Gatti e conigli bruciati vivi per innescare incendi devastanti, furgoni che inseguono motociclisti per investirli (e ci riescono), maschi che uccidono la partner, “sportivi” con fucile che sterminano sistematicamente la fauna selvatica, criminali rimessi in libertà dopo detenzioni inaccettabilmente brevi, mafiosi in parlamento, ladri e imbecilli ai vertici della pubblica amministrazione. E’ un elenco incompleto, ma solo apparentemente eterogeneo: in realtà c’è un filo rosso che lega tutto questo.
Sono comportamenti odiosi che, va detto, traggono origine da atteggiamenti che più o meno consapevolmente abbiamo tutti. Inutile negarlo, ci siamo sentiti tutti, almeno per un istante, emuli di Rambo, desiderosi di vendetta, pronti a torturare il capufficio, la suocera o il condomino del terzo piano. Ma non l’abbiamo fatto, ci mancava la bandana e, nella maggior parte di casi, il phisique du role.
Credo che la radice di molti di questi comportamenti criminali con una spiccata connotazione antisociale sia la mancanza di cultura, di educazione alla convivenza, l’assenza di un sistema di valori che metta al primo posto il rispetto della vita, dell’ambiente, della diversità, la latitanza di una concezione della politica che dia valore all’onestà, intellettuale e non. Per godere del dono straordinario della socialità, della condivisione e della solidarietà dobbiamo essere disposti a superare il limite costituito dall’egoismo, dalla visione del vantaggio immediato, della gratificazione fine a se stessa, dell’affermazione cieca e brutale di un ego che ci appare come il centro dell’universo ma a ben vedere è poco più di nulla. La famiglia, la scuola, le istituzioni hanno grandi responsabilità in questo senso, purtroppo la società capitalista le ha permeate così profondamente da stravolgerle e renderle strumentali ai propri obiettivi. Ogni volta che apriamo la scatoletta del tonno dovremmo chiederci se proviene da pesca sostenibile, ogni volta che usiamo energia elettrica dovremmo riflettere se è indispensabile o meno, ogni volta che ci chiedono di difendere qualcosa dovremmo valutare se si tratta di un reale diritto, di una libertà e non piuttosto di un grimaldello per favorire qualcos’altro.
E cosa dovremmo fare? Gli eremiti? Vivere con l’angoscia dei naufraghi consapevoli nell’oceano del consumismo? Non lo so, non ho una risposta semplice. Ma una cosa è certa: se davvero vogliamo ipotizzare una società diversa, una scuola diversa, un diverso futuro per i nostri figli… anzi un futuro tout-court, visto che il pianeta non ci sopporterà ancora a lungo, dobbiamo liberarci dall’attuale classe dirigente. A Zaia, Renzi, Berlusconi, Gasparri, Verdini, Razzi, Galan, D’Alema & C. la società va benissimo com’è. E’ il gioco delle ombre cinesi, grandi proclami, grandi sceneggiate, grandi costi, grandi sacrifici (per noi s’intende) che portano al nulla, al non cambiamento. Il gigante di Rignano ha detto che “l’Italia cambia verso”, effettivamente a Palazzo Chigi i ragli hanno sostituito i grugniti.

L’ESTUARIO DEL PO. Cronache non necessariamente conformiste. Mario Bellettato è nato ad Adria nel 1956. Dopo gli studi classici e la laurea in giurisprudenza ha intrapreso una carriera manageriale che lo ha portato a lunghe permanenze all’estero. Ha lavorato come copywriter per alcune agenzie di pubblicità e si è occupato di formazione per l’Unione Europea. Ha pubblicato i romanzi “Il sognatore” (2015) e “Due perle” (2020).