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Impermeabilità cranica

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Impermeabilità cranica
Il mondo come lo conosciamo è frutto di una concezione filosofico-scientifica che ha radici antiche, siamo figli di Aristotele, Descartes, Copernico, Galilei, Newton… solo per fare qualche nome. Personaggi che rivolgevano lo sguardo verso l’alto e non solo perché erano degli astronomi, ma perché chi guarda sempre in basso al massimo riesce a schivare le merde.

La tradizione biblica ha usato una mela per condannarci a una sudditanza rispetto al dio vendicativo descritto nel vecchio testamento, quello che sancì tra le altre cose lo stigma della colpa di Eva e della sua discendenza femminile. Per l’autoritarismo qualsiasi pretesto è buono. Isaac Newton fece dello stesso frutto un uso decisamente più intelligente e, forse, diede l’avvio a quell’atteggiamento tutto anglosassone (e molto “protestante”) che ritiene che si possa fare cultura, intendo anche alta cultura, senza necessariamente risultare noiosi o snob. Basta paragonare l’approccio divulgativo di Attenborough o di Desmond Morris a quello della premiata ditta Piero & Alberto Angela per capire cosa voglio dire. Una delle poche eccezioni al barbogismo dell’accademia latina (italiana e spagnola in primis) è Umberto Eco, capace di coniugare cultura e gradevolezza, rendendo la divulgazione e la didattica efficaci e divertenti.

Qualche giorno fa ho rivisto “The Old Oak”, il bellissimo film di Ken Loach, che invito tutti a vedere/rivedere. Kubrick e Loach sono i miei due registi preferiti in assoluto, e sono entrambi dannatamente inglesi. Ho un debole per Monicelli, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, mi piacciono moltissimo Fellini, Scola e Rossellini e naturalmente molti altri, ma la coppia britannica secondo me è inarrivabile. Nei maestri italiani riconosco molti dei dettagli, dei tic, dei “sapori” del nostro paese, ma se mi discosto un po’, se amplio la prospettiva come si fa di fronte a un bel quadro per coglierne il significato complessivo, Kubrick e Loach mi sembrano migliori. Mentre scorrevano le immagini di The Old Oak mi sono reso conto che questa pellicola affronta con cruda eleganza e assoluta lucidità i temi dell’immigrazione e della solidarietà, offrendocene una lettura onesta e indicandoci contemporaneamente le chiavi per superare questo problema che sta avvelenando la convivenza civile.

La conclusione cui sono giunto è che per quanto mi riguarda, forse, non merito un regista come Loach: lui è come quei filosofi-profeti che parlavano a un pubblico ottuso, che non li capiva fino in fondo. A cosa serve andare in pellegrinaggio organizzato a visitare la cattedrale di Siviglia, rimirare la vocazione di San Matteo del Caravaggio o il Mosè di Michelangelo se non si cambia, se non si cresce, se non si migliora almeno un po’? L’arte non è come un panino, l’arte si vive, non è un consumo. Suggerisco un cineforum obbligatorio per i ministri dell’attuale e dei prossimi governi.

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