Ma davvero siamo disposti a sprecare ancora tempo, inchiostro e pellicole cinematografiche per dare il nostro contributo al fine di capire se la storia con Pasolini era vera o di facciata, se realmente lei desiderava un figlio e suo marito no, se il suo dimagrimento fu il frutto di chissà quale intruglio o di una semplice dieta, se per Visconti fu un’infatuazione o amore platonico, se con Onassis fu un colpo di fulmine o amore suscitato dalla comune grecità e su chissà quali altri argomenti la cui disquisizione viene riproposta senza sosta da decenni?

Non so dare una risposta a questa lunga serie di interrogativi, per la prolissità dei quali chiedo scusa al lettore, ma la realtà è che, a quarant’anni esatti oggi dalla morte di Maria Callas, non si smette di concentrarsi su quelle che oggettivamente dovrebbero apparire come delle inezie rispetto alla sua grandezza, su delle particolarità della vita privata e affettiva di questa divina creatura con la quale il buon Dio volle deliziare il nostro vivere. D’accordo, “La Callas” fu, e continua ad essere visto il successo delle mille pubblicazioni su di lei, un fenomeno mediatico e come tale non si può sottrarre al gossip, però tutto questo dovrebbe, a rigor di logica, far solo da contorno al “resto”, ossia alla carriera, alle intuizioni interpretative, ai trionfi e anche alle cadute, alle esperienze irripetibili consegnate alla storia dall’arte e dalla voce di Maria Callas. Sì, l’arte interpretativa e la voce, sono loro le legittime protagoniste quando si parla di questa straordinaria donna con una voce capace di entrare nel più profondo dell’anima, che sa toccare le corde delle emozioni e continua a stupire. E un po’ di gradevole stupore lo deve aver provato anche Tullio Serafin che, com’è noto, fu il primo grande direttore con cui Maria Callas si trovò a collaborare. Nel ’47 il maestro la diresse in Arena al suo esordio italiano, nella Gioconda, e da quella collaborazione nacque un percorso artistico che la portò prima ad interpretazioni wagneriane sotto la bacchetta del direttore veneto e quindi al debutto in ruoli divenuti poi fondamentali nella sua carriera, primo fra tutti quello di Norma. Serafin non fu un semplice direttore per Maria Callas, ma molto di più, ne intuì le potenzialità interpretative, la accolse nella sua casa romana e ne coltivò, insieme alla moglie Elena Rakowska, l’eccezionale estensione vocale, limando ciò che inizialmente non appariva perfetto e contribuendo a creare, parafrasando lo stesso Serafin, l’artista che da tempo il mondo andava cercando, con una “musicalità straordinaria, quasi spaventosa” e capace di “ricreare il personaggio con la sua voce e i suoi accenti”.

Esistono ottime pubblicazioni scientifiche su Maria Callas, che aiutano a comprendere quale fu l’ampiezza della sua straordinaria figura, vi sono articoli musicologici illuminanti su di lei e anche in questi giorni, legati alla ricorrenza dei quarant’anni dalla morte, non mancano i momenti per ricordarla in un modo consono alla sua statura artistica. L’auspicio è che queste occasioni possano moltiplicarsi, focalizzando l’attenzione su ciò che davvero ha valore quando si parla di Maria Callas e inducendoci a mettere definitivamente da parte quello che ha ormai tutte le sembianze di un gossip démodé e fuori tempo massimo.
[settembre 2017]


Musical… Mente
Un luogo nel quale la musica trova spazio nel senso più ampio del suo significato, invita a guardare la realtà con occhi diversi, con occhi e mente illuminati dalla musica.
Nicla Sguotti risiede da sempre a Rottanova di Cavarzere, paese natale di Tullio Serafin. Si è laureata con il massimo dei voti in Lettere all’Università di Padova, indirizzo Storia della musica moderna e contemporanea, con una tesi sul celebre direttore d’orchestra, dalla quale ha preso vita il saggio “Tullio Serafin, il custode del bel canto”. Collabora con associazioni ed enti culturali in qualità di musicologa ed ha al suo attivo diverse importanti collaborazioni con musicisti e artisti di fama internazionale. È giornalista pubblicista e scrive per diverse testate venete. Per la sua instancabile opera di divulgatrice di cultura, e in particolare per il notevole lavoro di ricerca su Tullio Serafin, il 2 giugno 2017 è stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitale dal Capo dello Stato.