Il rapimento di Persefone
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La fermata sbagliata (quarta puntata)

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La fermata sbagliata (quarta puntata)

Caro diario,

il dialogo, che riporto tale e quale con un nome inventato, risale a una mattina di inizio primavera.

“Prof. ha visto che bello il prato della scuola pieno di fiori? Si vede che adesso QUELLA è da sua madre...”, mi dice Giulia, alunna di prima media, guardando fuori dalla finestra dell’aula.

“Quella chi?” chiedo.

“Quella là che quando sta con sua madre i prati sbocciano e quando va da suo marito arriva l’inverno”, spiega lei, stupita che io non abbia capito al volo a chi si riferiva.

Trasalisco e sorrido. Ora capisco di chi sta parlando. “Quella” è Persefone. “Sua madre” è Demetra. “Suo marito” è Ade. Qualche settimana prima avevo raccontato alla classe questo mito che descrive come gli antichi spiegassero l’alternarsi delle stagioni.

La storia è arcinota e ruota attorno al rapimento di Persefone, unica figlia della dea dei raccolti Demetra, ad opera di Ade, il dio dell’Oltretomba. Un rapimento alquanto scenografico, in quanto si narra che la giovane stesse cogliendo un fiore quando sotto ai suoi piedi si aprì un’immensa voragine. Con una mossa repentina Ade la prese e la trascinò nel suo mondo sotterraneo dove si celebrarono le nozze.

Demetra cercò la figlia giorno e notte, per mari e per monti, ma non riuscì a trovarla. Fu Elios, il dio del Sole, a rivelarle che Persefone era stata rapita. Furiosa, la dea si avventò come un ciclone contro Zeus, minacciando il re dell’Olimpo di infliggere al genere umano la più tremenda carestia se non avesse potuto rivedere la figlia. Il gran consiglio degli dei, grazie all’acume di Atena, propose un compromesso: Persefone sarebbe potuta restare sei mesi all’anno negli Inferi con il marito e trascorrere i restanti sei mesi con la madre sulla terra. Grande fu la commozione di Demetra quando rivide Persefone. Nel momento del loro abbraccio un fremito attraversò i boschi e i campi, le gemme si dischiusero sui rami, la terra tornò fertile e il mondo riprese a godere dei suoi doni per un lungo periodo. Quando venne il giorno del distacco Demetra pianse così tanto che le sue lacrime allagarono i campi e il gelo che sentiva nel suo cuore ghiacciò la terra.

 

Ecco spiegato il succedersi di primavera, estate, autunno e inverno.

Demetra, Cerere per i Romani (ecco da dove deriva la nostra parola “cereali”), è una delle mie figure mitologiche preferite. Nella storia dell’arte è sempre stata raffigurata solenne e bellissima, una regina con un cesto di grano al posto dello scettro e un intreccio di spighe per corona. Demetra protegge tutto ciò che è vita: la maturazione di un raccolto, il dischiudersi di una gemma, la nascita di un bambino. Allo stesso tempo simboleggia la forza materna capace di trasformare il mondo, se compromessa, ma anche di lasciare andare quando il tempo è, appunto, maturo.

A scuola, durante le ore di Scienze e Geografia, si studia che l'alternanza delle stagioni è dovuta principalmente all’inclinazione dell’asse terrestre, che fa sì che i raggi solari colpiscano la superficie del nostro pianeta con angolazioni diverse durante l’anno. Si indaga il fenomeno in maniera scientifica e divertente, mostrando alle classi meravigliose immagini satellitari e facendo realizzare plastici con vari materiali.

Ma solo la storia di Demetra e Persefone, che sembra nata apposta per attraversare i millenni e giungere fino a noi con lo stesso significato, ci permette di assaporare un’altra dimensione, quella del Mito. Affiancare il linguaggio della Scienza a quello del Mito, quando possibile, significa evitare che venga tagliato quel cordone ombelicale fatto di pensieri e idee che lega la nostra presenza in questo Mondo a quella di tutti coloro che ci hanno preceduto.

Tra le tante definizioni che studiosi illustri e scrittori hanno dato del Mito, tanti anni fa ne ho incontrata una che mi ha fulminato. Non riesco a ricordare chi l’avesse pronunciata ma suonava più o meno così: il Mito è una sorta di ponte che ci permette di abbandonare l’isola del nostro limitato “qui ed ora” per raggiungere un posto sconfinato che si chiama “sempre e ovunque”.

Si può benissimo vivere senza Mito, senza conoscere la storia di Demetra e Persefone e mille altre. Privare di questo sapere equivale però a sottrarre una raffinatezza allo sguardo, che permette di percepire l’infinito e l’indefinito al di là di un prato fiorito. Come è successo a Giulia.

“Ma allora prof. perché anche d’estate a volte piove e il sole si nasconde? Come se lo spiegavano gli antichi?”, chiede Giulia.

Penso.

“Giulia, bisticci mai con tua mamma quando siete insieme? …ecco perché”.

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