Il misterioso caso estivo della Gatto Trasporti (parte 4)
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- Ranuncoli | Francesco Casoni
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- Notizia pubblicata il 2 settembre 2024
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- Scritto da Francesco Casoni
Capitolo 4. Il trillo di un campanello
Riassunto delle precedenti puntate: Giovanni, un piazzista dalle innocue tendenze complottiste, scopre l’esistenza della ditta Gatto Trasporti, apparentemente legata a cantieri stradali, code in autostrada e perfino ritardi dei treni. Che ci sia qualcosa dietro? Non resta che indagare!
Quando Giovanni tornò a casa la moglie era uscita da un bel po’.
Per la precisione da tre anni e due mesi, in quel sabato di giugno in cui lei aveva caricato le ultime valigie in macchina e lo aveva abbandonato al suo destino.
Non si erano praticamente più visti, se non di sfuggita a qualche funerale di parenti. Spiantato com’era, non le pagava nemmeno gli alimenti e lei nemmeno li aveva voluti, pur di liberarsi per sempre di lui.
Giovanni si sedette in cucina e riavviò il computer in standby dalla sera precedente. Uno smisurato file di testo conteneva la valanga di appunti sulle sue scoperte riguardanti la Gatto Trasporti, ma anche la Gatto Manutenzioni, la Gatto Communications e quell’altro paio di società collegate, che gli era riuscito di individuare: una specie di dedalo di imprese o, come si usa dire, di scatole cinesi, che facevano capo a… boh!
L’unica scoperta degna di nota era il nome del misterioso ceo norvegese di Gatto Trasporti: il norvegse Christian Homann Schweigaard. Un omonimo di un primo ministro schiattato nel 1899 o più probabilmente un prestanome.
Il suo vagabondare nel reticolo societario dal nome felino si era arenato in un cul-de-sac.
Più guardava lo schermo del notebook, più la sua concentrazione di sfarinava in un brusio opaco di pensieri incapaci di fissarsi, che svolazzavano impazziti come un’orda di falene attorno ad un lampione. Ci sarebbe voluta un’illuminazione improvvisa, un lampo, uno squillo di tromba, il trillo di un campanello in testa…
DIN DON.
Il campanello squillò davvero. Lo sciame di pensieri crollò al suolo di botto, come stecchito da una nube di insetticida. Giovanni si riprese, scrollò il capo e tornò nella realtà. Qualcuno aveva suonato alla porta.
Si alzò. Andò al portone. Sbirciò nello spioncino. Sospirò. Aprì.
La Patrizia era lì, sorridente.
Giovanni ricambiò doverosamente il sorriso. Non costava nulla essere gentili, no?
“Scusa se disturbo - disse lei -. Ma ho finito il sale grosso”.
“Ne ho un pacco”, rispose lui, tranquillo. Non gli passò per la testa di invitarla a entrare.
Lei si affacciò comunque. “Ti ho disturbato? Stavi facendo qualcosa di…?”
Lui abbassò bruscamente lo schermo del notebook, dirigendosi verso la dispensa. “Non stavo facendo niente di importante”. Sospirò. “Posso offrirti qualcosa?”
Continua…