Luigi Bressan: "In petto un disarmato libello"
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- Notizia pubblicata il 10 dicembre 2023
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- Scritto da Simone Martinello | Filò sull'aia della poesia. I poeti veneti
come una donna
che ha fatto la pace i cocci ancora in terra
là sul marciapiede c’era lei sul dorso
guardava le sue inutili zampette
agitarsi nell’aria
La poesia dà vita spesso ad amicizie belle e durature nel tempo. Come quella tra Luigi Bressan e Franco Loi, che dedicò un'importante prefazione al libro del poeta di Agna, Vose per S., definendolo "uno dei lirici veneti più raffinati".
E Bressan dedicò la poesia di apertura di Quetzal¹ proprio a questo poeta:
I passeri
a Franco Loi
Sì Franco l’ho notato sono scomparsi
i passeri e mentre me lo chiedi da Milano
il telefono o l’orecchio mentono
un cinguettìo dal deserto dei tetti
Vedo appartati nidi
dove dei vecchi succhiano il latte
Il cervello prosegue ascoltando se stesso
i suoi contatti difettosi
i suoi vrzz vrrz vrrzz
Ricordare come dimenticare
Qualcuno aveva cosparso i davanzali
di briciole sono ancora lì
in attesa del volo
I passeri si saranno rifugiati lungo i muri
nei graffiti dove c’è ancora un po’ di luce
di colore un po’ di sole
Franco ho qui per noi una memoria di Saffo
aspetta il carro d’Afrodite che graziosi
passeri con frulli d’ali le portino
dalla volta azzurra alla nera terra
Venticinque secoli di guerre lo tengono sospeso
I miei umili passeri morivano
d’inverno intorno ai casolari
offerti alla fame dei poveri
o caduti tra fuochi di battaglie
o testimoni d’una sola
sillaba in gola
Le armi crescono ancora lucrose
giorno e notte volano insonni
rapaci in un cielo grave d’attesa
Vorrei la pace per tutti i passeri
scomparsi per i nostri decreti
Franco ricordi Amedeo?
Ciarliere furbe rissose dolci
e reconditamente splendide
le passerette sono la vita del mondo
la coniugano in sé medesime
con il caldo il freddo l’amore la morte
in una parola: sono…
Ma dove dove finite
a fare i bagni di sabbia
il cortile è abbandonato a un sole ozioso
niente chiacchierìo niente svolazzi
niente gazzarre prima della partenza
improvvisa verso ombre e campagne
Altra ombra lo so Franco hanno i tuoi occhi
così senza un cinguettio dalla grondaia
lì a Milano e il telefono non capta
se non la mia voce disadorna
da una provincia lontana
ma tu tratti quell’ombra come cosa salda
e per noi si levano in alto i versi del coraggio
Anche se nessuno sembra sentire
la mancanza dei minuscoli cuori nel frastuono
mentre un’edera di silenzi
tra mute di gente senza sguardo
s’inerpica nelle nostre vite
folta delle nostre distanze
Se solo penso di cercare un battito d’ali
mi viene incontro la notte
con odore di neve
Franco nella mia casa era grande
un ci-pi nascosto era grande
come tutta la casa risuonava
nel mio infantile riposo
e zampettava ma dove
dove di sera più raro
nell’alba più flebile poi spento
in fondo alla canna del fuoco
solo piume il corpicino
e cinigia nel cielo lontano
Domani al risveglio nessuno scenderà
in cucina al grande tavolo in mezzo
col marmo grigio di tempesta
il lampo immobile
un ramo cresciuto d’inverno
(è crepato dal primo giorno
sorride mia nonna ma non è
che uno sbuffo di farina)
S’affaccia un altro tacere lo spazio
che si lascia dietro chi è partito
con le fattezze d’ognuno
miti pazienti attendono
a non essere disperse
ma dalle finestre le voci
liberate dal sonno
non cercano più di sorprendere
come se fossero allegre
Passere bambine bambini passerini
nati senz’ali
ghermiti sotto casa dentro casa
da falchi come in una fiaba
scomparsi missing desaparecidos
Proteggere i falchi è l’ordine
devono avere la loro carne tenera
il futuro è una camera vuota
e sullo strazio del passero
chi accenderà il fuoco per la notte?
