Adesso io voglio dire una cosa importante ad una mia amica che l’altro giorno ha tentato di distruggere una delle fondamenta della mia infanzia: i formaggini.

Cara amica che lavori alla Bata dopo che hai preso il diploma all’itis commerciale, ma evidentemente per andare a vendere scarpe ti hanno fatto fare un corso di scienze dell’alimentazione, perché ogni volta che ci troviamo mi trapani i maroni con le virtù terapeutiche dell’echinacea e del cardamomo, e poi guai a mangiare una Golia che c’ha i conservanti e i coloranti, e per carità due patatine fritte con un goccino di Aperol, e mamma mia guai ad una crostata all’albicocca, anche se è della Coop, che ci ha il correttore di acidità e il difosfato disodico.

Ma poi l’altro giorno cara amica hai proprio esagerato e i formaggini non me li dovevi toccare perché quelli sono la mia infanzia, perché io sono figlio della mucca Carolina; ma non nel senso che mia mamma si chiamava Carolina ed era un poco vacca, proprio nel senso di quel formaggino che mi regalava gioioso mio papà quando tornava a casa dal lavoro e che mangiavo spalmato sul pane fresco. Ed erano dei momenti bellissimi e buonissimi, quasi sempre dopo le partite di calcio in mezzo al fango ed agli erboni di campi improvvisati e deliranti di vita di urla e di pedate.

E adesso, una volta ogni sei mesi, mi mangio un formaggino della Galbani così, come un’aspirina al formaggio per i raffreddori dell’anima; e tu non mi puoi venire a dire di quanto sia tumorale il polifosfato di sodio, che tra gli altri milioni di cose anche andare a lavorare fa male e lì ci vado tutti i giorni e non ho mai visto cartelli con scritto lavorare nuoce gravemente alla salute. Figurati se nuoce un formaggino ogni tanto.

E insomma tutti questi esperti di salute come te, cara amica che vendi scarpe alla Bata, hanno creato una nuvola di moralismo alimentare, una inquisizione gastronomica che mi viene voglia per dispetto di mangiare tutti i giorni trippa in brodo di cappone. Ma lascia un po’ in pace quel povero bolo di difosfato disodico, e se proprio lo vuoi criticare così in dentro prima abbracciati una laurea in chimica.

E basta anche con il misurarti continuamente le taglie te e le tue amiche; guarda che saresti molto carina anche con mezzo chilo di culo in più, senza strafogarti di frullati di sedano e di insalate col tofu (mamma che depressione). Soprattutto saresti bellissima, a me mi pare, con un paio di chili di ossessioni in meno.

3 risposte

  1. Caro Sandro, la tua è una stupenda presa di posizione in difesa di quanto di meglio fa l’uomo.
    Io la trippa la mangio spesso, in bianco e con il brodo buono di carne. E qualche volta, quando ne avanzo con il suo brodino, il giorno dopo ci aggiungo un po’ di pasta: ‘na goduria. Ma mi piace anche alla parmigiana o alla milanese o alla romana. E con i fagiloli?
    E come mi paicciono le braciole di maiale e la pancetta. E la carne bovina cruda condita con un po’ di limone, il carpaccio?
    Sono stufo anch’io di certe manie che hanno tutta l’aria di rovinare le persone togliendo loro uno dei momenti di più rilassante attività; non se ne può più di vegani e de semense de mejo alla julienne. Si battono per delle ricette, ma mai per una sana, vecchia agricoltura sui campi.
    Grazie caro amico.

  2. io i formaggini me li sbaffo dentro la minestrina… vuoi mettere!
    Comunque nel polesine non è il cibo che uccide ma l’inquinamento. Vedi ti…

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