Proprio oggi che sono andato in lavanderia ad asciugare degli indumenti mi sono incastrato negli occhi neri neri di una morettina molto molto bella che oltre agli occhi aveva bello proprio tutto, anche i capelli a caschetto e anche il corpicino che sotto il giubbotto si intuiva appetitoso e sodo.

Mi sono seduto davanti a lei e mentre il cestello dell’asciugatrice girava e girava i miei pensieri fiorivano come le margherite a primavera, ed erano pensieri molto delicati, alcuni, un po’ tanto meno delicati altri. Soprattutto ho cominciato a farmi un sacco di domande, ad esempio perché questa morettina qua mi piaceva tanto e la biondona appariscente che le stava vicino, con i jeans stretti stretti e lo sguardo azzurro e volitivo non mi muoveva alcun sentire.

Perché quella morettina lì ha proprio aperto subito un rubinetto fecondo dal quale il desiderio sgorgava abbondante e fluido. Ma questo desiderio qua, mi son detto, da dov’è che arriva e com’è che si forma così velocemente, magari viene da dei modelli di bellezza che mi hanno colpito magari quando ero bambino e che si sono intrigati dentro di me e adesso spuntano fuori quando meno te lo aspetti. E poi ho pensato che magari se attaccavo bottone ne nasceva qualcosa e chissà, una storia piena di felicità era lì a portata di mano. O forse anche no, e ne poteva nascere una storia complicata che ti faceva sputare l’anima a tocchetti e poi maledivi il momento in cui era cominciata, cioè proprio questo momento qua in cui è sgorgato il desiderio.

E quindi mi sono chiesto in che misura le storie così di amore e di affetto nascono già costruite da questo momento iniziale oppure si sviluppano dalla somma dei giorni e addirittura dei momenti che vivi uno dopo l’altro, e quindi non c’entra tanto quello che sei e che sei stato perché è quello che vivi che ti ricostruisce e ti fa nuovo giorno dopo giorno.

E non è che pensando a queste cose non la guardassi più, anzi la guardavo sempre, però stando attento a non essere visto perché magari questa si alzava e mi dava due sganassoni. E anche pensavo chissà se lei mi ha notato e in questo notarmi si è fatta un’idea di me, e che idea sarà, quanto corrisponderà al vero, se un vero esiste per ciascuno di noi.

Poi si è aperta la porta ed è entrato un colosso di due metri per due, con lo sguardo che assomigliava a quello di Attila come io me lo immaginavo da bambino. L’ha guardata dritta negli occhi e con un sorriso molto dolce in quel volto da barbaro truce le ha detto: “Hai finito, amore”?

E in quel momento lì tutte le domande psico-filosofiche che mi riempivano piacevolmente sono evaporate, l’asciugatrice ha finito di asciugare e me ne sono andato in fretta, lasciando lì lo scempio d’amore che in 24 minuti e due euro s’era compiuto.

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