La quarantesima edizione del "Festival dei Popoli". L'intervento di Remo Agnoletto
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La quarantesima edizione del "Festival dei Popoli". L'intervento di Remo Agnoletto

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La quarantesima edizione del
Pubblichiamo il testo di Remo Agnoletto, presidente del Centro di Documentazione Polesano, che compare nel materiale che viene distribuito in questi giorni con il programma della 40' edizione del Festival dei Popoli che prende il via sabato 8 luglio.

"Sono molto felice di dare alle stampe e presentare questa pubblicazione, che cerca di fare la Storia del
Festival dei Popoli in un’epoca di Alzheimer sociale dove i Diritti Umani sono dimenticati… Sono entrato nel Centro di Documentazione Polesano posso dire nel lontano 1987, e come al solito per caso, accompagnato da un amico a Giacciano per andare a vedere un film in una canonica con la porta sempre aperta. È stato così che ho conosciuto don Pier Antonio, un fatto casuale, ma la cosa mi ha subito affascinato. Quello che mi ha colpito di più è stato vedere una grande mole di materiale impregnato di cultura, libri, videocassette con registrate cose che ho reputato interessanti e, al di fuori di un interesse comune, piccole pubblicazioni autoprodotte su fatti legati alla quotidianità, ma soprattutto basati sui diritti umani negati. Questa è stata la cosa che mi ha più colpito. E lì ho trovato casa da più di trent’anni, in un volontariato prettamente culturale, ma allo stesso modo molto sociale, che ha accompagnato la mia vita e la mia famiglia. E ho iniziato a capire il valore della relazione conoscendo molte persone e tra le prime mi ricordo Gianni Tognoni, questa persona che arrivava da Milano e che era ed è molto amica di Pier Antonio.

La prima esperienza operativa è stato l’allestimento del Festival dei Popoli, mi ricordo il titolo come fosse oggi: “Predatori o custodi del Pianeta?”. Incominciai a pormi anch’io questo importante interrogativo… iniziare ad avere cura di qualcosa e di qualcuno lasciando da parte quel modo di pensare al proprio vivere, ma aprirsi al mondo degli altri. Il lavoro e la praticità del vivere insieme sono stati la leva fondamentale della mia permanenza in questo inizio di partecipazione ad una associazione di persone motivate nel fare e pensare a qualcosa di importante. E così ero spesso a Giacciano per fare qualcosa e preparare qualcos’altro. Poi lo spostamento di Pier Antonio da Giacciano a Presciane (mi ricordo che alla sera andavamo a mangiare la pizza alla Pizzeria Nazionale di Giacciano ed era sempre una sorpresa lo stare insieme).

Nel 1988 divento papà e l’impegno familiare mi ha un po’ allontanato dall’essere presente al Centro Documentazione Polesano, la mia seconda casa. All’affrancarsi dell’età di mia figlia, la ripresa dell’attività si è intensificata e mi ricordo che a volte restavo molte ore a Presciane, anche fino a notte inoltrata, per realizzare certi sogni e certe pubblicazioni del Centro. Un pensiero va alla pubblicazione dal titolo “Morire per affrettare l’alba” dove ho conosciuto il giovane Pierpaolo Romani e tutta la preparazione dell’incontro con i parlamentari Luciano Violante e Libero Gualtieri, Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, Giuseppe De Lutiis, esperto dei Servizi Segreti italiani ed altre personalità che giravano per il Centro, un pozzo di cultura, di relazione e di quello stare insieme che mi ha sempre stimolato ad esserci sempre. Gli anni ’90 sono stati anni di attività intensa, anni impegnativi ma anche di apprendimento e di conoscenza di persone memorabili.

Mi è sempre piaciuto impegnarmi e darmi da fare, anche in senso manuale, ma con gli anni ho anche imparato a promuovere e coordinare iniziative, proprio tramite il CDP, in rapporto con altre realtà associative del nostro Polesine e così mi ricordo l’organizzazione del primo Festival dei Popoli senza l’apporto di Pier Antonio e poi altre iniziative legate ai temi dei Diritti Umani e incontrando spesso gli Ultimi (ricordo il torneo di calcio organizzato a Rovigo con la presenza degli immigrati, i corsi per mediatori culturali e molto altro). Ricordo con grande affetto l’incontro con Thierry Parmentier, poi divenuto presenza indispensabile al Festival dei Popoli.

Arrivando a tempi più vicini mi ricordo quando, nel 2016, è toccato a me prendere il filo della volanda del CDP, che scorre liberamente nel cielo, l’ho fatto volentieri. Delle molteplici attività promosse dal CDP voglio citare l’accoglienza dei bambini provenienti dai campi profughi Saharawi in Algeria nell’estate del 2006. Anche questa attività è nata per il desiderio di capire e conoscere i popoli. Mi ricordo, come fosse oggi, una domanda che mi ha fatto Gianni Tognoni (Segretario Generale del Tribunale Permanente dei Popoli) una sera del Festival dei Popoli dell’anno 2005: “Perché non vai a conoscere direttamente i popoli o un popolo, tu che insieme ai tuoi amici del CDP parlate di popoli?” ed è stato il pensiero e l’idea che mi ha accompagnato alla partenza, nel mese di dicembre dello stesso anno, ad andare in Algeria per una quindicina di giorni a conoscere il popolo Saharawi e nell’estate dell’anno successivo abbiamo iniziato l’accoglienza degli Ambasciatori di Pace del popolo Saharawi che è durata fino al 2019.

Per me, questa rassegna di locandine è risonante di memoria, ogni avvenimento di tutti quelli segnati mi richiama stralci di vita comune… Oggi fare il Presidente del CDP è motivo di orgoglio e stimolo per continuare in questo cammino, aiutato da tutti i collaboratori dell’Associazione, senza di loro nulla sarebbe stato possibile. Questa Associazione mi ha dato tanto e mi dà sempre tanto, ogni volta che penso a ciò che abbiamo fatto non mi pare vero, gli anni sono passati ma mi sembra sempre essere all’inizio di questo modo di pensare alla vita, all’impegno, alla responsabilità di un cittadino qualunque che ama gli altri e che gli piace pensare ad un nuovo mondo possibile dove la pace e i diritti umani siano il paradigma di un nuovo mondo possibile.

Ricordo un Festival dei Popoli in Abbazia della Vangadizza dove il filo conduttore è stata una poesia del grande Eduardo Galeano che rispondeva ad una domanda: Cos’è l’utopia? E Galeano rispondeva così:

L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi

e si allontana di due passi.

Cammino dieci passi

e si allontana di dieci passi.

L’orizzonte è irraggiungibile.

E allora a cosa serve l’utopia?

A questo serve, a continuare a camminare.

Buon cammino a tutti!"