Luciano Cecchinel: rinvieni, febbre, alla perduta traccia
Sottotitolo non presente
Leggi l'articolo
- SCRITTURE
- |
- Notizia pubblicata il 5 novembre 2023
- |
- Scritto da Simone Martinello | Filò sull'aia della poesia. I poeti veneti
e lo sentii qui alfine,
come da là, così distante:
per questo venni e lo raccolsi
sulle onde tardive dei miei versi
È una ricchezza la "lingua familiare" di Luciano Cecchinel. Una lingua intrisa di paesaggi e colori, di vicende, di oggetti, di vite, che si imprimono nella "retina", che non è solo quella dei nostri occhi, ma della Poesia intera quando è vera, per chi almeno ha l'ardire di "sostare" in essa.
Un dire "raro', che Andrea Zanzotto ben ha messo in rilievo nella bella postfazione al libro di esordio - sorprendente ed evocativo - di questo poeta, custode di esperienze comuni e di una cultura condivisa. Esperienze e culture che stanno scomparendo, insieme ai dialetti. Comunità, sarebbe la parola, se ancora questa appartenesse al nostro vocabolario.
Paeśe
Paeśe rùspego đe burigòt
de ombrìa umiđa e petađiza,
ingateđamènt cròt
de portèghi e cortivi
fin a tariòi alti stuśađi
ndove che mi vae a scur,
rùmola de la piera,
ndove che fraze,
zinis-cio đe calzina,
ndove che vae in zerca strac de uđor vèci,
scròc, susuri, lumin…
pèrs in ti, no pòse, no vui scanpar,
inprèsteme 'n ciaro, an ciaro sol
te sto scur tèndro e fis,
sol leđer al me nàser
te la to mòrt,
al me morir tel to ultimo viver,
te la luna śmariđa đe le pietre,
paeśe meo s-cèt de masiere.
(Paese scabro di vicoli diroccati, / di ombra umida e attaccaticcia, / groviglio malato / di portici e cortili / fino a piccoli altari alti spenti, / dove io vado al buio, / talpa della pietra, / dove rovisto, / muschio di calcina, / dove vado alla ricerca stanco di odori vecchi, / scrocchi, sussurri, lumini… / perso in te, non posso, non voglio fuggire, / prestami una luce, una luce solo / in questa oscurità tenera e fitta, / solo leggere il mio nascere / nella tua morte, / il mio morire nel tuo ultimo vivere, / nella luna sbiadita delle pietre, / paese mio schietto di macerie.)
[Asiago, 13 febbraio 1992
Caro Cecchinel,
la ringrazio di cuore per il dono delle sue poesie che ho già letto in buona parte.
Lei ha il dono del vero poeta: testimoniare e rendere veri tempi e luoghi nella loro essenza storica. Quel suo dialetto, poi, sembra arrivato a noi da tempi che paiono remotissimi e che invece, almeno da parte mia, sono dell’infanzia.
Come vorrei anch’io rievocare così come lei l’antica lingua “cimbra” dei miei avi!
Troppe cose perdiamo lungo la strada di questo tempo frettoloso e superficiale.
La ringrazio ancora e che la prossima primavera le sia benevola
suo Mario Rigoni Stern]¹
Cecchinel sa leggere nel cuore della storia e in quello dell'uomo «senza dargli pace, con un ronzio ossessivo e ammaliante, che è anche di un dialetto e di una gente egualmente perduti e salvati da un gesto - quello della scrittura - sentito per tanti aspetti come sacrilego (ma necessario fino all'autadafè). Ora, quasi riprendendo uno di quei sentieri in salita che si incontrano continuamente in Al tràgol jèrt (L'erta strada del strasino), lo ritroviamo par tragoi forèsti lontan ("per strade sconosciute lontano"), spinto ad entrare fisicamente in quelle ninnenanne che la madre americana gli cantava da piccolo, e a rivivere così leggende e miti familiari di un'America di emigranti.»², scrive Marco Munaro, recensendo la raccolta Lungo la traccia (Einaudi, 2005).
