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Nemesi a Tel Aviv

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Nemesi a Tel Aviv
La cultura è l'unico strumento che ci permette di capire ciò che accade intorno a noi e di trarne qualche conclusione autonoma, senza i condizionamenti della propaganda. Come in una sorta di orribile sceneggiatura noir, venata di sindrome di Stoccolma, il governo israeliano sta ripercorrendo con una corrispondenza inquietante le tappe del cammino del terzo Reich nazista.

Le similitudini sono sorprendenti. Gli "ariani" si ritenevano la razza superiore, ne più e ne meno come gli ebrei, popolo eletto e preferito da Jahweh (un dio razzista e vendicativo!) e nel contempo entrambi si definiscono comunque vittime (pur essendo indiscutibilmente carnefici): i primi del complotto sionista/plutocratico, i secondi di un'aggressione palestinese, rispetto a cui il rapimento degli ostaggi risulta un pretesto tragicomico. Oggi Gaza è, mutatis mutandis, l'equivalente dei lager nazisti: un territorio dove sono concentrati i nemici da sterminare per la soluzione finale che i sionisti identificano con l'eliminazione dei palestinesi, attuata scientificamente, massacrando soprattutto donne bambini (la "soluzione finale" - Endlösung der Judenfrage - teorizzata da Hitler), per impedire con la pulizia etnica l'attuazione delle risoluzioni ONU che prevedono due stati e due popoli.

Nei campi di sterminio dove il lavoro avrebbe dovuto rendere liberi, i prigionieri morivano di fame, esattamente come sta accadendo in Palestina, dove i soldati israeliani sparano sui disperati che tentano di assalire i camion di cibo (quei pochi che riescono a entrare), spinti dalla fame. Le due ipotesi, quella nazista e quella sionista, sono entrambe orribili, ma una delle due si sta realizzando alla luce del sole e con l'ipocrita complicità dei governi che a suo tempo combatterono i nazisti. Infatti è chiaro e senza dubbio inquietante, che USA e Regno Unito, gli storici avversari di Hitler che nei decenni del secondo dopoguerra hanno costruito una vera e propria retorica sul loro ruolo di difensori dei diritti umani, ignorano serenamente il genocidio che Israele sta perpetrando a Gaza. Forse "gli arabi" valgono meno dei giudei (con cui peraltro condividono il patrimonio genetico - ironia della sorte!)? O forse "essere amici degli USA" vale di più? Per semplificare una questione spinosa, è evidente che i governi occidentali non si sono liberati dalla sudditanza che caratterizza il loro rapporto con gli USA.

Senza il supporto delle lobby ebraiche nessuno sale alla casa bianca: questo spiega le altrimenti incomprensibili posizioni che gli USA hanno tenuto in seno all'ONU e l'attuale politica estera che chiude gli occhi su ciò che sta realmente accadendo. Le timide ammissioni di personaggi come Tajani o come la Segre (è triste degli accomunati!), sono solo un tentativo ipocrita e sgradevole di non interferire con uno status quo che tra qualche anno ci farà vergognare di noi stessi. Ci chiediamo come abbiano fatto "i tedeschi" a ignorare l'olocausto, a non prendere posizione contro la follia nazista: esattamente come stiamo facendo noi nei confronti di Gaza. È una questione morale, ma soprattutto è una questione di cultura.

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