Mussolini e le donne
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Mussolini ha fatto tanto per le donne! Le radici fasciste del maschilismo italiano

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Mussolini ha fatto tanto per le donne! Le radici fasciste del maschilismo italiano

Racconto questo saggio di Mirella Serri, docente di Letteratura moderna e contemporanea, grande esperta del fascismo e della Resistenza italiani, temi di cui tratta in molti dei suoi libri.

Il Primo capitolo si apre in una sala piena di libri e giornali, sparsi ovunque tra due vasi di violette del pensiero, i fiori amati da Anna Kuliscioff, definita da Antonio Labriola “l’unico uomo del socialismo italiano”. Mussolini, nel suo nuovo ruolo di Direttore dell’Avanti, il 2 dicembre 1912 è in visita da lei, che vuole conoscere la sua opinione sul voto alle donne. La Kuliscioff, colpita da tubercolosi ossea, ma ancora di una bellezza splendida, non ce la fa ad alzarsi e lo invita ad accomodarsi. A Mussolini sembra di avvertire nella donna un tono di sufficienza e disprezzo, gravato com’è dal bagaglio di inferiorità che si porta dietro da Predappio, per la sua cultura di autodidatta, per il padre Alessandro, da lui dipinto come virtuoso, ma che in realtà era un alcolista e un nullafacente. Il senso di inferiorità ricorre nelle esternazioni “d’astio nei confronti della coppia di fortunati e ricchi socialisti” tanto da portarlo a dire all’amante di allora, Angelica Balabanoff, additando un lampione: “Da questo faremo penzolare il signor Turati”.

Ritroviamo Anna nel più sconcertante dei capitoli finali, il giorno del suo funerale, il 3 gennaio 1926. La galleria Vittorio Emanuele II è affollatissima, tutti si stringono colpiti da pioggia mista a nevischio; d’improvviso la massa si apre a giovanotti in camicia nera che si fan largo a spallate al grido di “Viva Mussolini”. Estraendo i manganelli prendono a mazzate donne e uomini in corteo, distruggono le corone di fiori, i nastri, la carrozza. Turati, il compagno di Anna, capo del socialismo riformista italiano, viene inseguito dai manganelli ed è costretto ad allontanarsi in fretta in taxi. Respinto il primo attacco, al cimitero una nuova ondata di “scarafaggi” colpisce la cassa dove giace Anna cercando di impedire l’inumazione.  Il Duce aveva incitato alla rappresaglia per offendere la donna che più lo aveva combattuto in vita.

Tra questi due sipari, iniziale e conclusivo, l’autrice ci conduce - attraverso una narrazione documentata e avvincente - lungo la marcia che Mussolini, preso il potere e abbattuta la democrazia, percorrerà con determinazione contro le donne. Uscite dal primo conflitto con un ruolo nuovo, dopo aver sostituito nel lavoro gli uomini al fronte, sembrano essere pronte a conquistare finalmente, dopo decenni, il diritto di voto. Ma se Mussolini tergiversa sull’argomento per non svelare alla Kuliscioff le proprie mosse rispetto alla campagna per il suffragio femminile, nel suo intimo, formatosi sul saggio Sesso e carattere di Otto Weininger, ha come unica certezza che mai si sarebbe impegnato in una campagna per il voto femminile. Il ruolo della donna, come dimostrava Weininger non si poteva ribaltare. “L’inferiorità faceva parte della natura muliebre” sono le sue parole.

Al termine dell’intenso pomeriggio trascorso con la Kuliscioff, Mussolini s’imbatte nell’avvocato ebreo Sarfatti che presenta al neodirettore dell’Avanti la bellissima moglie Margherita. Stanno uscendo dal Caffè Savini per raggiungere anche loro l’appartamento della Kuliscioff.  Incontro fatale, che prelude alla costruzione, da parte di Margherita Sarfatti, dell’uomo-mito Mussolini e del personaggio “Dux”, titolo del suo libro-biografia tradotto in tutto il mondo. Inizia la relazione amorosa tra Margherita e Benito, che mantiene in contemporanea quella con Angelica cui si sente riconoscente: “Se non l’avessi incontrata in Svizzera, sarei rimasto un piccolo attivista di partito, un rivoluzionario della domenica”. Così il ‘duce’ rivela di essere debitore ad Angelica della sua maturazione politica. Come mai Mussolini scelse la Balabanoff come amante? “Aveva bisogno di qualcuno cui appoggiarsi e la sua vanità non gli avrebbe mai permesso di appoggiarsi a un uomo” spiega Angelica chiarendone acutamente la psicologia. “Ero una donna, con cui non doveva dimostrare di essere uguale o superiore agli altri uomini”. Mussolini non sottovalutò mai il mondo femminile, al contrario stimando fondamentale l’influenza delle donne sugli orientamenti maschili, come capo del Governo agì immediatamente contro quel mondo che molto temeva, consapevole del ruolo trainante delle donne nel progresso novecentesco. Il fascismo per dar vita a una nuova società antiprogressista e conservatrice doveva mostrare i muscoli e il suo potere schiacciando per prima cosa l’indipendenza del genere femminile così avverso al maschilismo totalitario.

