Bis di antipasti: insalata e roulette (entrambe russe)
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- L'estuario del Po | Mario Bellettato
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- Notizia pubblicata il 5 gennaio 2024
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- Scritto da Mario Bellettato | L'estuario del Po
La speranza, lo dicono anche i proverbi, è dura a morire. Dev’essere un sentimento tanto radicato da spingere la quasi totalità dei connazionali ad augurare, e soprattutto ad augurarsi, che l’anno nuovo sia migliore del precedente. Banalità postpandemiche ripetute come mantra che deresponsabilizzano e insieme vorrebbero accomunare, ma solo per qualche istante e solo superficialmente, gli abitanti di un pianeta al collasso. Ma in realtà non c’è alcun motivo per supporre che nei prossimi mesi cessino le guerre, il capoufficio ci conceda un aumento di stipendio, il livello di colesterolo cali di pari passo con il girovita e quella brunetta con cui abbiamo scambiato qualche parola alla fermata dell’autobus, ci sorrida e accetti di uscire a cena: sono questi i desiderata dell’italiano. Eppure la maggior parte di noi sembra convinta che le cose possano cambiare, in meglio s’intende, forse per l’intervento di una qualche divinità, oppure del fato o magari per una congiunzione astrale favorevole. La cronaca, tuttavia, suggerirebbe una certa prudenza agli speranzosi ottimisti, perché ciò che accade e quello che ci si può ragionevolmente aspettare a medio termine non autorizzano certo il sorriso. E non parlo dei morti della carneficina palestinese, di quelli russi e ucraini di una guerra cui ci siamo ormai abituati e nemmeno dei migranti che annegano sul braccio di mare che divide il giardinetto dell’Europa residenziale dalla periferia infernale dell’Africa negra. Il pessimismo e la perplessità con cui dovremmo fare i conti, nascono soprattutto dalle piccole cose, quelle che sarebbero alla portata di (quasi) tutti. È difficile immaginare che il bracciante lucano possa convincere i palestinesi a trattare un accordo con Israele o che le casalinghe di Voghera si uniscano in cooperativa per traghettare i migranti sulla costa versiliese accogliendoli in hub attrezzati per la formazione e il rapido inserimento nel mondo del lavoro. Ma sarebbe lecito aspettarsi che milioni di compatrioti iniziassero il 2024 con un atteggiamento un po’ più intelligente o almeno civile, con qualche piccola attenzione e un po’ di microscopici cambiamenti orientati a un timido, ma inequivocabile, progresso. I fatti, testimoni scomodi, smentiscono questa illusione, che pure avremmo il sacrosanto dovere di coltivare. Qual è l’orrendo e apparentemente insostituibile rito tribale con cui abbiamo inaugurato il nuovo anno, sì il 2024, quello che speriamo sarà “migliore”? È l’esplosione immotivata e sciagurata dei botti. Non so se ci sia una relazione inversamente proporzionale tra la violenza degli scoppi e il quoziente intellettivo degli artificieri… ma lo sospetto. Quale sarà mai la soddisfazione di assistere a inutili e costose deflagrazioni che, oramai lo sappiano, hanno conseguenze disastrose su decine di migliaia di animali domestici e selvatici e alimentano l’autolesionismo dei meno dotati? Ma non basta: ormai si è diffusa anche una divertente consuetudine mutuata dalla sottocultura mafiosa, la partecipazione armata, esibizionistica, ai “Cenoni” di San Silvestro, quasi non fossero sufficientemente letali i terribili menù a base di tris di ogni cosa, di panettoni farciti alla qualunque e di bollicine muriatiche. Ormai un revolver-party non si nega a nessuno e l’esibizione machista del fallo calibro 38 è sinergica a quella del cronografo acciaio-oro e del SUV dal motore ipertrofico. Le “giustificazioni” logiche della partecipazione pistolera alle feste sono identiche a quelle dei tifosi che vanno allo stadio con le spranghe e i coltelli. Questa società oscenamente coatta e aggressiva avrà forse il diritto di sperare che le cose vadano meglio, ma si sta impegnando parecchio perché vadano peggio. Le api muoiono… ma chi se ne frega? Nella stragrande maggioranza sono “api operaie”.