Si legge in spiriti d’emigrati:
mute le vecchie cose
ma in fotografie implorare d'occhi,
in lettere sgolarsi di parole:
ah, nenie illuse
di lontani rintocchi...
in poche lente ore
con gli occhi, con le gole
delle sfinite attese
tutto si accende, muore
cieco, muto pulviscolo di sole
È il libro "americano" di Cecchinel, che ha ripercorso, nel 1984 e poi in anni successivi, anche con la figlia poi perduta - fisicamente e poeticamente - il cammino degli avi, verso le radici della madre, nata nell'Ohio da emigranti del trevigiano e lì cresciuta ed educata. Partiti nel 1905, cambiarono il cognome, da Maldotti in Maldoth.
«Nel poema americano si assiste, come abbiamo accennato, a un allargamento dell’io lirico che involve e illumina "vite perdute", nella duplice accezione di individui dall’anagrafe certa, ma di cui si stanno perdendo le tracce nella memoria (gli antenati e conoscenti della famiglia di Cecchinel, a partire da Bill Maldoth - Guglielmo Maldotti; Emma Della Giustina ecc.), e di tipi umani appartenenti alla grande famiglia dei reietti, hoboes, degos, minatori, prestatori d’opera, migranti in genere.»³
Il poeta segue la "traccia" di una vicenda familiare di emigrazione "non sanata".
E, come tutte queste vicende, alla fine, mai del tutto risolta.
febbre
dal pulsare di un’oscurità roca
rinvieni, febbre, alla perduta traccia:
con la tua lanterna fosca, ubriaca
di vagolante conestoga, sbircia
fra i fluidi diciottoruote d’America
per una vecchia strada dietro la Grande Via
e tu qui, nuovo tempo di pattuglia,
non agitarmi in faccia la tua torcia,
non fissarmi fino al tuo occhio strabico,
sono solo un sonnambulo forastico
sulla traccia di un mio, di un tuo passato
come di un erratico dollaro scaduto
È febbre a dare il nome al primo componimento della raccolta. Un testo denso di suoni che si rincorrono e di significati, con termini particolari come conestoga - il carro da trasporto dei coloni - «una parola così spiazzata, così lontana, così poco americana, oggi, da portarci ad un'America forse mai esistita, inventata, mentre riporta a un realismo violento»⁴, scrive Zanzotto.
Un realismo drammatico, se si pensa all'immagine del verso:
sbircia / fra i fluidi diciottoruote d'America
per alludere ai grandi camion che hanno sostituito, appunto, i "conestoga"; e che ora ruggiscono per la Grande Strada Nazionale con la loro enormità di ruote.
E, allora, questa ricerca di una perduta traccia si fa presa di coscienza che porta allo straniamento:
suite appalachiana⁵
tracce qui, impronte ovunque
e su di te, luna migrante,
sulla tua polvere alta e spenta
il piede dell'Ohio
e andare, andare nonsaidove,
in chemailuogo,
verso la Nuova Strada Nazionale?
hello you, Main Street of America!
l'aquila d'argento sopra di te,
detrito di vertiginoso sogno
per un improbabile, sottile
ammiccare notturno,
per la sola speranza del ritorno
e così impronte strane
ti trascini smarrita luna
sopra cumuli di colline
e praterie accatastate
come pelli di bufalo
fino alle balzanti catene
e oltre, fino alle morenti
e deliranti sequoie
eppure sei la luna
che ha illuminato la via oscura
di acciaierie e miniere
da dove allora
per la mano invisibile
degos e degos e sei stata
fondo giallo di whiskey
allo strascicato guaìto d’acciaio,
pallido orlo d’acquavite
al lamento oscillante del violino
luna ebbra, luna vagante,
scorrono ancora le tue trecce
come di salice lucente
in mezzo alle colline,
restano le tue lacrime furtive
lungo sperdute tracce
accecate da erbe come crine,
quasi blu, quasi vive
come il tuo pascolo tremante
di impronte fuggitive
Un sonnambulo forastico - Cecchinel - sulla traccia di un mio, di un tuo passato.