Raggiungo un’altura fuori città
rifiuti sparsi minuscole biche di mozziconi
[e cenere
volevo ricordarmi della Terra
dal cricchiolio dell’erba
(è ingiallita e pesta)
dell’ordinato andare nello spazio
del nostro comune andare
del cielo aperto
Paolo di Dono com’è vasta
la parete al pittore che muove
l’occhio e la mano a frescarla
con le penne del vol
Una bianca corona di monti assiste di lontano
La domenica raggiungo i percorsi di pietra
delle nostre Prealpi forate
spirano vigile sonno di guerre
qui hanno seminato e mietuto
senza raccolto
e per avvistamenti lo sciacallo
anubi marca occulti confini
Di passeri nemmeno l’ombra
La sentinella senza nome senza tempo
[senza riposo mai
ha salvo come arma in petto un disarmato
[ libello:
va tu passerino alla mia Lesbia
adesso è a me che tocca morire
Versi che sono un rivolgersi, con uno spirito di condivisione e confidenza a poeti che hanno ombre sugli occhi, Franco, ma anche Amedeo Giacomini.
Ma se gli occhi hanno un'ombra possono essere ancora cosa salda per vedere ciò che gli altri non vedono e perché si possano levare in alto i versi del coraggio.
Per capire le storture del mondo, come lo è la scomparsa dei passeri, a testimoniare un avvento di una epoca pumblea.
E d'altronde proprio il passero, più di qualsiasi altro uccello, con-divide con noi gli spazi domestici, zampettando qua e là. C'è sempre gioia nell’offrire loro qualche briciola di pane. Ora questi "affetti" quotidiani sembrano venir meno. E lo scomparire dei cinguettii sembra portare con sé l’inevitabile scolorarsi di un tempo che se n'è andato fino a farsi emblema di una storia "violenta", che ci risucchia, tra paure e guerre.
Il passero: semplice, il più domestico nei nostri luoghi del vivere. Nel Vangelo apocrifo dello pseudo Matteo si dice che Gesù prese dal fango dei laghetti che aveva fatto è plasmò dodici passeri.
E la cosa fu risaputa in mezzo alle dodici tribù di Israele.
Il Salmo 124 recita: l'anima nostra, come un passero, è stata liberata dal laccio dei cacciatori: il laccio è rotto e noi siamo liberi.
Anche il poveropassero ha dunque una sua storia e una sua mitologia.
Servono minuscoli cuori, ci dice allora la poesia, per innestare coraggio a chi è preda di soprusi e ingiustizie come per i scomparsi missing desaparecidos.
Anche no sintire ze na colpa [...]
Anche no édare che tuto sparisse
incontra on cjelo scuro.
(Anche non sentire è una colpa… / Anche non vedere che tutto sparisce / incontro a un cielo oscuro)
scrive Bressan in una poesia di Data.
Lasciandosi parlare dalle lingue morenti e dalle coscienze assonnate, la poesia aiuta l'uomo a comprendere la miseria e la solitudine. Senza consolarcene, certo, ma dando più coesistenza a questo nostro assurdo reale.
Il poeta ci mostra sempre un'altra parte di noi, un'altra faccia del mondo. E se l'universo appare un mosaico il poeta, come lo è Bressan, ne illumina un tassello, un aspetto sconosciuto e spesso dimenticato.
Le amicizie poetiche, si diceva sopra, un dialogare pacato con una persona sentita vicina, che è presenza:
Per la nostra amicizia hai creato le parole pronte / le frasi oggetti dallo sguardo libero d’azzurro / come vedono il primo mattino i rondoni in volo,
è l’incipit di Quetzalcoaatl, il testo dedicato all'indimenticato pittore Gabbris Ferrari che chiude la prima sezione.
