Nascondono la polvere sotto il tappeto
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- L'estuario del Po
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- Notizia pubblicata il 9 novembre 2024
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- Scritto da Mario Bellettato
I fenomeni complessi sono difficili da affrontare e per alcuni di noi sono evidentemente incomprensibili. Ma per risolvere un problema lo dobbiamo prima comprendere: se non accettiamo questa premessa scivoliamo in un territorio ambiguo, dove non esiste la logica, dove si può affermare tutto e il contrario di tutto, ci addentriamo in una palude culturale dove l’approccio sistematico non serve e l’opinione del mago Otelma o il dogma di una religione di qualsivoglia genere hanno la stessa dignità del sapere scientifico.
È la giungla intellettuale dove proliferano i negazionisti, i terrapiattisti, i suprematisti bianchi e/o maschilisti, e dove trovano terreno fertile le proposte di soluzioni semplici, infantili e inefficaci per i problemi complessi: tanto poi, quando si dimostrano inutili, c’è sempre un modo altrettanto stupido per addossare la responsabilità di quell’insuccesso annunciato a qualcun altro, possibilmente a un avversario. Al di là delle implicazioni etiche, che non sono evidentemente alla portata delle menti elette dell’attuale governo, pensare di risolvere il problema dell’immigrazione appaltando a paesi più poveri del nostro la costruzione di lager e campi di smistamento, è profondamente stupido. È la tipica finta-soluzione secondo la quale sarebbe sufficiente lavorare sugli effetti e non sulle cause, e addirittura si potrebbe farlo in ossequio a una visione che da un lato nega l’esistenza di ciò che accade in realtà e dall’altro immagina che sia possibile gestire un fenomeno così drammatico limitandosi a far defluire queste inarrestabili ondate migratorie verso altre nazioni e/o reindirizzandole ai paesi di partenza.
Gli Stati Uniti sono la prova concreta di questo fallimento: da quasi un secolo hanno applicato politiche progressivamente sempre più restrittive nel tentativo di arginare il fenomeno, sono arrivati al punto di costruire chilometri di muri, di instituire una costosissima polizia di frontiera e di creare ex novo lager, carceri e campi di concentramento che ospitano indistintamente criminali feroci, minorenni innocenti, donne e anziani: tutti accomunati dalla colpa di aver cercato una vita migliore. Un serio programma di integrazione guidata con un cammino ben definito che permettesse a chi lo desidera di diventare cittadino a patto di rispettare la legge, costerebbe immensamente meno e permetterebbe di concentrare le attività di repressione del crimine su un numero decisamente inferiore di soggetti effettivamente criminali, mentre gli altri potrebbero essere inseriti nella società e contribuire al PIL. Ma questa è una visione che non paga sul piano elettorale: la xenofobia è ben radicata in tutto il pianeta: lo straniero è comunque ladro, disonesto, approfittatore e violento.
Le statistiche dicono altro, ma per saperle interpretare serve istruzione e onestà intellettuale, e in ogni caso sono falsate, non sappiamo quale sarebbe il tasso di criminalità degli immigrati clandestini se venissero loro date opportunità dignitose di inserimento. È un po’ come quando gli intellettuali da bar sport spiegano che il tenore di vita a Cuba è miserabile, senza valutare il sistema sanitario e la scuola pubblica. Ma soprattutto senza chiedersi come avrebbe potuto fiorire l’economia dell’isola senza l’ ignobile embargo imposto dagli americani e ossequiato da tutto l’occidente, che strangola i cubani da sessant’anni, donne, vecchi e bambini compresi.
Credo che nemmeno l’Italia avrebbe conosciuto il “miracolo economico” se ci avessero bloccato per oltre mezzo secolo qualsiasi scambio commerciale. È così, ancora una volta, ci dobbiamo sorbire l’ inutile, stupido e ignoble teatrino delle polemiche relative all’interpretazione delle normative nazionali e di quelle comunitarie che vorrebbero irreggimentare con slogan politichesi una spinta inesorabile, dobbiamo ascoltare le dissertazioni imbecilli sui requisiti in base ai quali definire un paese “sicuro”, gli spot pornoelettorali degli esponenti politici e le levate di scudi dei magistrati, tutte cose che comunque si rifiutano testardamente di prestare attenzione al problema fondamentale: i motivi per cui milioni di persone fuggono dai paesi d’origine. Se non cerchiamo di intervenire sulle cause, non saremo mai in grado di gestire gli effetti: al di là degli aspetti scientifici e delle ricadute terapeutiche, la decifrazione del genoma umano dimostra inconfutabilmente che, con buona pace di Orban, della Meloni, di Trump o di Netanyahu, le migrazioni sono un fenomeno inarrestabile indissolubilmente connaturato all’essere umano.
