Siamo a sette, e tocca a Margherita Ferri. Stiamo parlando di giovani registi italiani. Se non ve ne siete ancora accorti è la nostra esperta, Elena Cardillo, che ci sta facendo scoprire perle nascoste e (forse, chi lo sa) futuri premi Oscar. Se volete, le altre sei puntate sono nel nostro archivio. Adesso non perdetevi questa delizia di scrittura che spiega e racconta di Margherita Ferri.

Non so se resterà lì, come la rosa del deserto.
Un sedimento che si forma nelle zone calde e secche del Sahara (per via del vento, delle temperature e dell’acqua nelle falde profonde) e cresce prendendo la foggia di un fiore. Luccica un po’, ha una tinta che sembra diluirsi nei colori caldi e tenui del deserto, variando dal tono dorato della sabbia a un arancio più vivo ma sempre timido. È fatta di cristalli di gesso e riesce a fissare nella sua infiorescenza la bellezza.

Margherita Ferri e il suo Zen sul ghiaccio sottile sembra questo piccolo miracolo dell’arsura.
È vero che la rosa del deserto è inanimata e non cresce, se non ad una lentezza impercettibile e solo se lasciata nel suo ambiente naturale. Tolta da lì, entra nel commercio, e diventa un soprammobile per lo più nelle case dei turisti. Un pezzo unico dentro il mobile della cristalleria o sul comò.
Ecco, spero che non resti lì, sopra un mobile il talento di questa regista.

Una linea sottile e costante

Zen sul ghiaccio sottile è l’opera prima e per ora unica in fatto di lungometraggi di Margherita Ferri, presentata nel 2018 alla Mostra del Cinema di Venezia e realizzata all’interno di Biennale College. Un progetto che la Biennale di Venezia sviluppa ormai da alcuni anni e finanzia giovani registi esordienti nella produzione di opere prime.
Il film è stato presentato anche alla Festa del Cinema di Roma, sempre nel 2018, e candidato come miglior opera prima ai Nastri d’argento 2019.
Di più, il soggetto scritto da Margherita Ferri, Dolomite Zen, aveva ricevuto una menzione speciale al Premio Solinas Storie per il Cinema nel 2013.
Prima di questo film, nel 2017, la regista ha girato Odio il rosa! un cortometraggio.

Maia, detta Zen

Lei ha sedici anni. È solitaria, ombrosa, schiva. Vive sull’Appennino Emiliano e gioca nella squadra di hockey del paese, unica ragazza del team. Il gruppo la bullizza e la tiene ai margini, perché è una femmina che si atteggia a maschio. Zen resiste, fa scorza ma è disorientata.
Non è che fuori dalla squadra vada meglio. Perché Zen è alla ricerca della sua identità di genere. Quando incontra Vanessa, che è scappata di casa ed è andata a rifugiarsi nel capanno in montagna della madre di Maia, inizia un vero percorso di scoperta e conquista di sé.
Ci sono in Zen tutti i turbamenti della sua età e il disorientamento nel desiderare qualcuno del suo stesso segno.

Il famigerato genere ci insegue e ci determina. Sentire che le regole non sono affatto fissate una volta per tutte e che una necessità interna preme e vuole prendere la sua direzione, fa paura a sedici anni.
E poi c’è quel paesaggio duro e brusco tutto intorno, a rendere ogni cosa ancora più difficile e allo stesso tempo magnifica.

Margherita Ferri lo dice bene nelle note di regia al film: “Ho cercato di raccontare la storia di Maia giustapponendo le sue emozioni al paesaggio dell’Appennino Emiliano, bellissimo e dimenticato. Ho voluto esplorare la relazione tra la produzione del paesaggio e l’identità di chi vive quei territori, lavorando sull’idea di paesaggio emotivo: uno strumento per stimolare lo spettatore visivamente e accompagnarlo nella dimensione più profonda dei personaggi”.

C’è in questa storia di crescita e di scoperta una specie di solco, una linea che traccia un doppio sentire fatto di rabbia e dolcezza. Zen è come la pelle di un camaleonte, sensibile oltre misura alla luce e dura, coriacea nel sopportare ogni sollecitazione che le passa sopra.
La regista racconta bene la difficoltà di un’adolescente a stare nel mondo. Il film respira e ha il ritmo dei pensieri e degli scatti di Zen, della sua inquietudine e del suo smarrimento.
Una regia che spero di vedere ancora.

E poi c’è la rosa di Gerico

Dopo Zen sul ghiaccio sottile Margherita Ferri ha collaborato alla sceneggiatura per il film The Nest – Il nido (2019) di Roberto de Feo.
C’è un’altra rosa che cresce nelle zone desertiche, quella di Gerico.
Non è un cristallo ma una pianta. A differenza di quella minerale, questa rosa è viva. Si anima nelle pur brevi stagioni delle piogge, mette radici a terra e fiorisce di bellezza.

È forte e presente a se stessa perché, con l’arrivo della siccità, si chiude e secca. Sembra morta ma non lo è. Le fronde ripiegate come artigli proteggono i semi, il vento la sradica e lei rotola e rimbalza ovunque, ma non muore.
Viaggia e aspetta.

Quando arrivano le nuove piogge, l’acqua penetra, risveglia la linfa e, trovando nuove radici, la rosa di Gerico fiorisce.
Speriamo arrivi un po’ di pioggia.

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