Un passato che, anagraficamente, non è il suo, ma che tuttavia gli appartiene fino a torcergli le viscere, di figlio e di uomo: filamento incandescente, / il mio tempo oscuro.
Quel tempo, che in una sera senza fine del Midwest, apparteneva di certo alla madre, Annie, la bambina che saltella:
dentro una piccola luce
per la sera immensa del Midwest
dentro una piccola luce,
stanca incerta stella,
il padre, la madre e sottovoce
il loro minuto sì.
la bambina che saltella
attorno alla mensa pronta
e, esile uccello imitatore, canta
yes daddy, yes ma…
lei, pegno di suoni ignari
come la bandiera dei nuovi colori
nella casa dove il sì
spegne per la sua dolce voce
- yes daddy, yes ma -
come la piccola luce
che ormai sfila, incerta stella,
si perde nel buio, nel nulla
della notte immensa del Midwest
Cecchinel è un "viandante di passi perduti", che si pone in ascolto della letteratura americana (Whitman, Steinbeck), del folklore, della musica, oh i country e i blues, segni distintivi di una culturapopolare che poi è diventata anche la nostra, per dare voce a drammi, a ingiustizie subite da innocenti (come nella poesia acciaio elettrico dedicata a Sacco e Vanzetti: con voi, spente vite d'America, / attraverso l'esalato lamento / di una corda metallica, / lungo nascosto pianto / ormai troncato / e lancinante // [...] e così, compagni costretti a un termine / livido di energia esausta, / che voi e il lume che abbandona / le mute griglie di una cella angusta / urlate l'infinita solitudine / dell'istante che folgora, che ustiona), a sconfitte personali: quell'Ema Giustina trovata pendente da una trave / nella farm, perché questa donna, lontano dalle sue origini, un altro modo per ritornare a casa non l'aveva saputo, purtroppo, scorgere:
ballata⁶
a E. D. G.
qui, nello stato dell’ippocastano
una vecchia finestra
crepita di una donna
venuta col suo sogno
quasi bambina
da un casolare di pietra
a una casa di legno:
Ema Giustina
sola, lei nel cigolìo
di un giorno curvato nel vento
trovata pendente da una trave
nella farm che sapeva di caprifoglio
e di frumento
eppure così tetra,
ormai carena
capovolta di nave
questo fu il modo per tornare
a piedi alti al suolo
con le case di pietra
di là del grande mare
o per arrivare prima al cielo
da una collina
che una canzone dava avviso
essere accanto al paradiso
E quel caprifoglio, quel frumento -curvati dal vento nello stato dell’ippocastano⁷ - pare di vederli, di sentirli, persino di immergersi "in" loro (il grido degli emigrati che soffrono nelle orecchie)… lungo sperdute tracce che, grazie alla forza poetica, si possono suggestivamente rivivere e che Cecchinel, col suo carico di "febbre", di allucinazioni e fantasmi, di verismo, rimette in gioco sul tavolo della vita. Convinto com'è, recita il finale della poesia quæris⁸, che ci sia
[...] sempre un ultimo sito
in cui quelli che se ne vanno
e quelli che rimangono
si salutano gridando in silenzio
che non sia per sempre, un voto
di spiriti devoti
ora è stato esaudito,
perché esiste anche un santo dei perduti
Cecchinel, con la sua poesia, aderisce alla povertà sentita come destino, a quelle esistenze spezzate, sradicate dalla loro terra natale - i loro spenti nomi, / inutilmente li trattieni / tu, coltre avida d'America - ne rincorre lo spirito nella carezza / della luce che di là viene.