E Mirella Serri dedica il capitolo 10, Mascellone al postribolo, a raccontare come prima dell’incontro in Svizzera con la socialista Balabanoff avesse avuto una serie di donne che, come disse lui stesso, trattò con “la logica del postribolo”, esclusivamente per la sua soddisfazione carnale, con più crudeltà che abbandono, come diceva chiaramente la sorella Edvige. E crudele si dimostrò quando Giulia Fontanesi, sua convivente, gli fece una scenata di gelosia. “Benito la riempì di botte e le morse un braccio. Le sue ire erano terribili e inattese. E poi le piantò il coltello che portava sempre con sé nell’altro braccio” (già da ragazzino, dai Salesiani, per dimostrare che non era inferiore agli altri, e per superare le offese ricevute, aveva accoltellato il compagno che lo infastidiva). Nel 1901 a Varano compie il suo primo stupro nei confronti della giovane Virginia che gli resisteva: “Era una ragazza generosa e una fortezza non inespugnabile…io la presi lungo le scale, la gettai dietro la porta e la feci mia…Si alzò piangente, avvilita e tra le lacrime mi insultava. Diceva che le ‘avevo rubato l’onore’…Il legame con Rachele, sposata con rito civile nel dicembre 1915 non interruppe la serie interminabile di relazioni femminili che si incrementarono via via che cresceva il suo potere. Ancora un cenno a due storie, su tutte. Ida Dalser, la donna che oltre a finanziare il nuovo quotidiano interventista di Mussolini gli aveva dato un figlio, Benito Albino, a un certo punto viene vissuta da lui come un ostacolo, e così il Duce li rimuove entrambi facendoli internare in manicomio. Nel 1917 Bianca Ceccato, diciassettenne dattilografa impiegata nella redazione del Popolo d’Italia, viene presto nominata assistente personale del Direttore Mussolini, con la prevedibile conseguenza… Bianca resta incinta e Benito la costringe ad abortire. Il leader fascista, divenuto Duce, dimostrerà ancora una volta la sua capacità di attore, assai abile nelle radicali conversioni: sosterrà una politica antiabortista e di sostegno dell’incremento demografico con severissime leggi a favore della maternità e contro l’aborto. La stessa Margherita Sarfatti, quando M. diviene capo del Governo, raggiunge un grande prestigio, quasi una seconda moglie, ma improvvisamente il legame evapora. Lui non ha più bisogno dell’aiuto psicologico ed economico che gli ha sempre dato, e la ritiene un peso. Attraverso l’operazione Dux, condotta dalla Sarfatti si afferma nell’immaginario collettivo il culto della personalità e la convinzione che sia inevitabile per le italiane rinunciare a qualsiasi autonomia in nome della subalternità al padre-marito-amante-padrone. Il fossato che separa maschi e femmine viene scavato da subito, nei primi mesi del regime, ma nel 1923 viene radicalizzato con la riforma della scuola ideata dal filosofo Giovanni Gentile. Divieto per le donne di svolgere l’attività di Preside. Istituzione dei licei femminili ideati per le ragazze “che non aspirino né agli studi superiori né al conseguimento di un diploma professionale”. Le laureate non possono insegnare Italiano, storia e filosofia nei licei classici, scientifici e nelle classi superiori degli istituti tecnici, Le studentesse vedono raddoppiate le tasse scolastiche e universitarie. Le donne sono escluse dalla Scuola normale superiore di Pisa. E nelle fabbriche solo il 10 % può essere donna. Le donne non possono, tra i molti divieti, prendere il brevetto di pilota; Mussolini sentenzia: “Nell’Italia fascista la cosa più fascista che le donne possano compiere è quella di pilotare molti figli…” Ma sappiamo che il tasso di natalità diminuirà invece per tutto il Ventennio. E quando dal 1927 sono dimezzati per decreto i salari femminili, centomila mondine del Nord si astengono dal lavoro e lo stesso fanno le operaie in Emilia Romagna, Vercelli, Novara, Pavia e in Veneto. A Ferrara si scatenano le braccianti, a Torino le operaie della Snia Viscosa, a Chioggia le disoccupate protestano occupando il municipio. Con l’inizio della guerra, come nel primo conflitto mondiale, le donne prendono il posto degli uomini richiamati alle armi, con un disegno di legge ad hoc. A poco a poco lieviterà la protesta femminile nelle campagne e nelle fabbriche, specie nella primavera del 1943. Manifestazioni che saranno il preludio di altre lotte e della Resistenza armata in cui la componente femminile si riprenderà la libertà che Mussolini aveva sottratto.

Ma i modelli imposti come stili di vita da Mussolini si dimostrano difficili a morire, destinati a segnare la storia del Novecento e a influenzare persino gli anni nostri. Le conquiste delle donne italiane procedono con passo lento: le prime magistrate (così osteggiate dai padri costituzionali!) le avremo solo nel 1963; l’abolizione del reato di adulterio arriverà nel 1968, l’introduzione del divorzio nel 1970, la riforma del diritto di famiglia nel 1975, l’aborto sarà legalizzato nel 1978 e le disposizioni sul delitto d’onore saranno abrogate nel 1981.

Il peso del maschilismo di Stato mussoliniano, abolito dal prezioso dettato costituzionale, si era radicato nella mentalità degli italiani. Radici difficili da estirpare. Giacché il passato maschilista condiziona ancora il presente in un continuo viavai. Si può veramente dire che il Duce ha fatto tanto per le donne.