Quetzalcoatl
Per la nostra amicizia hai creato
[le parole pronte
le frasi oggetti dallo sguardo libero d’azzurro
come vedono il primo mattino i rondoni in volo
dopo ho cercato di seguire le linee
[del paesaggio
con la matita sul vetro perché
[mi vedessi come sono
abbiamo lavorato insieme i minuti di una creta
toccata a un riposo di secoli io i punti
[sulla carta
tu le cromie del movimento e della grazia
non so come ci abbia trovati questo nome
serpente piumato albero d’una
[genealogia divina
dove vola sicuro il tuo quetzal come
[la nostra parussa
tra le frondose discendenze dei dinosauri
mentre lo spaziotempo modella i mondi
con mani oscurate spandendo luce magari
quando avremo imparato che un milione
[è uno
e molti è soltanto il numero esatto
[per ritrovarci
Allora il quetzal, uccello tropicale, e la "parussa"² delle nostre zone, volano insieme, simboli di amicizia e della poìesis che per Platone è ‘il fare dal nulla’, per Erodoto la ‘creazione poetica’. E, per antonomasia, poìesis è la poesia di Omero.
E dopo il testo poetico c'è un disegno di Gabbris: due personaggi che si tengono per mano e in tempo di carestia vanno a cercare radici per sfamarsi. Un cibo, in questo impoverimento culturale che viviamo, che può essere metaforicamente un qualcosa di spirituale. Scrivere e disegnare sono gesti precisi, creativi: entrambe lavorano per la salvezza. E nell'amicizia c'è questa sacralità che trasfigura, aiutata dal mito, qualsiasi realtà.
E così, ai tanti poeti amici, Bressan dedica una poesia che ha come riferimento gli uccelli. Gli esseri alati che sono l'opposto del tempo; sono il nostro desiderio di luce, di stelle, di arcobaleni, e vocalizzi di giubilo, ha scritto Olivier Messiaen, ornitologo e compositore.
Quell'umano che incontra il non umano.
Gli uccelli - con il loro volo, la loro libertà - sono un comune sentire:
È un compagno – il pettirosso – che fa sempre piacere incontrare”,
si legge nella citazione in esergo dall’opera Andar per uccelli del "poeta amico" Amedeo Giacomini.
Sono diversi gli autori di riferimento di Bressan. Per cui si incontrano: Bino Rebellato, Sandro Zanotto, Eugenio Tomiolo, Franco Loi, Giovanni Tesio.
Ed afferma:
«Naturalmente c’è la scuola, la tradizione nazionale, le esplorazioni nella poesia europea, ci sono i contemporanei. Ho letto parecchio Rimbaud, Campana, Montale, Sbarbaro, Saba, Kavafis… citando a casaccio, un dominio abbastanza comune. Mi piaceva studiare a memoria alcuni grandi (Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Pascoli) di cui ritengo ancora lunghi brani. Presumo che qualche impronta di inevitabili furti sia rintracciabile.
La memoria della poesia è una continua scoperta, una vita che rinasce e si rinnova attraverso un’azione creatrice. Ma gli autori di riferimento sono anche altri, i più vicini e presenti, con i quali si condividono passioni, si scambiano opinioni, si discutono progetti, si corre l’alea del libro e della sua laboriosa uscita. In questo caso gli autori sono anche editori, organizzatori, critici, promotori e moderatori d’incontri aventi come tema la poesia. Senza la conoscenza di Marco Munaro, del Ponte del Sale, della cerchia di amici da cui mi sento confortato, dei redattori cui mi aggrego; senza l’intelligenza e le molteplici e instancabili capacità operative di Marco, del suo continuo dono della poesia e alla poesia, tutti i miei testi sarebbero rimasti in una serie di piccole pubblicazioni esaurite e in un cassetto. E voglio ricordare con commozione la mia lunga e per alcuni anni quasi quotidiana consuetudine con Pierluigi Cappello, il privilegio di avere ascoltato dalla sua viva voce i versi nascenti della sua grande poesia.»