E lo sente intimamente questo spirito, nel Nuovo Mondo come lo aveva sentito nel Vecchio Continente… e ne fa una professione di fede:
io, penitente
senza colpa e assoluzione,
per un ignoto dove
oscuramente lo rincorsi
e lo sentii qui alfine,
come da là, così distante:
per questo venni e lo raccolsi
sulle onde tardive dei miei versi
La cantilena della madre-bambina - «cantava ninnenanne d’America o italiane con insopprimibile accento americano e che molto più tardi, gravemente ammalata, scompigliava motivi e cose d’oltremare» - come presenza che conforta. Allora la poesia - le onde tardive - annulla l'immensa distanza di un Oceano, in una comunione con chi, al poeta di Revine-Lago, ha dato la vita.
Note
1,3 - da La parola scoscesa. Poesia e paesaggi di Luciano Cecchinel, a cura di Alessandro Scarsella (Marsilio, 2012);
2 - Marco Munaro in "Poesia", settembre 2005, n. 197;
4 - Andrea Zanzotto, Lungo la traccia / Le poesie di Luciano Cecchinel, in “Il Caffè illustrato”, gennaio/febbraio 2007;
5 - Note al testi di Luciano Cecchinel:
*suite appalachiana: nella suggestione della composizione sinfonica "Appalachian Spring" di Aaron Copland.
*tracce qui, impronte... il piede dell'Ohio: al di sotto del piano connotativo sta il fatto che gli astronauti John Glenn, primo uomo americano nello spazio, e Neil Armstrong, primo uomo a mettere piede sulla luna, sono
dell'Ohio.
*la Nuova Strada Nazionale: conio che richiama per antitesi la Old National Road, chiamata anche Main Street of America.
*morenti e deliranti sequoie: allusione alla profezia che Walt Whitman affida agli alberi millenari nella composizione “Song of the Redwood-Tree”.
*degos: da “dego”, qui così riportato quale pronuncia di dago, il nomignolo affibbiato in generale agli immigrati di cultura latina e poi in particolare agli italiani nell’America Anglosassone. L’origine dell’appellativo, comunque più usato in chiave dispregiativa che di simpatia, rimane incerta.
*guaìto d’acciaio: il riferimento è alla steel guitar, strumento a corde suonato contemporaneamente a mano e a pedale (è chiamato anche pedal steel guitar) che produce suoni dolcemente quanto lamentevolmente prolungati.
6 - Ema Giustina: così è nominata in un villaggio dell’Ohio Emma Della Giustina, una donna italiana che, emigrata negli Stati Uniti col marito e rimasta presto vedova, non poté tornare in Italia anche perché il figlio le rubò due volte i soldi messi da parte per tornare
(ndt Luciano Cecchinel).
7 - Il cerchio bianco all'interno del triangolo della bandiera rappresenta sia la prima lettera dello Stato, sia il suo soprannome "the Buckeye State" (il Buckeye, detto ippocastano dell'Ohio). È l'unica bandiera degli stati Usa a non avere una forma rettangolare, ma a coda di rondine. La forma ricalca le bandierine di guerra usate durante la guerra civile dalle truppe di fanteria.
8 - si quaeris... santo dei perduti: attacco di preghiera in latino tardo che viene recitata a Sant'Antonio da Padova per ottenere la grazia di ritrovare quanto si è smarrito. L'ultimo commiato delle famiglie a Padova, sulla strada per l'imbarco a Genova, fu probabilmente solo una casuale coincidenza
(ndt Luciano Cecchinel).
Notizia (per una biografia in sintesi)
Nato nel 1947 a Revine-Lago, nella pedemontana trevigiana al confine con il bellunese, ove risiede, Luciano Cecchinel si è laureato in Lettere moderne presso l'Università di Padova ed ha insegnato materie letterarie nella scuola media. Ha avuto esperienze come amministratore locale e si è impegnato in gruppi per la salvaguardia del tessuto socio-economico e culturale del suo territorio, in particolare nella costituzione di cooperative agricole, maturando interessi per la cultura popolare e contadina.
Come poeta è rimasto volutamente sconosciuto fino alla pubblicazione di Al tràgol jèrt, raccolta in dialetto veneto (I.S.Co., Pederobba, 1988). Sono seguiti: Senć (El Levante por el Poniente, Conegliano, 1990), la plaquette Testamenti (en plein, Milano, 1997, con un disegno di Vittorio Schweiger). Presso Scheiwiller, nel 1999, esce una riedizione riveduta e ampliata di Al tràgol jèrt, con una sentita e significativa postfazione di Andrea Zanzotto.
