“L’economia finanziaria distrugge le relazioni, ma non c’è umanità senza relazione”. Si è conclusa a Salvaterra la nuova edizione del “Festival dei Popoli”.
La storica manifestazione, promossa dal Centro Documentazione Polesano e dedicata come sempre ai temi della pace, dei diritti e della convivenza tra le culture, anche quest’anno si è tenuta nella significativa sede della Casa della Legalità di Salvaterra.
Una settimana di eventi, nella frazione di Badia Polesine, tra incontri, rappresentazioni teatrali, proiezioni di film e concerti, per riflettere sull’umanità in un mondo ormai globalizzato, che tuttavia vede le frontiere sempre più chiuse agli esseri umani. Proprio al tema del festival, “Essere popolo nell’impero globalizzato”, è stato dedicato l’evento finale, ancora una volta con la partecipazione di Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale Permanente dei Popoli, amico di lunga data del festival. Non c’è umanità senza relazione, ha spiegato, e ciò che la distrugge è soprattutto l’economia finanziaria che scarta l’umanità in favore del mercato globale: una globalizzazione che uccide, annienta l’umanità. Il segno di speranza è saper pensare, riflettere, camminare insieme verso un futuro migliore.
Anche la cultura può liberare le persone, come ha voluto mostrare l’artista Thierry Parmentier, nella serata di apertura dell’8 luglio. Nel suo spettacolo “Caccia alla luce” ha portato sulla scena alcuni detenuti di Vicenza, rendendo il teatro uno spazio di confronto, riflessione sulle proprie scelte e sulla possibilità di cambiare, redimersi, diventare altro.
Il linguaggio del teatro è quello scelto anche dall’italo-argentino Norberto Presta, che ha portato al festival il suo “Frammenti di vite condivise”, un viaggio lungo il tema dell’identità, costellato di molte storie. Un messaggio di grande attualità, spiega il presidente del Cdp, Remo Agnoletto, “specialmente al giorno d’oggi in cui la maggior parte degli individui, non avendo o avendo perso consapevolezza di sè, di conseguenza non riconosce l’individualità e l’identità dell’altro, non lo rispetta, anzi lo ignora”.
Nella terza serata si è invece parlato della tragica situazione della Siria, con la scrittrice e giornalista Asmae Dachan, che ha ripercorso sette anni di guerra nel suo paese d’origine, che vede il popolo siriano oppresso da una guerra legata ad interessi di parte, spesso esterni, che lasciano le popolazioni in balia degli eventi. Al Kurdistan è stato dedicato l’incontro successivo, con il regista Luigi D’Alife a presentare il suo documentario “Binxet – Sotto il confine”: un viaggio lungo la frontiera turco-curda, fatta di quasi mille chilometri di muri e fili spinati, per mostrare la tragedia del popolo kurdo e come la Turchia sfrutti miliardi di euro stanziati dall’Europa per gestire i profughi siriani per militarizzare invece questa frontiera.
La giornalista e scrittrice Anna Pozzi ha riportato l’attenzione sulla schiavitù, termine che evoca un passato lontano, ma che rivela invece una piaga contemporanea: la schiavitù delle donne, in particolare la tratta delle donne africane portate in Italia a prostituirsi. Sono 11.000 le donne nigeriane arrivate in Italia nel 2017 e la domanda in Italia di prostituzione cresce sempre di più. Pozzi ha ricordato, però, le buone esperienze per il recupero di queste prostitute, come “La Casa di Rut” a Caserta gestita da suore di un ordine vicentino.
L’educatore Raffaele Mantegazza ha invece commentato e riflettuto, in modo estremamente laico e profondo “Il cantico delle creature” di San Francesco D’Assisi, proponendone una lettura che educa al positivo sia nei riguardi della vita, sia nei riguardi della morte.
Nel weekend la conclusione del festival è stata affidata, il sabato, alla musica dei Safar Mazì, quartetto di musicisti di varie provenienze, che ha mescolato i ritmi greci, turchi, arabi, slavi, dando la speranza che la musica sappia unire popoli diversi e far immaginare un mondo dove l’umanità possa vincere su ogni guerra. A Tognoni, infine, la conclusione di domenica.
“Credo sia stato un grande Festival, che ha messo in evidenza il concetto di popolo – commenta Agnoletto -. E’ di fondamentale importanza riflettere su temi attuali, legati al nostro vivere quotidiano”.
Il Cdp, con il festival, è impegnato da 35 anni a proporre uno spazio di riflessione su temi come le migrazioni, i camminanti, i disagiati, la precarietà, le ingiustizie. Per tutto l’anno, l’associazione propone incontri con persone sensibili, informate, interessate a questi temi. Da alcuni anni la sede delle attività è la Casa della cultura e della legalità, un bene confiscato alla criminalità organizzata a Salvaterra e intitolato al carabiniere polesano Silvano Franzolin, vittima di una strage mafiosa.

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