Abbiamo lasciato da qualche giorno la Bulgaria, dove Alessia Babetto ha riempito le pagine del suo “Diario da Sofia”. Ci ha raccontato l’esperienza della musica dentro una grande orchestra, e ci ha portato in giro per la città e nei dintorni. Ora, tornata a casa, ci accompagna in un nuovo viaggio, senza prendere aerei, treni o navi. Eppure, ci porta lontano, nell’universo immenso e policromo della musica. Lo fa, Alessia, raccontandoci sei compositori, sei “Profili musicali” tratteggiati con la sapienza del mestiere, lei è flautista, e con lo sguardo fresco e curioso di chi esplora il mondo e lo stende sulle pagine. Nessuno dei musicisti che scopriremo è scontato. Tutti ci porteranno dentro un modo di fare musica vibrante, sfumato, unico. Prima però, osserviamo com’è fatta un’orchestra, un dettaglio importante, perché da lì, ci dice Alessia, escono i suoni della terra.

Cari lettori, sono felice di essere ancora con voi e aprire una nuova rubrica, formata, come la precedente, da sei puntate che vogliono questa volta però aprir le porte ad alcune personalità della musica non troppo menzionate, ma a mio avviso geniali, che meritano quindi di essere rispolverate di luce nuova. Perché ciascuno di voi lo sa: la cosa più preziosa che possa avere l’uomo su questa terra non si tocca e non si possiede, ma si custodisce, e sono i ricordi, e riportare alla luce qualcosa che è stato fatto da noi uomini, è il solo modo per renderlo eterno.

Prima di partire con il primo autore che ho deciso di sottoporvi, però, voglio descrivervi come è organizzata un’orchestra sinfonica, poiché ogni compositore, come d’altronde qualsivoglia pittore prima di dipingere osserverà la gamma di colori o pennelli a sua disposizione, anch’esso dovrà conoscere le potenzialità e l’organizzazione di quella meravigliosa giostra di suoni che è una orchestra. Facciamo quindi un passo indietro, e osserviamo l’etimologia di questa parola: il termine deriva dal greco orkhḗstra, lo “spazio per le evoluzioni del coro”, ovvero il luogo in cui si svolgeva lo spettacolo teatrale. Nell’antichità lo spazio riservato all’orchestra era la cavea, l’antenato della buca, davanti al palcoscenico. Come istituzione l’orchestra è nata in Europa tra il XVII e il XVIII secolo, diffondendosi poi nelle altre parti del mondo.

Ma cos’è e come è organizzata un’orchestra? Non è altro che l’insieme di più strumenti, disposti secondo un ordine prefissato, che può essere di due tipi: quello americano o quello tedesco. Inizierò descrivendovi quello alla maniera americana: ponendovi di fronte ad un’orchestra vedrete immediatamente al centro il direttore, il quale vi dà le spalle, perché è colui che conduce quel grande amplesso di musicisti elegantemente vestiti di nero, quasi a volersi celare per non focalizzare l’attenzione dell’ascoltatore nell’osservare le loro figure, ma piuttosto per consentire al pubblico di lasciarsi sopraffare dalle proprie orecchie.

Disposti a raggiera tutto intorno al direttore vi sono gli strumenti ad arco: partendo da sinistra potete vedere i violini primi, così denominati per distinguerli dai secondi, che si trovano subito dopo, le viole e i violoncelli. Dietro a questi ultimi i contrabbassi. All’inizio di un concerto, quando il direttore fa il suo ingresso sul palcoscenico, tutta l’orchestra si alza in piedi in segno di rispetto e quest’ultimo stringe la mano al violinista più esterno all’orchestra, colui che detiene un ruolo predominante all’interno della sezione dei violini primi, quello che comunemente prende il nome di “spalla” e che guida tutta la sezione o che, talvolta, esegue dei soli.

Dietro agli archi ci sono i fiati (finalmente eh), in numero nettamente ridotto rispetto agli archi poiché di ogni categoria vi sono solo un primo e un secondo strumento, che eseguono solisticamente le parti. Disposti sopra a dei gradini, partendo da sinistra troverete i flauti, generalmente due o tre, poiché a volte il secondo flauto può suonare anche l’ottavino, chiamato “piccolo”, quel flauto nero perché costruito con il legno, di dimensioni molto ridotte e che vi consiglio di ascoltare a una distanza ragionevole, perché è lo strumento più acuto dell’orchestra.

Dopo i flauti, procedendo verso destra ci sono gli oboi e il corno inglese, dietro ai flauti, su un gradino più alto, i corni e clarinetti, poi fagotti e controfagotti. L’ultima fila è costituita dalle percussioni, timpani e poi ancora trombe, tromboni e tuba. Se il brano lo richiede, possono far parte dell’orchestra anche l’arpa, il pianoforte, la celesta e l’organo. Nella formazione tedesca invece i primi e i secondi violini siedono di fronte, i contrabbassi dietro ai primi violini, le viole accanto ai secondi violini e i violoncelli al centro.

Ma cos’è, davvero, l’orchestra? Non è forse la rappresentazione in musica della varietà di timbri e di caratteri che si possono riscontrare nei suoni della terra? E non è forse questa immensa varietà che determina la realtà tutta? E ritrovarsi là, seduti e di nero vestiti, uguali ma tutti diversi, circondati dalla musica e trasportati dalle emozioni che questa fa scaturire, vi assicuro essere una delle esperienze più belle che io abbia mai potuto provare.

Ora vi lascio ma non dimenticatevi di ritornare qui, fra una settimana, per scoprire quale sarà il primo autore del quale mi occuperò.

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