È la giungla intellettuale dove proliferano i negazionisti, i terrapiattisti, i suprematisti bianchi e/o maschilisti, e dove trovano terreno fertile le proposte di soluzioni semplici, infantili e inefficaci per i problemi complessi: tanto poi, quando si dimostrano inutili, c’è sempre un modo altrettanto stupido per addossare la responsabilità di quell’insuccesso annunciato a qualcun altro, possibilmente a un avversario. Al di là delle implicazioni etiche, che non sono evidentemente alla portata delle menti elette dell’attuale governo, pensare di risolvere il problema dell’immigrazione appaltando a paesi più poveri del nostro la costruzione di lager e campi di smistamento, è profondamente stupido. È la tipica finta-soluzione secondo la quale sarebbe sufficiente lavorare sugli effetti e non sulle cause, e addirittura si potrebbe farlo in ossequio a una visione che da un lato nega l’esistenza di ciò che accade in realtà e dall’altro immagina che sia possibile gestire un fenomeno così drammatico limitandosi a far defluire queste inarrestabili ondate migratorie verso altre nazioni e/o reindirizzandole ai paesi di partenza.
Gli Stati Uniti sono la prova concreta di questo fallimento: da quasi un secolo hanno applicato politiche progressivamente sempre più restrittive nel tentativo di arginare il fenomeno, sono arrivati al punto di costruire chilometri di muri, di instituire una costosissima polizia di frontiera e di creare ex novo lager, carceri e campi di concentramento che ospitano indistintamente criminali feroci, minorenni innocenti, donne e anziani: tutti accomunati dalla colpa di aver cercato una vita migliore. Un serio programma di integrazione guidata con un cammino ben definito che permettesse a chi lo desidera di diventare cittadino a patto di rispettare la legge, costerebbe immensamente meno e permetterebbe di concentrare le attività di repressione del crimine su un numero decisamente inferiore di soggetti effettivamente criminali, mentre gli altri potrebbero essere inseriti nella società e contribuire al PIL. Ma questa è una visione che non paga sul piano elettorale: la xenofobia è ben radicata in tutto il pianeta: lo straniero è comunque ladro, disonesto, approfittatore e violento.
Le statistiche dicono altro, ma per saperle interpretare serve istruzione e onestà intellettuale, e in ogni caso sono falsate, non sappiamo quale sarebbe il tasso di criminalità degli immigrati clandestini se venissero loro date opportunità dignitose di inserimento. È un po’ come quando gli intellettuali da bar sport spiegano che il tenore di vita a Cuba è miserabile, senza valutare il sistema sanitario e la scuola pubblica. Ma soprattutto senza chiedersi come avrebbe potuto fiorire l’economia dell’isola senza l’ ignobile embargo imposto dagli americani e ossequiato da tutto l’occidente, che strangola i cubani da sessant’anni, donne, vecchi e bambini compresi.
Credo che nemmeno l’Italia avrebbe conosciuto il “miracolo economico” se ci avessero bloccato per oltre mezzo secolo qualsiasi scambio commerciale. È così, ancora una volta, ci dobbiamo sorbire l’ inutile, stupido e ignoble teatrino delle polemiche relative all’interpretazione delle normative nazionali e di quelle comunitarie che vorrebbero irreggimentare con slogan politichesi una spinta inesorabile, dobbiamo ascoltare le dissertazioni imbecilli sui requisiti in base ai quali definire un paese “sicuro”, gli spot pornoelettorali degli esponenti politici e le levate di scudi dei magistrati, tutte cose che comunque si rifiutano testardamente di prestare attenzione al problema fondamentale: i motivi per cui milioni di persone fuggono dai paesi d’origine. Se non cerchiamo di intervenire sulle cause, non saremo mai in grado di gestire gli effetti: al di là degli aspetti scientifici e delle ricadute terapeutiche, la decifrazione del genoma umano dimostra inconfutabilmente che, con buona pace di Orban, della Meloni, di Trump o di Netanyahu, le migrazioni sono un fenomeno inarrestabile indissolubilmente connaturato all’essere umano.