Anche se il Polesine è meno cementato del resto della pianura, anche qui si sente l’effetto delle isole di calore urbano. Vale a dire: nelle città e nelle zone cementate in media fa più caldo che altrove.Questo è perché se un raggio di sole arriva su una pianta o sul terreno una parte del calore ‘sparisce’: viene usata per far asciugare l’umidità della terra o far traspirare l’acqua delle foglie. Ma se invece un raggio di sole arriva sul cemento il calore viene usato quasi tutto per scaldarlo. Ecco perché in città, in media, c’è più caldo che nella campagna o nel boschetto accanto. Questo si vede soprattutto di notte: dopo il tramonto in città continua a fare caldo, mentre altrove la temperatura scende più facilmente.
Questa foto del satellite Aqua (NASA) è stata scattata verso le 13 di quel caldo venerdì 4 agosto scorso, durante l’ondata di calore. Una precisazione: qui il satellite ha ripreso la temperatura superficiale, che dice quanto caldi erano i tetti, le strade, il terreno e tutto quello che si vedeva dall’alto. Siccome di giorno la terra (o i tetti) possono scaldarsi molto, i valori nella mappa sono più alti di quelli delle previsioni del tempo: infatti, con le previsioni viene detta la temperatura dell’aria all’ombra. Questa invece è la temperatura del terreno e degli edifici, quasi tutti in pieno sole.
La foto satellitare aiuta a capire che cosa si scalda di più, cioè le città e le zone cementate.

È vero che un’ondata di calore coinvolge intere regioni e non lascia molto scampo, ma nelle aree urbane gli effetti si sentono più che altrove. Nel mondo vengono già adottate alcune pratiche per mitigare questo effetto: sia a livello del singolo edificio, con l’uso di materiali che riflettono la luce e il calore, o addirittura con i cosiddetti “tetti verdi”; sia a livello urbanistico, con i grandi parchi urbani e periurbani – non parliamo di giardinetti, ma di zone alberate ampie decine di ettari, come il Tiergarten di Berlino o il Central Park di New York.
Le isole di calore urbano sono un fenomeno di cui tenere conto sempre di più visto che le temperature medie annue stanno aumentando. Perciò, visto che nemmeno il Polesine ne è immune, forse è il caso di iniziare ad attrezzarsi.
Questo articolo è stato realizzato con la collaborazione di Francesco Poloni. Laureato in Tecnologie Forestali e Ambientali, Poloni è da sempre appassionato di piante, clima e microclimi. Dal 2015 gestisce la stazione metereologica amatoriale di Conegliano (TV), dove è nato nel 1992.
La foto satellitare è un ritaglio del riquadro MYD11A1.A2017216.h18v04.006, ripreso il 04/08/2017 dal satellite Aqua della NASA con il sensore MODIS. L’anteprima intera si può guardare qui.

Marco Barbujani è nato ad Adria nel 1992 e si è laureato in Scienze Forestali. È appassionato di cartografia e di comunicazione della scienza. Dal 2013 collabora con REM e dal 2015 con la rivista scientifica ‘PLaNCK!’.
In Polesine ricerca soprattutto storie, luoghi e tutto ciò in cui, alla fine, emerge un legame con l’ambiente passato e la natura del territorio, oggi molto modificati rispetto alle origini.