Allora in omaggio a Marco Munaro:
Cra (II)
Dopo la burrasca notturna la mattina
rideva con qualche lacrima come una donna
che ha fatto la pace i cocci ancora in terra
là sul marciapiede c’era lei sul dorso
guardava le sue inutili zampette
agitarsi nell’aria un samsagregor
senza speranza l’ho portata a casa
riscaldata nutrita una di noi
certo non mi ha mai perdonato
d’averle strappato a una a una le prime
penne delle ali ormai calcificate e monche
così che ne ha cacciate di nuove vigorose
ma è rimasta pur libera fino all’anno dopo
beccando alla mia mano con sospetto
rubando per dispetto dalla ciotola del cane
finch’è partita con le altre ma prima
con volo largo in giro e ripetuti cra
ha salutato tutta la casa dopo anni
ancora credo di vederla la mattina
aprendo la finestra appollaiata
sopra la rimessa sarà non sarà lei
ma quanta gente intorno e di lontano
va e viene oscura e silenziosa
sotto il peso d’un cielo cupo e freddo
senza speranza di posare mai
Una poesia, quella di Bressan, certo complessa ma che «cerca di delineare il senso imperscrutabile delle cose e dei fatti che accadono, a cui ci si può avvicinare solo per metafore e figure. È forse questa la sacralità originaria rappresentata dal Quetzal, il "serpente piumato albero d’una genealogia divina" che guida all’incontro tra parola e immagine, all’amicizia che sopravvive alla morte, a un diverso modo di considerare il tempo, a quanto ha valore e permane: mentre lo spaziotempo modella mondi / con mani oscurate spandendo luce magari / quando avremo imparato che un milione è uno / e molti è soltanto il numero esatto per ritrovarci», scrive la poetessa Nelvia Del Monte.
Notizia
Luigi Bressan, nato nel 1941 ad Agna (PD), vive a Codroipo (UD), dove ha insegnato materie letterarie e latino. Nel dialetto del suo paese d'origine ha pubblicato: El canto del tilio (Campanotto, Udine 1986); El zharvelo e le mosche (Boetti & C., Mondovì 1990); Che ’fa la vita fadiga (Edizioni del Leone, Spinea 1992); Maraeja (Poesia in piego n° 26 – Grafiche Campioli-Monterotondo 1992); Data (Biblioteca Cominiana, Padova 1994); Vose par S. (Collana “La barca di Babele”, Circolo di Meduno 2000).
In italiano: Quando sarà stato l’addio? (Il Ponte del Sale, Rovigo 2007); Quetzal (Il Ponte del Sale, Rovigo 2019)
È presente in varie antologie, tra cui: Via Terra (a cura di A. Serrao, Campanotto, Udine 1992); Nuovi Poeti Italiani (a cura di F. Loi, Einaudi, Torino 2004). Un altro Veneto. Poeti in dialetto fra Novecento e Duemila (Edizioni Cofine, Roma 2014).
Ha fatto parte della redazione della rivista di letterature dialettali «Diverse Lingue». Attualmente dirige la collana di poesia “La Barca di Babele” - uno dei più significativi contributi alla cultura italiana degli ultimi decenni - per il Circolo Culturale di Meduno. Con "Il Ponte del Sale" ha collaborato a La Bella Scola: I primi sette canti dell’Inferno letto dai poeti (2003) e all’omaggio Da Rimbaud a Rimbaud (2004).
Un particolare accenno va a La viola di Strauss / Strauss’s violet, raccolta composta nel 2021 e che fa parte di “Qui e altrove. Manifesti di poesia contemporanea”, una collana diretta da Matteo Vercesi, ideata per ospitare autori contemporanei italiani e stranieri in una veste grafica e tipografica originale.
Biligue (italiano e inglese), intreccia versi originali, con metafore sintetiche e spiazzanti, dove a fare da sfondo è il tempo del COVID-19.
Note
1 - Il Quetzal, un uccello dai dolori spettacolari e tra i più belli della Terra, era considerato sacro dai Maya e dagli Aztechi.
2 - Parussa: ovvero la cinciallegra dal ciuffo che viene detta parussa o parussina in quanto il ciuffo sul capo le dona una parvenza di parrucca.