Si chiude domani la mostra “Meraviglie dello stato di Chu” ad Adria e parallelamente a Este e Venezia. Il racconto della visita di Cristina Sartorello. 

In chiusura la mostra “Meraviglie dello stato di Chu“, alla scoperta dell’antica Cina, dislocata nelle tre sedi nei musei Archeologico Nazionale di Adria, di Este e nel Museo d’Arte Orientale di Ca’ Pesaro a Venezia.

Abbiamo incontrato “L’Arte della Guerra” ad Adria, mentre nel Museo Atestino troviamo “I suoni del Fiume Azzurro”, dalla provincia di Hubei, della capitale Wuhan e degli scavi archeologici delle tombe, dalle quali provengono i reperti esposti nella mostra.

Legno e lacca erano le materie predilette dagli artigiani dello stato di Chu, (uno degli stati combattenti), ne conoscevano i segreti ed il processo di lavorazione, sviluppando un’arte millenaria che giunge a noi grazie a reperti conservatisi in modo eccezionale, grazie al terreno particolarmente umido ed in parte sommerso.

La scrittura calligrafica cinese non è alfabetica ma è costituita da caratteri indipendenti, più di 500.000; alcuni di questi caratteri sono il disegno stilizzato di un oggetto, altri sono ideogrammi, cioè rappresentano e descrivono un concetto. La caratteristica più originale di questo sistema di scrittura è che la lingua scritta risulta dalla lingua parlata; I caratteri possono anche essere pronunciati diversamente, ma mantengono comunque il loro significato proprio come accade per i numeri “arabi”.

Di antichissime origini come prova uno dei gusci di tartaruga ritrovati ad Anyang provingia dell’Henan (1300/1000 a.C.) su cui sono state inscritte invocazioni ad un oracolo divino, si sono ritrovati diversi testi su oggetti in bronzo, tessuti di seta, supporti di pietra o di bambù e monete durante il Periodo degli Stati Combattenti (475 -221 a.C.)
Si ha la certezza che fosse già in uso l’insegnamento della scrittura rivolto a diverse classi della società e che fosse già praticata grazie al ritrovamento nei corredi funerari anche di pennelli realizzati in vari materiali e dimensioni.
Calamaio, inchiostro e pennello sono gli strumenti che fanno della calligrafia cinese una vera e propria arte, che pur attingendo le sue radici alla storia pre-imperiale, è di grande attualità. meraviglie-chu-este-3

Nell’antica Cina “Il Culto degli Antenati” prevedeva che le tombe dei Padri fossero custodite dai clan con doni preziosi e manifatti dal valore simbolico. Ecco quindi il Contenitore rituale per il cibo detto Zhan, in bronzo finemente lavorato, impreziosito da figure di serpenti, foglie di banano, nuvole e tuoni, quello per il vino detto Zun, in legno laccato servito in occasioni più che speciali, il Contenitore rituale per cottura detto Yan, composto da due parti in bronzo, decorate ad incisione, proprio come una pentola a vapore moderna.

Ed infine il Contenitore rituale per l’acqua detto Yi, realizzato in bronzo, ideale per occasioni rituali, dalla tipica forma ovale, si accompagnava sempre con un piatto che raccoglieva l’acqua versata, si usava nel corso di una cerimonia nella quale gli anziani lavavano ed asciugavano le mani ai più giovani.
Poteva essere anche in argilla, contenere grandi quantità di acqua ed essere utilizzato come secchio, grazie alle due prese a forma di anello, oppure un bacile a due manici in bronzo, decorato con disegni di draghi e nuvole, con la Fenice al centro del contenitore, riprodotta evidenziando ogni dettaglio, soprattutto delle piume.
Il mito legato a questo animale fantastico appartiene alla più antica tradizione dello Stato di Chu, dove la musica aveva un significato profondo e spirituale: dalla perfetta esecuzione di un’armonia si faceva derivare il delicato equilibrio tra il cielo e la terra e si esprimeva la natura della materia.

Le note scandivano cerimonie e fasi della vita, dando un valore al suono così importante da volerlo portare con sé anche dopo la morte.
L’idea che i toni musicali, siano essi di cinque note come nei periodi più antichi o piuttosto di dodici note, come nel Periodo degli Stati combattenti, incarnino ed esprimano la natura basilare della materia e delle sue trasformazioni, fece la sua prima apparizione in testi filosofici cinesi intorno al 300 a.C. a prova del significato e del valore che la Musica rappresentava nella cultura dello stato di Chu, alla pari con l’Astronomia, la Cosmologia e l’Astrologia.

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Gli strumenti musicali che gli scavi archeologici hanno restituito nel corredo funerario di singole tombe erano parti di grandi orchestre: i singoli suoni e le melodie studiate dai ricercatori cinesi rivivono ancor oggi grazie alla ricostruzione sperimentale degli strumenti e delle musiche e sono ancora apprezzate per la loro armonia celestiale.
Nella mostra sono esposti tre strumenti musicali: il primo detto SE si interpreta come una sorta di arpa-cetra da tavolo a 23 corde, di legno e lacca che ne fanno un oggetto estremamente elegante, ma anche per questo di fragile conservazione.

Poi troviamo uno strumento musicale dotato di un foro centrale per essere appeso, veniva utilizzato come una sorta di campana; realizzato in diaspro, era decorato su entrambe le facce con incisioni policrome ed una sottile linea d’oro. Insieme ad altri 23 pezzi simili posti in parallelo e sospesi per poter essere percosso con due bacchette, componeva lo strumento detto blanquing.
Il terzo strumento musicale detto YONG, è una sorta di campana decorata finemente, dal suono armonicamente coordinato con quello di altre trentatre campane, simili per forma ma non per misura, che andavano a comporre uno strumento a più voci, dall’incredibile effetto sonoro.

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Nell’ultima sezione della mostra troviamo un’Armatura e copricapo forse da difesa, ma certamente perfetti per la parata militare, venivano indossati da chi esercitava l’Arte della Guerra; le tre parti della della corazza sono composte da placche in cuoio pressato laccato, tra loro ben cucite da fili di seta, di cui si evidenzia la complessità della trama, materiali resistenti all’uso della guerra, del tempo,e alla giacitura sotto terra e che hanno conservato consistenza e vivezza eccezionali, anche nei colori

“Così è dunque, la guerra, essa si fonda sull’inganno, è mossa dal profitto ed è soggetta a variabili definite dal continuo frammentarsi e ricomporsi armonico delle forze”; così è scritto nell’antico libro dell’Arte della Guerra.
La raffinatezza che nello stato di Chu si coltivava in ogni arte raggiunge qui un’altezza ineguagliabile, che difficilmente trova paragoni contemporanei nel mondo occidentale.

Un mostra bellissima con approfondimenti interattivi, che ti porta in un mondo antichissimo, poco conosciuto, degno di essere scoperto, culla di una civiltà millenaria, da cui sono derivati altri stati e riti compreso quello dei Samurai.

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