Con Il Flauto Magico di Mozart, si è aperta al Teatro Sociale la stagione lirica. A Rovigo il bel canto è una tradizione radicata: qui hanno debuttato Gigli e la Callas.

Si è aperta venerdì 4 novembre 2016 al Teatro Sociale di Rovigo la 201 esima stagione lirica, con Die Zauberflote (Il Flauto Magico) di W. A. Mozart, presentata all’Antico Coghetto con l’evento “Una città che canta”, a cura di Milena Dolcetto, musicista e giornalista e di Sergio Garbato, critico musicale.

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Si inizia a parlare di musica nel primo periodo austriaco, con un movimento di dissidenza in termini culturali attraverso l’arte, e la tradizione è impostata su quattro teatri in provincia, che sono privati e non pubblici: Rovigo, Lendinara, Adria e Badia Polesine.

Il teatro di Badia viene fatto nel 1815 ed è rimasto quello che era, mentre ad Adria è la cantante Malanotte quella che inaugura il teatro; lo scrittore Stendhal, pseudonimo di Marie Herri Beyle, descrive un suo arrivo a Rovigo nel 1816, dove vede un’opera con la cantante Lipperini, e questo è un evento inventato, in quanto verrà anni dopo ed il fatto che lui usi Rovigo è una forma di dissidenza in termini culturali.

Il teatro è il posto dove farsi vedere, acconciarsi ed apparire nella società di paese o di città; i benestanti comperando il palco per la stagione ne pagavano le spese di gestione.

L’altra linea tradizionale è quella dei cantanti polesani, circa 60 dal 1920, di cui una ventina hanno avuto successo come Florindo Andreoli, Luisa Malagrida, Elena Rizzieri e Rina Malatrasi, compagne di studi a Venezia, poi Rosetta Izzo, Nello Romanato ed altri ancora.

Tra le cantanti polesane attuali ricordiamo Katia Ricciarelli, e le più giovani Silvia Frigato, Marina De Liso, Silvia Regazzo, mezze soprano che cantano anche all’estero opere barocche e di Vivaldi, che non fanno parte della tradizione del Teatro Sociale.

Parlando di questo teatro è impossibile dimenticare il regista e scenografo Gabbris Ferrari, che tanto ha lavorato per la sua città ed il Maestro Rigolin, bravissimo a dirigere un coro di dilettanti che cantava stando davanti, perché le scene erano costruite sul palcoscenico ed il coro si doveva posizionare così ed il suo direttore lo dirigeva urlando.

Il coro aveva disdegno delle comparse che erano studenti e tra gli uni e gli altri spesso c’erano dei dispetti, come legarsi tra lo i lacci delle scarpe, così al minimo movimento durante lo spettacolo qualcuno cadeva, sollevando risate generali.

A Rovigo hanno debuttato dei grandi cantanti come Beniamino Gigli, che all’età di 24 anni, nel 1914, racconta: “Mi rivedo ancora nell’umile camerino con il cuore in gola mentre chiedo ad un amico una tazza di caffè, perché la voce non c’è più. Mi chiamano ed esco sulla scena come un sonnambulo ed il canto mi fluisce lieve e così la mia voce cullata dall’orchestra”, ed ogni volta si ripete questa favolosa alchimia.

Gigli andava a pensione in una piccola via della città vicino al ghetto e lì ebbe una lunga relazione con una signora a cui regalava sempre cioccolatini, e lei conservò fino alla sua morte incarti e nastri e la nipote trovò in un armadio i ricordi della parente e del famoso cantante.

Ci sono altri due debutti importanti a Rovigo: Riccardo Strecciani e poi Renata Tebaldi nel marzo del 1944 con Andrea Chenier di Umberto Giordano, e poi c è un debutto della Callas nel 1948 in cui la Tebaldi le dice “Brava” mentre la sta ascoltando.

La Callas ha debuttato a Verona e viene a Rovigo chiamata da Dino Stefani, che la sente e le manda un mazzo di fiori ogni settimana, pur avendo una semplice lavanderia. Grazie alla sua insistenza, Maria viene nel 1948 al Teatro Sociale con un’Aida memorabile, in cui la Tebaldi fa il tifo per lei.

Io dovevo ancora nascere, però l’avrei adorata come ho fatto da grande e per me rimane la migliore cantante in assoluto; anni dopo la Tebaldi canta a New York e la Callas le ricambia il favore, quindi la rivalità tra le due cantanti è molto giornalistica e poco reale.

Rovigo è diventato teatro di tradizione negli anni ’50. Prima si andava dagli impresari, però da 200 anni ha sempre prodotto lirica, costruendo in casa, e la tradizione si è rassodata con i fedeli loggionisti, che fischiavano quando non trovavano un cantante di loro gradimento e continua ancora ora quando vengono dei melomani da fuori provincia, anche da lontano e fremono nel sentire un acuto mal riuscito.

Dal 1927, per 6-7 anni, il teatro diventa un cinema, perché il padrone era titolare delle altre sale cinematografiche e faceva lì una stagione ridotta ed il tempo rimanente il luogo era adibito a cinema.

Dopo l’incendio dei primi ‘900, in cui il teatro va a fuoco perché fatto bruciare, per il desiderio di successo dell’allora comandante dei vigili del fuoco, tranne l’atrio e l’ingresso con la scala, viene ricostruito tra il 1902 ed il 1904 dall’ingegner Donghi, docente al Politecnico a Milano, che usa qui per la prima volta il cemento armato, con problemi per l’acustica, che vengono poi risolti.

Nel 1904 per l’Inaugurazione Mascagni dirigerà la sua opera Iris. L’ingegner Donghi si è inventato una piscina d’acqua di circa dieci centimetri, larga come tutta il golfo mistico dell’orchestra, che funziona da cassa di risonanza per l’acustica del teatro, ed è presente in pochi teatri, inoltre ai lati del sipario in alto dove ci sono due teste simili ai talamoni mitologici, ci sono due grosse cisterne d’acqua, collegate ad un sipario Niagara, da utilizzare in caso di incendio.

La terza particolarità del teatro studiata da Donghi sono le scale che scendono dal loggione e non si incontrano tra loro a destra e sinistra o partendo dal ridotto, fatte così nei primi del ‘900 per motivi di sicurezza.

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Questi ed altri aneddoti mi sono stati raccontati da Milena e Sergio, che come due prestigiatori estraevano dal cappello magico storie e racconti su Rovigo ed il suo teatro, tratte da vecchi giornali o microfilm, conservati all’Accademia dei Concordi, nell’atmosfera ovattata dell’Antico Coghetto, con appese alle pareti le belle foto di Nicola Boschetti, di balletti e spettacoli teatrali al Sociale.

A seguire la presentazione della stagione lirica: Flauto Magico, Rigoletto, La Boheme e Manon Lescaut, poi “L’altra voce del canto”, in collaborazione con il jazz club, la stagione di Prosa, ed il Teatroragazzi.

Il Flauto Magico ha incantato per l’incontro tra una musica accattivante ed una bella scenografia moderna con una buona vocalità e recitazione, con un giusto equilibrio tra l’antico ed il presente, con un cast di cantanti internazionali, giovani e bravi e l’ Orchestra di Padova e del Veneto.

Per informazioni: teatrosociale@comune.rovigo.it – tel. 0425 25614

Foto: Nicola Boschetti (Il Flauto Magico); Cristina Sartorello (presentazione della stagione). 

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