Un racconto senza lettera E
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Un racconto senza lettera E

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Un racconto senza lettera E

Questa settimana ho voluto fare un esperimento, mi sono messo a scrivere un breve racconto ma con una importante limitazione: non dovevo fare uso della lettera E.

Mi sono presto reso conto che non poter usare una vocale così importante conduce spesso a vicoli ciechi, perciò bisogna tornare indietro e trovare un'altra strada meno intuitiva.

Uno degli ostacoli più difficili è l'impossibilità di usare la congiunzione e per legare le frasi, il che, e i verbi all'infinito. Anche il come diventa inutilizzabile, perciò fare similitudini risulta molto complesso, ma non si tratta solo di quello. Dove vada, o perché non lo possiamo più sapere se non per vie traverse. Non possiamo usare neanche questo e quello, non possiamo più avere incertezze perché se l’abbiamo perso, e come se non bastasse È non è più.

In un modo o nell’altro sono riuscito ad arrivare ad una conclusione, la quale mi ha lasciato molto soddisfatto perché ho capito che la nostra lingua permette grandi adattamenti. È proprio vero che a volte, per capire come funziona una cosa, bisogna prima provare a romperla.

 

L'altro giorno mi sono alzato dal mio giaciglio tutto sudato, a causa di un improvviso agito di paura.

Sono rimasto appollaiato sul cuscino, fantasticando su cosa mi abbia rovinato il sonno.

Trascinatomi fino al bagno, sono rimasto davanti alla mia sagoma, fissando la mia faccia assonnata, scandagliandola con minuzia a caccia di una risposta. Non mancava nulla, ogni cosa stava al suo posto.

Poi ho capito cosa non andava: mancava il vocalizzo dopo la A, smarrito, andato, non si sa il motivo. Si capiva dal fastidio, tipo formicolio, in fondo alla gola.

Ho ipotizzato un danno alla capoccia, ma data la mia ottima forma fisica ho scartato subito tal giudizio.

Sono quindi corso al piano di sotto con uno sguardo tipo Jack Nicholson in Shining. La mia compagna mi ha fissato confusa, poi ha sbottato: "hai un’aria proprio strana. Dormito poco?"

Io ho risposto alla domanda a modo mio, con molta fatica. Sono riuscito, malgrado la mia gravissima mancanza, aiutandomi con vari artifici linguistici, a far noto il mio guaio.

"Strana cosa. So di uno il cui tic comportava un continuo occhiolino quando parlava. Tutti lo immaginavano un poco di buono". Mi fa l’occhiolino.

"Spiritosa. Magari ho fatto un torto a qualcuno? Si tratta di una malvagia congiura contro il mio vocabolario, ordita da chissà quali ignoti appassionati di rituali voodoo?"

"Ma quali rituali. Hai provato con un salto di paura? Magari funziona in modo analogo al singhiozzo. "

“Dubito funzioni. A proposito, la mia polizza sanitaria, l'ho rinnovata.”

“Si tratta di una domanda o lo stai comprovando?”

"Aaah, chiama un'ambulanza. Ora stanno addirittura andando via i punti di domanda"

La mia sposa mi scruta arcigna, intuisco il suo sguardo critico. Mi calmo, sospiro.

"In caso io sia vicino alla follia, prima voglio raccontarti la mia ultima cazzata, così avrò chiuso con una risata.

L'altro giorno stavo a pranzo con alcuni amici, ma ho assunto troppo alcol. Quando mi sono alzato, ho sbattuto il capo sul tavolino o la panca non ricordo, scivolando su una buccia di banana.”

"Magari hai avuto un trauma cranico. Ma non capisco chi lasci una buccia di banana sul suolo."

"Ah giusto, non ti ho parlato di Franco. Ha abbandonato il suo lavoro allo zoo, non lo sopportava più."

"Di cosa si occupava?"

"Stava in gabbia tutto il giorno, in compagnia di altri gorilla."

"Quando dici ha abbandonato il suo lavoro, significa abbiamo rapito una scimmia?"

"Cosa posso dirti, ci appariva così solo, addirittura malinconico in siffatto rifugio, così lo abbiamo portato con noi."

Mi sta guardando con aria corrucciata, mi giudica un idiota.

"Non abbiamo mai riso così tanto, ma poi lui ha dovuto far ritorno a casa, la sua compagna stava in ansia da abbandono."

"Mi ricorda qualcuno..."

"Suvvia non indugiamo in tali divagazioni. Lo conosco da poco, ma già mi manca. Tra l'altro mi rattristava il suo mutismo imbarazzato, gli mancava la parola! Roba da primati, capisci?"

"Capisco sì... quasi quasi ti mando a dormir da lui"

Sono con l'acqua alla gola, ma ormai non posso più ritirarmi. Sono proprio così stupido? Un attimo...

"Ah, ora ricordo! Quando lo abbiamo riportato allo zoo, gli ho donato la mia parola, giusto un solo vocalizzo. Ho fantasticato: magari da lì impara la nostra lingua, in modo da trovarsi un lavoro più adatto. Il mio omaggio lo ha fatto molto più gaio. Quando ci siamo salutati lui ha riso con un gran baccano: Eheheheheheh"