Liana Isipato recensisce “Viaggio sul fiume mondo Amazzonia”, di Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini, Mondadori, 2022

Comincio a scrivere di questo libro mentre, da poche ore, in Brasile Lula ha vinto la sfida contro Bolsonaro. E penso ad Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini, che tanto della loro passione per i popoli resistenti del Brasile e dell’Amazzonia hanno messo nelle loro pagine.

Si tratta di un réportage letterario e fotografico insieme, che ci racconta di popoli in via di estinzione, di multinazionali che sfruttando il territorio mettono all’angolo numerose etnie indigene, di sversamenti dagli oleodotti che appestano le acque dei pescatori, di fazendeiros che distruggono foreste su foreste. Secondo dati aggiornati, solo tra gennaio e settembre di quest’anno è stata rasa al suolo un’area più grande dell’Umbria, con un incremento del 23% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Le foto in bianco e nero di Marrozzini ci rimbalzano davanti, con grande impatto, nelle prime pagine; ci trasmettono con forza la vita delle persone incontrate, che si tratti di donne quechua o yanomami, di pescatori o sciamani, di bambini o scene di focolari domestici.

È, come scrive Ferracuti, un viaggio fatto di viaggi, che dura dal 2016 a oggi, con l’interruzione-Covid, tra Perù, Brasile, Colombia. Da Manaus i nostri eroi si mettono alla ricerca di una barca, e sarà un battello di 17 metri, il Comandante Elgary da loro ribattezzato Amalassunta  (dal nome che il pittore Osvaldo Licini diede a una serie di opere dedicate alla Luna, l’astro che da sempre accompagna le notti dell’uomo con lo sguardo rivolto al cielo), che li porterà a navigare lungo il Rio Negro con un equipaggio di poche persone, tra cui il capitano ‘conradiano’ Caboco e la traduttrice Ranusia.

Lo potremmo definire un viaggio esplorativo e sentimentale a un tempo, per conoscere i luoghi e i popoli che tra il degrado, la droga, l’inquinamento, la miseria e la prostituzione difendono con accanimento la propria esistenza e la propria terra, a volte anche con le armi.

È, ancora, il racconto di persone straordinarie come Kellen, un educatore che salva i ragazzi di strada portandoli a scuola, a Manaus; o come Leonardo, l’antropologo direttore di Radio Ucamara (in origine La voz de la selva), nata per recuperare la cultura del popolo Kukama  e diventata con lui un programma politico che denuncia l’epoca del caucciù, un sistema schiavista durato fino al 1915 e ancora ben impresso nella memoria, o la violenza sessuale sui minori, causata dal turismo. Un programma che fa propri i miti e i racconti popolari di un’Atlantide cara alle credenze di questa gente. E Radio Ucamara diventa anche una scuola itinerante, senza sede fissa, che si sposta dai campi alla piazza principale, alle rive del fiume. In terra Yanomami, Angelo e Giovanni percorrono “la strada maledetta”, la Perimetral Norte, dove nella corsa all’oro di Boa Vista i minatori invasero quelle terre inquinando acqua e aria, e in soli sette anni morirono ventimila Yanomami: una strage! Alla Missione Consolata, Carlo Zacquini racconterà che tra gli operai ingaggiati uno portò il morbillo e si scatenò l’epidemia. Molti si ammalarono e morirono… fu un vero e proprio genocidio. Assieme a Carlo, con un leggero Piper a sei posti, Angelo e Giovanni visitano una comunità di questo popolo: sono momenti commoventi, una donna chiede di portare le sue parole in difesa della propria terra in Italia e più lontano, per diffonderle. Mentre il Piper si alza, per il ritorno, Angelo prova un senso di perdita, “come se lasciassi un mondo e volassi via verso un altro”.

E l’Amalassunta riparte “…di notte non è mai veramente buio, la luna in cielo è un cerchio imperfetto e nebuloso che svela i contorni scuri della foresta, le sue porzioni oscure e inquietanti, e i grovigli di alberi diventano figure spettrali”. Riparte con un nuovo equipaggio, dopo i contrasti con Caboco, sempre più esigente sul piano economico, ma affrontato di petto da Angelo e Giovanni. Sarà il momento più rischioso del viaggio, nei luoghi del narcotraffico e della guerriglia.

Prima, però, il volo di un intero giorno, per giungere a Gutiérrez, e conoscere l’ottantenne padre Tarcisio Ciabatti, ispiratore di una nuova Barbiana latinoamericana. Toscano di origine, arrivato lì da quarant’anni, si era occupato e si occupa degli ultimi, secondo il modello di Don Milani. I ragazzi Guaranì, dopo gli anni di scuola tornano nei loro villaggi, diventando i leader della comunità.

Da Gutiérrez, una deviazione a La Higuera, dove morì tragicamente Che Guevara. In quest’ultima località, di lui racconta Policarpo Cortez, uno degli ultimi testimoni che l’aveva conosciuto e rivisto, proprio il giorno della cattura, arrivare sopra una mula, ammanettato, e poi seduto a terra, mentre i soldati gli puntavano i fucili.

Poi, nelle terre di Chico Mendes, il sindacalista e ambientalista ucciso da due rancheros, l’incontro con il poeta e cantore dell’Amazzonia brasiliana Thiago de Mello, che racconta la sua empatia con la selva dove fino a qualche anno fa si immergeva, recitando i suoi versi ai pesci, alle scimmie, agli alberi, al vento.

Ultimo, l’incontro con il popolo nomade dei Nukak, che racchiude la somma dell’angoscia per questo Mondo, teatro di storie atroci e di violenze all’uomo e alla natura, tutt’ora in atto.

Ci congediamo dai nostri Capitani che con loro ci hanno condotti in viaggio, in questo libro prezioso, fatto della scrittura scolpita, sempre antiretorica, a tratti musicale e commovente di Angelo, e delle immagini di Giovanni, vibranti, inquietanti, cariche di empatia e di sogno.
…e l’Amalassunta? L’hanno generosamente donata all’Associazione del Piccolo Nazareno, per farne una scuola galleggiante e una biblioteca itinerante.

Postilla…

Ai nostri era stato assegnato il premio (anche in denaro) “Pagine della Terra” per la Letteratura Green, da ritirare al Teatro La Fenice di Venezia.
Un premio sponsorizzato da Eni.
L’hanno rifiutato, come atto d’accusa, non accettando blasoni o ricompense da un’azienda inquinante, che per anni ha prodotto biodiesel sfruttando le foreste del mondo.

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