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Ottimismo, istruzioni per l'uso

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Ottimismo, istruzioni per l'uso

Il dizionario definisce l’ottimismo così: “la disposizione psicologica che induce a scegliere e considerare prevalentemente i lati migliori della realtà, oppure ad attendersi uno sviluppo favorevole del corso degli eventi.” E’ quindi un modo di interpretare il nostro presente, ma anche il futuro e il passato.

Io penso che tutti abbiamo un’idea abbastanza chiara di cosa sia l’ottimismo, quello che forse lascia più spazio a dubbi è il come e il quanto. Si può peccare di eccessivo ottimismo? Ci sono modi migliori e peggiori di essere ottimisti?

La risposta è sì, per la precisione possiamo parlare di modi funzionali e disfunzionali, dal momento che possono avere conseguenze positive o negative sulla nostra vita.

L’ottimismo è una risorsa importantissima per cogliere le opportunità ed affrontare gli eventi stressanti della vita, ma ci sono dei casi in cui rischia di diventare una fonte di problemi anziché una risorsa.

Quando è ingenuo e si è fermamente convinti nella bontà del mondo, al punto da non vedere più i suoi lati negativi.

Quando è passivo e crediamo che tutto andrà per il meglio senza che sia necessario intervenire. “Quella malattia andrà via da sola, non c’è bisogno di andare dal medico”

Quando è dogmatico e scegliamo intenzionalmente di non prestare attenzione ai rischi per concentrarci solo sul lato positivo delle cose. “La macchina fa un rumore strano, farò finta di niente tanto che vuoi che sia”

Quando è irrazionale e siamo indotti a sottovalutare i rischi e sopravvalutare le opportunità. “Punto tutto sul rosso, sono sicuro di vincere”

Possiamo interpretare l’ottimismo come un processo attributivo, cioè un modo per spiegare e pensare gli eventi che ci accadono. Ad esempio, se un appuntamento romantico non va in porto potremmo pensare che sia a causa della nostra inettitudine, ma potremmo anche pensare che semplicemente non fosse la nostra serata.

Il modo in cui interpretiamo gli eventi ha una grossa influenza sul nostro umore, oltre che raccontare molto di noi sessi. La buona notizia è che ci sono sempre molte spiegazioni possibili e sta a noi decidere come interpretare un evento.

Questo processo attribuzionale è il risultato di tre dimensioni cruciali:

  • Permanenza. Quanto le cause degli eventi accaduti incidono sulla nostra vita e quanto ci aspettiamo che durino nel tempo.
    • Esempio 1: Se ho fatto una figuraccia con un cliente perderò completamente credibilità nei suoi confronti oppure la cosa può essere rimediata?
    • Esempio 2: Se ricevo una promozione sul lavoro mi farà sentire grato per un paio di giorni oppure cambierà la mia vita in meglio per gli anni a venire?
  • Pervasività. Quanto tendiamo a dare spiegazioni universali e specifiche agli eventi positivi o negativi che ci accadono.
    • Esempio 1: Abbiamo fallito quell’esame perché non abbiamo studiato abbastanza o perché siamo degli stupidi qualsiasi cosa facciamo?
    • Esempio 2: Ci hanno dato un aumento di stipendio perché quel giorno il nostro superiore era di buon umore o perché siamo delle persone meritevoli?
  • Personalizzazione. A chi rivolgiamo la causa del successo o del fallimento; ci sono persone che tendono all’internalizzazione (ovvero a ricercare le cause in se stesse) e altre che propendono per l’esternalizzazione (le cause non dipendono da noi)
    • Esempio 1: Abbiamo perso una partita di pallavolo (o di qualsiasi altro sport pratichiate), siamo noi ad essere scarsi o era la squadra avversaria che era molto preparata?
    • Esempio 2: Al contrario, la partita l’abbiamo vinta noi perché eravamo all’altezza della sfida o abbiamo semplicemente avuto fortuna?

Qui di seguito vi lascio alcune tabelle riassuntive degli stili attribuzionali che possono essere usate come linea guida la prossima volta che ne avrete bisogno.

Il nostro viaggio alla scoperta dell’ottimismo continua il prossimo mese!