Prevalentemente in lingua le raccolte del 2005: Lungo la traccia (Einaudi) e Perché ancora / Pourquoi encore (Istituto per la Storia e Resistenza e della Società Contemporanea del Vittoriese, con traduzione di Martin Rueff).
Solo in lingua Le voci di Bardiaga (Il Ponte del Sale, Rovigo, 2008), mentre il ritorno al dialetto è con la raccolta Sanjut de stran (Marsilio, 2011), con un'ampia e analitica prefazione di Cesare Segre, che colloca l'autore "al livello più alto della poesia".
Seguiranno: Poesie (Chioggia-Venezia, Damocle Edizioni, 2012); In silenzioso affiorare, prefazione di Silvio Ramat, con sei acquerelli della moglie Danila Casagrande (Tipoteca Italiana, Treviso, 2015); Da un tempo di profumi e gelo, postfazione di Rolando Damiani (LietoColle, 2016); La parabola degli eterni paesani (Marcos y Marcos, 2018); Da sponda a sponda (Arcipelago Itaca Edizioni, 2019); il volume, da lui curato, Per i giovani figli perduti – Antologia di poesie e prose (Ronzani Editore, 2022).
I suoi testi poetici sono usciti, nel tempo, sulle riviste letterarie italiane più importanti.
Di lui hanno scritto, tra gli altri, Franco Brevini, Andrea Zanzotto, Franco Loi, Marco Munaro, Maurizio Casagrande, Gian Mario Villalta, Rolando Damiani, Pier Vincenzo Mengaldo.
È inserito in diverse antologie, tra cui ricordiamo: Parola plurale. Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli (Luca Sossella Editore, Roma, 2005); Un altro Veneto. Poetica in dialetto fra Novecento e Duemila (Edizioni Cofine, Roma, 2014) a cura di Maurizio Casagrande e Matteo Vercesi.
Per la critica sul poeta di Revine-Lago è di fondamentale riferimento il volume (con presentazioni, testimonianze e interventi di saggisti, poeti e scrittori): La parola scoscesa. Poesia e paesaggi di Luciano Cecchinel, a cura di Alessandro Scarsella (Marsilio, 2012).
Nel dicembre 2014 ha ricevuto il premio nazionale di poesia "Biagio Marin" per la raccolta Sanjut de stran; la giuria – composta da Pietro Gibellini, Franco Loi, Gianni Oliva, Giovanni Tesio e Edda Serra – motiva che «la sua è vera grande poesia. [...] Il libro si è imposto per la compattezza raggiunta a conclusione di una lunga, sofferta elaborazione umana e poetica. La rappresentazione del mondo veneto, natura e paesaggio umano dentro e fuori l'orizzonte personale nel succedersi delle generazioni si addensa in un linguaggio che si direbbe materico ed evocativo.»
Nel 2016 esce la prima monografia sulla sua opera poetica, Luciano Cecchinel - Poesia. Ecologia. Resistenza di Paolo Steffan, contenente anche cinque inediti cecchineliani e una prefazione di Alessandro Scarsella.
Nell'agosto 2020 gli viene assegnato il premio Viareggio per la raccolta poetica in lingua con lacerti angloamericani Da sponda a sponda (Arcipelago Itaca, 2019), dove la giuria ha riconosciuto le “tracce” di una ricerca epica già incisa nella “babele di lingue lontane” di precedenti opere, vere e proprie radici che hanno forgiato la sua identità
Nel dicembre del 2020 esce un numero monografico di “Finnegans”, rivista di cultura mediterranea edita a Preganziol (Treviso), sulla sua opera complessiva.
Nel giugno del 2022 gli è stato conferito dall’Università di Bologna il premio "Alma Mater – Violani Landi" alla carriera per la poesia.