Il misterioso caso estivo della Gatto Trasporti (parte 7)
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Il misterioso caso estivo della Gatto Trasporti (parte 7)

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Il misterioso caso estivo della Gatto Trasporti (parte 7)

Capitolo 7. Giovanni dice “basta!”

Riassunto delle precedenti puntate: Al supermercato Giovanni scopre l’esistenza della Gatto Mode. Un altro tassello del misterioso caso della Gatto Trasporti. Ma quando prova a indagare, si perde nell’ennesima coda di automobili… Sarà un caso?

“Basta!”, esclamò dentro di sé Giovanni, mentre parcheggiava l’auto nel vialetto di casa. La schiena si era completamente incollata al sedile e la camicia che indossava esibiva un grande alone ovale.

Si trascinò su per le scale, dimenticando nel bagagliaio la borsa con la spesa.

“Basta. Basta. Basta”, si ripeté praticamente ad ogni gradino, raggiungendo il pianerottolo. Chissà perché, in quel momento avrebbe voluto incrociare la Patrizia e magari invitarla a mangiare una cosa insieme. Tese l’orecchio verso il suo portone: silenzio.

Aprì il portoncino. Buttò le chiavi sul mobiletto in ingresso. Si tolse le scarpe. Andò in cucina. Si ricordò della spesa rimasta in macchina. Tirò un porco. Roteò su sé stesso incerto se scendere di nuovo o andare in bagno. Optò per il bagno.

“Basta. Basta. Basta”, si ripeté, seduto sulla tazza del cesso, troppo stanco anche per pisciare in piedi.

Con la Gatto Trasporti aveva chiuso. E anche con la Gatto Mode, la Gatto Manutenzioni e la Gatto Vivai e qualunque altra ditta Gatto gli fosse capitata sotto il muso. Aveva già perso troppo tempo. Da lì in poi, basta. Si sarebbe fatto i cazzi suoi.

DIN DON.

Questa era la Patrizia. Era il suo inconfondibile modo di suonare il campanello. Giovanni raccattò i pantaloni, chiuse la cintura, controllò la patta e corse ad aprire. Si sarebbe lavato le mani dopo, con una scusa.

Inforcò il corridoio di corsa, con un’energia nuova, come un ragazzino che corre dalla fidanzata. All’improvviso il suo triste appartamento gli sembrava pieno di luce. Aveva voglia di vedere Patrizia e dimenticarsi di tutto il resto. L’avrebbe invitata a cena, magari in un bel posto fuori città. Si sarebbe goduto la serata senza aspettative, solo per il piacere di essere lì, in quel momento, con lei, magari sentendosi ancora addosso le paure di un ragazzino.

A metà corridoio, un’ombra nera gli passò davanti veloce. Era troppo lanciato per schivarla. Ci inciampò sopra e la sentì morbida e viva. Vorticò come una trottola, cercando un appiglio, per poi schiantarsi con la testa contro un brutto quadro sul muro. Si aggrappò al mobiletto vicino e franò a terra con tutto ciò che ci stava sopra.

Mezzo rincoglionito, buttato sul pavimento come un vecchio tappeto, riuscì appena a scorgere su cosa aveva inciampato: un grosso gatto scuro stava beatamente seduto in fondo al corridoio e si leccava la pelliccia scompigliata. Lo guardò sornione, con quell’aria strafottente che hanno i gatti, poi sparì in salotto.

Giovanni tentò di rialzarsi, ma il mondo era un vortice impazzito, nelle orecchie aveva un ronzio assordante come il motore di un jet e dalla testa gli colava sangue. Chiuse gli occhi e si abbandonò al suolo incosciente, sperando di non svegliarsi per un po’.

Continua? Questa volta decidetelo voi!

Da dove è sbucato il gatto? Giovanni si riprenderà in fretta o ci è rimasto secco? Riprenderà la sua ricerca o si arrenderà definitivamente? Scrivete le vostre idee per il prossimo capitolo a [email protected]