Letture: Autobiografia della scuola. Da De Sanctis a don Milani
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- Notizia pubblicata lunedì 12 maggio 2025
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- Scritto da Liana Isipato
Tutti conoscono Mario Isnenghi come storico, ma non tutti sanno indovinare la sua anima più profonda: quella di appassionato insegnante da quando, neolaureato, inizia la sua carriera alle superiori, per diventare poi docente di Storia contemporanea nelle Università di Padova, Torino, Venezia.
Dopo aver pubblicato cinque anni fa “Vite vissute e no - i luoghi della mia memoria”, la sua personale autobiografia, che però è molto di più: uno spaccato sociale e culturale, un pezzo di storia italiana, ora Isnenghi ci offre l’autobiografia di quella che è stata teatro della sua vita e dei suoi studi, la Scuola. In questo suo viaggio sentimentale parte della scuola padovana ancora soggetta all’Austria, per arrivare a quella, sessantottina, di don Milani e Mario Lodi. Tutto questo, attraverso le vicende dei suoi protagonisti, passando per gli educandati borbonici, le scuole risorgimentali, gli spostamenti attraverso la penisola di professori e maestri, l’indottrinamento nell’era fascista.
Percorriamo quindi con l’autore più di un secolo di storia dell’istruzione in Italia, per arrivare al suo amaro atto d’accusa finale alla scuola di oggi, nella quale “l’istruzione ha assunto caratteri aziendali, deve servire e preparare ‘al mercato’ (…) Si smantella la cultura mettendo da canto la lingua. Arte e letteratura italiane, in inglese, alla famelica ricerca di clientele internazionali”.
Mi piace sottolineare la corposa serie di pagine incentrate sul mondo femminile; dall’educazione riservata alle fanciulle, alla difficile strada percorsa dalle prime eroiche educatrici; su tutte, Italia Donati, una giovane maestrina che, circuita e diffamata dal sindaco-padrone, accusata di aver abortito un suo figlio, difenderà il proprio onore suicidandosi, dopo aver lasciato una lettera al fratello in cui richiede una esplorazione medica sul suo corpo, perché “Sia la mia innocenza giustificata e fai che nessun dubbio resti nel pensiero d’alcuno”.
Ma si parla anche di donne forti, come Erminia Fuà Fusinato, che vive tra Rovigo, Padova, Venezia, Firenze e Roma, dove dirigerà una scuola femminile.
Ancora, la cattolica, vicentina Elisa Salerno, “vera e propria mina vagante negli spazi parrocchiali”, dopo aver letto la Summa di san Tommaso rimane esterrefatta per le “cose raccapriccianti” che vi ha trovato e pratica un femminismo cattolico, sentendosi ‘Chiesa’ anche quando la Chiesa ufficiale la espelle: “A nessuno certo può passare per la mente che io sia obbligata ad accettare gli orrori antifemministi della scolastica.”
Sempre nell’area cattolica, la trevisana Antonietta Giacomelli, scrittrice, osa frequentare il mondo del modernismo, e pretende di ragionare come se avesse la testa di un uomo! È donna, attivista culturale, ha una rete di relazioni importanti, è modernista e per questo il clero locale scriverà una missiva al papa, notificando che “…in seguito agli ultimi atti deplorevolissimi della Signorina Giacomelli i Sacerdoti della città hanno deliberato di negarle i sacramenti…”
Il secolo che Isnenghi ci guida a percorrere si snoda attraverso romanzi, diari, lettere e documenti vari. Vediamo Francesco De Sanctis epurare l’Università di Napoli, nell’ottobre 1860 (“fuori borbonici e ignoranti!”), prima ancora di diventare ministro della Pubblica Istruzione per i primi due governi del Regno d’Italia. Con due decreti allontana ben 34 docenti borbonici e fa rientrare a Napoli i talenti dispersi dalle vicissitudini politiche. De Sanctis appare come il provveditore agli studi della nazione, consapevole che nessuna ‘libertà’ può esserci per il 78% di analfabeti, come sottolinea nel suo primo discorso da ministro alla Camera: “Non sono liberi i contadini ignoranti delle provincie napoletane, (…) la cui anima appartiene al confessore, al notaio, all’uomo di legge, al proprietario, a tutti quelli che hanno interesse di volgerli, d’impadronirsene”. Così, si impegnerà con la collaborazione di un altro patriota e intellettuale, Luigi Settembrini, sua longa manus, a sottrarre collegi ai frati ed educandati alle suore, e a pianificare le prime scuole laiche.
I romanzi, dicevo. Entriamo nei mondi femminili di Fogazzaro, in cui si delineano donne che si proiettano oltre le pareti di casa, e poi, ovviamente, De Amicis con Cuore, ma anche Il romanzo di un maestro in cui Emilio, il protagonista, non più ricattabile come la maestra Donati, oppone la sua fierezza al sindaco, da cui dipendono l’incarico e la conferma. “Il paese - lo Stato nato da poco – vuole istruire-educare il popolo e le donne. Ha contro la Chiesa e parte dei comuni, intesi come istituzione e comunità;(…) perché aule, materiali, stipendi e pensioni dei maestri sono pagati dai comuni, e (…) gli abitanti non si danno pace di questo salasso obbligato.” Così, Isnenghi.
Nel capitolo sul ‘viaggio in Italia’ di professori e maestri si staglia la figura del ligure-torinese Giuseppe Isnardi, vincitore di una cattedra a Catanzaro, nel 1912, che dalla Calabria si lascia adottare per anni, divenendo un appassionato meridionalista. Non manca poi il giovane Pascoli, che partecipa al concorso per una delle sei borse di studio messe a disposizione dal comune di Bologna, una borsa di studio da cui dipenderà la sua vita: studiare o tornare in campagna. Della commissione fa parte Carducci, e con la vittoria al primo posto il Pascoli guadagnerà una relazione quasi filiale col Poeta-Vate. Dopo la laurea, viaggerà pure: Matera, Messina, Massa, divenendo con le sue orazioni e discorsi nei teatri e nelle accademie, il giovane erede di Carducci.
Entriamo poi nel capitolo dell’era fascista, quando un maestro e figlio di maestra a sua volta imposterà l’irrigidimento totalitario dell’educazione di massa nelle scuole elementari di Stato. E nei libri di testo ora c’è Lui, e il popolo italiano crede e confida in Lui, a partire dal sovrano che lo ha saggiamente messo al comando…
È storia recente: il giuramento di fedeltà, che esclude dal corpo accademico i pochissimi che vanno via, una dozzina; e poi le leggi razziali con il caso commovente dell’illustre trentatreenne fisico Bruno Rossi che dopo cinque anni deve lasciare il modernissimo istituto di Fisica all’Università di Padova, da lui messo in piedi, e ora affidato a non si sa chi. Scendendo l’ultimo giorno, con la moglie, l’ampia scala dell’istituto, solo Mario, il portiere in lacrime, lo saluterà così: “Professore, non lasci, perché? Non è giusto, non è giusto”.
Mi fermo qui. C’è moltissimo altro, nell’isola del tesoro di questo libro.
P.S. Mario Isnenghi è stato il mio insegnante alle superiori per tre anni e da sessantatré siamo ancora in contatto. Nessuno si fa da solo, e a lui devo molto di quello che sono diventata.