La scoperta della currywurst
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- Notizia pubblicata il 14 settembre 2023
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- Scritto da Liana Isipato
Al momento di scegliere un volumetto Sellerio, mio figlio, che si diletta egregiamente di cucina, mi indica questo titolo, perché incuriosito: lui stesso mi dice infatti di aver preparato e assaggiato con gusto la salsiccia, ricoperta da abbondante salsa speziata al curry, chiamata, appunto, currywurst.
Acquisto così il libro di Uwe Timm, scrittore amburghese nato nel 1940, della generazione di scrittori del “Gruppo ‘67”, cresciuti nella Germania combattuta tra rimozione del recente, drammatico passato, e la volontà di crescita e cambiamento; scrittori che agiscono negli anni delle rivolte studentesche, della guerra in Vietnam, del neocolonialismo, cercando di capire a fondo l’anima tedesca capace di produrre la catastrofe nazista. Timm sceglie di calarsi nella microstoria, narrando le grandi tensioni e i capovolgimenti sociali con tono leggero, attraverso personaggi minori. Un progetto e una tecnica narrativa (come ci dice Matteo Galli nella bellissima postfazione) da lui stesso definita “estetica del quotidiano”, che punta a trasferire nella scrittura la comunicazione orale, arricchendo il suo valore documentale con immaginazione e creatività. Il mondo marginale e umile, salvato dunque dalla letteratura. Ne esce uno stile personalissimo che per me è stato la principale attrazione di questo testo, che considero ‘una perla’.
La currywurstrappresenta per il narratore, alter ego di Uwe Timm, la madeleine della sua infanzia. Mangiava questa salsiccia al chiosco della signora Brücker, in una piazza del quartiere portuale, ventosa e sudicia. Da adulto vuole scoprire se il vero inventore di questo cibo di strada sia proprio, come pensa, Lena Brücker e la va a cercare nel vecchio quartiere dove qualcuno la dà per morta. “E invece alla fine la incontrai. Se ne stava alla finestra a fare la maglia. Il sole splendeva tenue attraverso le tendine. C’era odore di petrolio, cera e vecchiaia”. E qui, nella casa di riposo dove ancora vive la novantenne, i narratori diventano due e Lena, ormai cieca ma capace di lavorare a maglia, “raccontò di episodi rilevanti o casuali e di tutte le persone e di tutte le cose che avevano avuto una qualche importanza per l’invenzione della currywurst: un ufficiale della marina militare, un distintivo d’argento della Federazione Ippica, duecento pelli di petit gris, dodici metri di legno, una produttrice di salsicce che beveva whisky, un consigliere del comando inglese e una bella ragazza inglese dai capelli biondo rossicci, tre bottiglie di ketchup, cloroformio, mio padre, un sogno pieno di risate e molte altre cose. Tutto questo me lo raccontò a pezzi e bocconi, sempre rimandando la fine, con ardite anticipazioni e flashback, e io qui non posso far altro che selezionare, appianare, collegare e abbreviare.”
