiedere un’intervista con titubanza e, a parte gli impegni reciproci, risulta essere fattibile. Mi preparo, guardo i suoi video, leggo le sue interviste, studio il suo sito e quello della sua società Argilla Produzioni e una cosa mi salta all’occhio: dal 2013 non trovo più progetti.

Vado a Codigoro un soleggiato sabato mattina autunnale e trovo un uomo che ha voglia di raccontarsi, un uomo che ha sentito la necessità di fermarsi, un artista che ha sacrificato all’arte un bel pezzo di vita e che ad un certo punto ha cercato il suo personale senso dell’esistenza.

Stranamente dopo la prima domanda, nonostante la mia tendenza a interrompere lo lascio raccontare: Gian Luca cosa è successo nel 2013? Sento il suo bisogno di andare in ordine cronologico ed a fine intervista mi sembra quasi di poter dividere la sua vita in tre periodi: la formazione, il successo, il tempo dell’io. Mi racconta i suoi anni passati a cambiare ogni anno università: un anno al Dams di Bologna, un anno in Spagna, uno in Olanda… per approdare in un percorso completo all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove si Laurea in scultura con il massimo dei voti per poi specializzarsi al Politecnico di Bristol in produzioni video e multimediali.

Mi racconta del rapporto tra installazioni video e scultura, di come entrambe agiscano sull’ambiente architettonico modificandolo, di come la maggioranza delle persone pensi alla video arte collegandola solo al cinema. Ma la sua indagine va oltre, si espande all’estetica della comunicazione di massa dalla tv, internet, i social network, le potenzialità e le conseguenze delle nuove tecnologie; è questo il filo rosso della sua ricerca.

Mi racconta la sua prima scultura all’Accademia: una bobina di carta da tipografia srotolata che accoglie la testa di una scultura classica ed un televisore posto in cima che trasmette lo zapping videoregistrato dall’artista. Erano gli anni novanta, anni che hanno segnato la generazione diventata adulta nel passaggio da un mondo predigitale a un mondo digitale.

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La performance alla Biennale

Con l’avvento della e-mail Gian Luca pianifica nel 1999 un embrione di flash mob ante-social network. Via e-mail con il modem a 36k, dà appuntamento a un numero indefinito di amici artisti ai Giardini della Biennale. Senza volere conferme, all’ora e al giorno deciso si trovano in una decina, si spogliano e si dipingono completamente di azzurro turchese. Come opere umane viventi sfilano fra i padiglioni fino a quando le forze dell’ordine cominciano ad inseguirli e trovano rifugio al padiglione spagnolo. Qui il curatore intuisce l’oltre e il di più che la performance, installandosi nel padiglione, apporterà alle opere presenti. Quegli artisti verranno difesi in quanto rifugiati in territorio spagnolo. La stampa si mobilita e la performance entra nella storia della Biennale .

"Mutazioni"
“Mutazioni”

Uscito dall’Accademia Gianluca Beccari viene reclutato da “Studio Azzurro” e inizia la sua avventura nel collettivo/società che si occupa di esplorare le possibilità poetiche ed espressive delle nuove culture tecnologiche. Attraverso la realizzazione di videoambienti, ambienti sensibili e interattivi, percorsi museali, performance teatrali e film, collabora a disegnare un percorso artistico trasversale alle tradizionali discipline.

Comincia a viaggiare, a vivere in albergo, mangiare solo in ristoranti, a sentirsi sradicato. Sacrifica tutto all’arte ed ha successo, lavora con il teatro, con importanti istituti di cultura fino a convincersi che è ora di lavorare in autonomia e fonda la società Argilla a questo scopo. L’amicizia con Jurgen Müller (regista della Fura dels Baus) da’ il seme alla passione di Gian Luca Beccari per la mitologia classica.

Quando gli chiedo che opera mi consiglia di vedere non ha dubbi: “il combattimento di Ettore ed Achille” di Paolo Rosa è bellissima ed è quella che il regista di Studio Azzurro preferiva. “Lì c’è tutto” mi dice.

Quale simbolo migliore del mito classico potrebbe inglobare gli archetipi che ci accomunano anche e nonostante il progresso tecnologico, semplicemente perché tutti apparteniamo alla razza umana? Abbiamo ampliato gli strumenti tecnologici per raccontarli e forse stiamo cercando di riprodurre gli archetipi in replicanti alla Blade Runner, ma l’indagine ha le sue radici in territorio ellenico.

Gestire una società come Argilla, però, toglie tempo al lavoro artistico, a favore di quello da dedicare alla burocrazia, alla promozione e all’amministrazione di una società. E’ troppo e l’artista si sente andare distante dall’obiettivo, dal realizzare quell’inquieto passaggio terreno che è il nostro “Essere hic et nunc”. Affronta il mito di Re Mida in una sua opera sottolineando come non di solo oro può nutrirsi l’uomo. Lascia online i video dei suoi lavori. Tra quelli che ritiene i più importanti la video installazione interattiva “Grid” al Palazzo delle Esposizioni di Roma in occasione della mostra sul mito della velocità e l’opera multimediale e polimorfa “Mutazioni” ispirata alle Metamorfosi di Ovidio, presentata in anteprima al Teatro Manzoni di Bologna in occasione di Arte Fiera nel 2009.

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“Siamo in continua mutazione e trasformazione”, mi dice e scrive più volte, e ne ho conferma dalla molteplicità di attività che riesce a portare avanti.

Nel 2013 si ferma, ricostruisce la sua casa di Codigoro e comincia a studiare i canti di meditazione dei monaci dell’Abbazia di Pomposa, là dove ha preso forma il pentagramma, all’origine della decifrazione della musica, come con il mito parte dalle radici.

Collabora con la rivista musicale online www.wahwahmagazine.it oltre che con la rivista www.mangiatoridicervello.com. Nel corso degli ultimi anni ha insegnato in prestigiosi Atenei, trasmettendo ad altri artisti il suo sapere.

Scrive nel suo curriculum “Ho viaggiato e studiato tutto il tempo che ho potuto”, ed è stato per me molto impegnativo oltre che educativo confrontarmi e scrivere questa intervista, la sensazione forte di raccontare un artista e intellettuale profondamente umano e complesso.

Son tornata a casa con la forte sensazione che il potenziale energetico di Gian Luca Beccari sia di nuovo carico per progetti artistici, che mi piacerebbe vedere ospitati da questi nostri territori sulle rive di un prima e un dopo confine.

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Il suo lavoro attraversa cinema, teatro, musica, architettura, spazi interattivi ed arti visive. Il terreno della sua ricerca artistica è l’esistenza stessa raccontata attraverso la forza della Mitologia e della Filosofia.
Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna ed alla Faculty of Art Media and Design di Bristol (UK).
Dal 1996 si occupa di arte e nuove tecnologie, ha condotto ricerche sulle interfacce uomo/computer e corpo/comunicazione di massa, realizzando opere di video arte, video installazioni interattive, e live media performances presentate in molti teatri e musei italiani.

Alcune sue opere sono parte della collezione Videoinsight di Torino.

Ha realizzato videoclip musicali, musei multimediali ed eventi speciali. In collaborazione con Studio Azzurro (Milano) ha prodotto lo spettacolo Neither per il teatro dell’Opera di Stoccarda.

Ha insegnato all’Università di Hypermedia fondata da Gian Vittorio Baldi e all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Attualmente tiene corsi di alta formazione sulla comunicazione transmediale per la Giffony Academy.

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