Nell’ultimo giorno della Seconda Guerra Mondiale, una ventina di abitanti della zona di Ceregnano vengono rastrellati e fucilati a Villadose da soldati tedeschi. Attorno a questo episodio storico si articola “Presi a caso”, documentario di Alberto Gambato e Laura Fasolin diffuso l’anno scorso.E’ un triste 25 aprile, quello di Villadose. Nella data in cui si celebra la fine del secondo conflitto mondiale e la definitiva caduta dei regimi nazista e fascista, qui si è costretti a commemorare la morte – tragica e assurda – di una ventina di persone di tutte le età, spietatamente rastrellate e passate per le armi da militari nazisti.
Ma, in verità, “Presi a caso” non si limita a ricostruire un episodio, ma riesce ad andare molto più in profondità. Il film prende le mosse fin dai primi fotogrammi da una recita, messa in scena da bambini delle scuole elementari e dalle loro maestre una quindicina di anni fa e provvidenzialmente videoregistrata. Sono loro, i bambini, a portare sul palco la vicenda e le storie dei rastrellati e perfino dei loro aguzzini.
E ancora loro, ormai ventenni, sono le voci interpellate dal documentario, che alterna il loro racconto a quello dei testimoni diretti dell’eccidio, ovviamente anziani. Se questi ultimi hanno vissuto direttamente i fatti storici, gli ex bambini li hanno vissuti sulla propria pelle di bambini, calandosi nei panni dei protagonisti.
Una scelta azzeccatissima e fortunata, che trasforma “Presi a caso” da semplice documentario di due bravi autori su un fatto storico a qualcosa di più profondo e sfaccettato: l’esplorazione di una comunità che mantiene viva la memoria di ciò che è accaduto, portando la storia nelle cose della vita quotidiana, aiutando i ragazzini a conoscere ciò che è stato senza sermoni, ma mettendosi nei panni degli altri.
Gli ex bambini cresciuti e le loro maestre, gli anziani testimoni dell’eccidio, gli storici e gli esperti: la regia tiene assieme tutto questo con grande abilità. E oltre che essere ben pensato e ben confezionato, “Presi a caso” ottiene un altro risultato: riesce ad essere emozionante. Cosa per nulla scontata in un documentario storico. Forse il merito va riconosciuto anche e soprattutto alla comunità in cui è ambientato, di cui si percepisce la passione e l’impegno per conservare qualcosa di più della semplice memoria: la consapevolezza che i fatti della storia ci riguardano ancora oggi.

Sweet Home Rovigo
Francesco Casoni, classe 1980, rodigino prima per accidente del destino e poi per ostinazione. Giornalista pubblicista, disegnatore, conduttore radiofonico, musicista (di scarso talento), scrittore, progettista, formatore, informatico autodidatta, cuoco, papà e dilettante in molti altri campi.
E’ autore dei romanzi “Le mille verità” (2017) e “I giorni delle cicale” (2021).