I ricordi di Lena partono dal 29 aprile 1945, quando la città di Amburgo sta per essere invasa dagli inglesi. Soldati tedeschi preparano il contrattacco, altri diserteranno, come Hermann Bremer, che da un incontro casuale con Lena si nasconde in casa sua, dove -tra una finta zuppa di granchi e un caffè di ghiande- diventerà il suo tenero amante. Entrambi sono sposati, ma Lena non vede da anni il marito Gary e lo crede morto. “Lo dicevano tutti: assomiglia a Gary Cooper. Era proprio bello. Ma questa era anche una croce. Le donne gli correvano sempre dietro. E lui dietro alle donne. E vabbè. Ormai è morto da un pezzo.” I racconti di Lena divagano, e tra aneddoti, rievocazione di fatti e personaggi, si rivela la difficile vita di quegli anni di freddo e fame. La guerra è ormai finita, la Germania ha firmato la resa, ma Lena tiene nascosto tutto questo al suo ‘ospite’, gli impedisce per vie traverse la possibilità di ascoltare la radio e vedere giornali, timorosa di perderlo. Nonostante queste manovre, che le causano senso di colpa, un giorno rientrando a casa non ce la farà a continuare la commedia, perché aveva visto le foto. “Foto che le fecero passare la fame, nonostante la mattina non avesse mangiato nulla. Foto che la fecero tornare a casa come stordita, foto che la indussero a chiedersi a che cosa avesse pensato e che cosa avesse visto in tutti quegli anni o, meglio, che cosa non avesse pensato e che cosa non avesse voluto vedere. Erano foto che in quei giorni molti, la gran parte, per meglio dire tutti i tedeschi ebbero modo di vedere. Foto dei campi di concentramento liberati dalle forze alleate, Dachau, Buchenwald, Bergen-Belsen. Vagoni pieni di cadaveri, scheletri con attaccata appena un po’ di pelle.” Bremer le prende come dicerie, favole inventate dal nemico. Questo è il punto di rottura per Lena, che gli urla in faccia la verità: la guerra è finita. Tutto è finito da un pezzo, e la guerra è stata persa. Bremer resta imbambolato, incredulo. Lena esce, ancora sconvolta, per camminare tra la pioggia lungo le strade ridotte a macerie, e ripensare a quelle foto, agli ebrei che conosceva, come la signora Levinson. Spariti...tutti spariti. Quando rientra in casa, per spiegare al compagno il suo comportamento, soprattutto che col suo silenzio non lo aveva danneggiato, lui non c’è. Nell’armadio, al posto dell’elegante completo grigio del marito, l’uniforme di Bremer.
“E che ne è stato di Bremer?, le chiesi con insistenza.
Non ne ho idea, disse lei.
Penso che la currywurst abbia a che fare con Bremer.
Sì che ce l’ha. Ma non in modo così diretto. Fu un caso. Sono inciampata. Nient’altro. Per quanto più s’invecchia e meno si crede al caso.”
Prima di arrivare alla scoperta, di cui al titolo, avvenuta in maniera rocambolesca e svelata solo alla fine, Lena ci racconterà del ritorno inaspettato del marito, nient’affatto morto, ma rimasto prigioniero in Russia fino al marzo del ‘46. “Per un po’ l’ho scambiato l’uno per l’altro, nella mia testa quanto meno. Bastava solo che chiudessi gli occhi. La cosa funziona, ma solo per un po’. Poi a poco a poco si perde. Dopodiché quello che hai accanto torna ad essere quello che veramente è. lo annusi, lo senti, non puoi negarlo anche se tieni gli occhi chiusi.”
Trovando nella cesta della biancheria da lavare la prova evidente del tradimento, sotto forma di un bianco e sottile slip da donna, manda Gary fuori dalla porta a vedere se qualcuno abbia bussato. Lo chiude fuori, dalla porta e dalla sua vita. Per sempre.
Lena, sferruzzando magicamente un complicato maglione, continua a raccontare, ed evoca il clima di quel tormentato dopoguerra dove gli episodi quotidiani, pezzo dopo pezzo, si intrecciano con la grande storia e con la scoperta della currywurst, avvenuta per caso. Un inciampo sulle scale...tre bottiglie di ketchup cadono rompendosi, e in quella poltiglia finisce anche un po’ della polvere di curry da un barattolo aperto. Lena assaggia con le dita e dopo aver buttato la poltiglia coi pezzi di vetro, replica in cucina la miscela, finché trova il giusto dosaggio. “E siccome dopo colazione non aveva mangiato più nulla, si fece a fettine una di quelle salsicce di vitello senza pelle e la schiaffò in padella, saltandola con la poltiglia al curry. E ciò che fino a quel momento aveva avuto un sapore un po’ secco e floscio era diventato fresco e fruttato con quell’aroma lontano e indescrivibile. Si mise a sedere e con gran gusto prese a mangiare la prima currywurst.”
Il narratore deve trascorrere alcuni mesi a New York e quando torna ad Amburgo Lena è morta, lasciando un pacchetto per lui. Dentro, il maglione decorato con un paesaggio e un biglietto con gli ingredienti per la Currywurst.