Viviamo in una società stupida. Il capitalismo è intrinsecamente stupido, prima ancora che ingiusto e insostenibile per l’ambiente. Pensare di costruire un mondo sul dogma della moltiplicazione insensata dei beni di consumo, sullo sfruttamento del lavoro, sul depauperamento delle risorse e sull’accumulazione compulsiva non è intelligente, anzi è intellettualmente offensivo: l’uomo è qualcosa di più del suo guardaroba, del suo parco auto e dello sfondo ammiccante dei suoi selfies. Non so se ci sia effettivamente un disegno globale per trasformarci in soggetti passivi privi di diritti, ma il risultato è quello.

Non abbiamo ideali, non abbiamo il fiato emotivo per sostenerli. Non abbiamo il coraggio e neppure l’orgoglio per concepire la rinuncia a qualcosa in funzione di un obiettivo, per desiderare la sobrietà, per liberarci dalla convenzione dell’inutile. Dobbiamo rispettare gli altri a prescindere, come vuole l’ipocrisia politically correct, ma non possiamo certo abdicare a noi stessi, alle nostre idee, alla società che vorremmo per noi e per i nostri figli.

Sono deluso. Vedo una personalizzazione estrema della politica, ideali e ideologie sono passati in secondo piano, vincono candidati senza retroterra culturale, creati a tavolino con tanto di fondo tinta per piacere ai telespettatori, affabulatori abili, inutili e vuoti come una domenica pomeriggio. Ci sono migliaia di persone, in perfetta buona fede, che pensano di “impegnarsi” politicamente perché si limitano a condividere sui social le ovvietà del maitre a penser che idolatrano. Non esprimono nulla di personale, forse non ne sono più capaci, l’abitudine al precotto li ha condizionati anche nel cervello, c’è già qualcuno che pensa per loro. Diffondono il verbo convinti di affermare sé stessi, senza rendersi conto che nella realtà si annullano. Penso al mio Polesine, che amo, e lo vorrei vedere felice. Immagino un’agricoltura sostenibile e non i latifondi coperti da fanghi tossici, vorrei un fiume Po pulito, reso navigabile e nuovamente ricco di specie ittiche autoctone. Vorrei che rifiorissero le attività artigianali che creano ricchezza e occupazione, non le acciaierie schizofreniche o le centrali elettriche che fanno ammalare. Vorrei un Parco del Delta degno di questo nome, qualcosa di cui andare fieri e non un carrozzone scandaloso che non ha fatto progredire questo progetto neppure di un millimetro. Penso ad amministratori pubblici che desiderano il bene comune, che include il proprio benessere come conseguenza e non viceversa. Serve coraggio, servono ideali e obiettivi a lungo termine, ma soprattutto serve la volontà di contare, di decidere del proprio futuro senza accontentarsi della ricetta stupida proposta da quella politica che in quarant’anni non ha saputo e forse neppure voluto far uscire la nostra terra dal sottosviluppo. Siamo terzo mondo e dobbiamo ragionare di conseguenza: mai come ora c’è stato bisogno di socialismo.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.