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Fago, amore e perdita tra gli atolli corallini

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Fago, amore e perdita tra gli atolli corallini

L’articolo di oggi ci porta nuovamente tra gli atolli corallini della Micronesia, nel Pacifico Ovest. Chi segue questa rubrica dai sui albori forse ricorderà la nostra ultima visita a questo paradiso terrestre, attraverso l’articolo Mehameha e apparizioni nella foresta. Consiglio di recuperarlo nel caso non l’aveste letto.

Ciò che scopriremo oggi lo dobbiamo alle ricerche sul campo dell’antropologa Catherine Lutz, la quale ha svolto, nel corso degli anni ottanta, degli importanti studi etnografici sulla popolazione di Ifaluk, un piccolo raggruppamento di quattro isole.

La superficie abitabile di questo piccolo atollo è di appena 1.47 chilometri quadrati. Per farvi un paragone, si tratta di un’area simile alla zona di Adria racchiusa tra i due rami del Canal Bianco (dove sorgono il museo archeologico e l’ospedale), ovviamente con meno sanpietrini e una vegetazione più folta.

La popolazione locale conta poche centinaia di abitanti, organizzati in una società matriarcale che ripudia ogni forma di aggressione e incentiva fortemente la condivisione. Stando ai resoconti forniti, non vi sono casi di omicidi a memoria d’uomo. L’episodio più violento viene fatto risalire a qualche anno prima dell’arrivo dell’antropologa, episodio in cui un uomo ne ha inavvertitamente urtato un altro.

L’emozione di oggi, chiamata fago, si usa per descrivere la nostra relazione con una persona più sfortunata, ad esempio qualcuno che sta soffrendo a causa di una malattia. Fago è la compassione che proviamo nei confronti di chi abbiamo davanti, unita all’ottimismo di poter fare qualcosa per aiutarla. E’ quindi la combinazione tra l’incontro con la sofferenza e un tentativo di limitarla. Si tratta tuttavia di un tentativo umano e quindi imperfetto, dal quale emerge la consapevolezza che nonostante tutti i nostri sforzi il vorticare della vita ci strapperà l’un l’altro. Per questo motivo il fago è, oltre ad un misto di amore e compassione, anche un sentimento di commossa tristezza che emerge dalla consapevolezza dell’umana mortalità. La perdita è ineluttabile così come il dolore che ne deriva, ma noi siamo vivi e possiamo ancora fare qualcosa, anche se non sarà risolutivo. Il fago ci ricorda che tutti i legami sono unici e imperdibili, soprattutto quando posti davanti alla prospettiva dell’oblio; lo scorrere del tempo aggredisce la carne e lo spirito, non c’è motivo di aggiungere altra sofferenza con le nostre azioni. Per questo motivo è imprescindibile imparare ad essere gentili e a condividere quello che si ha la fortuna di raccogliere.

Se vi è piaciuto questo articolo, sappiate che fra due settimane torneremo nuovamente a parlare della popolazione di Ifaluk, questa volta esplorando a volo d’uccello i vari raggruppamenti emotivi che l’antropologa Catherine ha condensato dalle sue interviste!

 

Per un eventuale approfondimento:

Libro: Unnatural Emotions (1988), Catherine Lutz

Articolo scientifico: Lutz, C. (1982). The Domain of Emotion Words on Ifaluk. American Ethnologist, 9(1), 113–128. http://www.jstor.org/stable/644315