Abbiamo lasciato Venezia alle luci dell’alba, un anno fa.
Rischiarata dal giorno, la città mostra le sue suppellettili di vita e di arte sottosopra, sommerse e piene di silenzio.
Ecco la seconda parte del diario della fotografa Maria Elisa Chiorboli sull’acqua granda del novembre 2019.

Sabato 16 novembre 2019 – Le acque si sono ritirate ed hanno lasciato una tregua. In un cortile angusto, nel buio del tardo pomeriggio, si lavora ancora senza sosta. Un giovane adolescente spinge con forza una carriola piena di macerie facendosi spazio fra la gente, per la maggior parte turisti e curiosi che intralciano la calle stretta. C’è fretta perché nella notte è attesa un’altra marea che porterà via tutto, definitivamente.

Nell’oscurità del cortile, luci fioche e cassette piene di libri fradici. La voce di una giovane donna implora disperatamente “salvate i libri dall’acqua alta!” Un appello accorato, come un eco tra le mura dei palazzi, in cerca d’aiuto da chiunque possa essere disponibile.

Centinaia di libri donati ai passanti pur di non abbandonarli alla nuova ondata che li avrebbe inesorabilmente condannati alla discarica. Alcuni, talmente impaccati dall’acqua salsa, che non si riesce nemmeno a girare le pagine. A toccarli lasciano il salso sulle mani e sanno di mare.

Nella frenesia e con il sudore alla fronte il lavoro continua. Impressionante la quantità e il volume dei sacchi neri caricati nella barca della Veritas, destinati a diventar macerie.

A Sant’Elena i danni sono evidenti, anche se i vaporetti spinti fin sopra i ponti in Riva degli Schiavoni sono stati rimossi. La vista spezza il cuore e si rimane ammutoliti davanti alla furia di questi eventi eccezionali.

Eppure, la sensazione è che la vita sta proseguendo. Nei volti dei veneziani traspare la determinazione; si usa qualsiasi cosa per sbarrare le aperture e impedire all’acqua di entrare nuovamente. Non c’è tempo da perdere, le pompe sono sempre in azione, si provvede ad alzare e a chiudere dove si può.

Camminando per le calli, ciò che davvero impressiona è il fragore delle porte che vengono sbattute nel silenzio avvolgente, come se una chiusura aggressiva potesse aiutare a respingere l’acqua.  Mentre i nostri passi si affrettano verso Santa Lucia, il rumore dei tacchi risuona nel vuoto e i veneziani aspettano la nuova piena chiusi nelle loro case.

Domenica 17 novembre 2019 – Durante la notte, la marea ha invaso la città. Alle due del primo pomeriggio il livello si è leggermente abbassato, ma al Ponte degli Scalzi vi sono ancora almeno 30 cm d’acqua. Si deve camminare lentamente per non rischiare che l’onda entri negli stivali e rimaner bagnati per l’intera giornata.

Si avanza cauti, a fatica, facendosi strada nell’acqua e ponendo attenzione dove si appoggiano i piedi per non finire in canale. Talvolta, non si scorge la pavimentazione e non si capisce dove sia il limite delle piattaforme di legno usate per gli ormeggi.

La sensazione è quella di una città che vive dentro l’acqua, in un mondo fluido dove ogni cosa nasce dall’acqua e ad essa appartiene. 

Nella seppur ridotta folla dei turisti, i veneziani non han tempo da perdere e si affaccendano silenziosi, armati di pompe, secchi e ramazze. Nei negozi ancora invasi dall’acqua si mettono in sicurezza le parti elettriche dei vari dispositivi e si continua a servire i clienti, indossando gli stivali nell’umidità totale, che a lungo andare penetra fino alle ossa.

Venezia, città anfibia, continua la sua vita, si difende orgogliosamente e sfida l’avversità.

Nella memoria degli annali entreranno anche gli sforzi generosi dei volontari che spontaneamente sono accorsi in aiuto per salvare il salvabile e ripulire la città. Li hanno chiamati angeli e come tali rimarranno nelle pagine di cronaca di questi giorni indimenticabili.

Angeli, giovani e meno giovani, che accorsi all’appello dei social, hanno dato un contributo essenziale. Forse non avranno volto, ma di certo con le loro mani si son presi cura di Venezia ferita, con amore ed abnegazione.

A Rialto si scorge il ponte, tutto il resto si riflette sull’acqua, come se ogni cosa volesse far trasparire la propria anima liquida, che fluttuante si disperde sulle acque del Canal Grande e poi lentamente scivola in laguna, come in un anelito di ritorno alle origini.

Venezia, la cui storia è indissolubilmente legata all’acqua, che l’ha resa unica ed invincibile per secoli, rivela la fragilità della sua bellezza austera. 

I segni della decadenza lasciano intravedere un passato glorioso che nonostante tutto continua a sfidare lo scorrere del tempo e il rullo degli eventi, spesso irreversibili.

All’imbrunire, fortunatamente le acque si ritirano ed è un sospiro di sollievo.

Fine.

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