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La casa di Alida

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La casa di Alida

La casa si affacciava sulla via principale del paese. Un'abitazione imponente, squadrata e solida, resa ancora più maestosa da grossi blocchi di pietra incastonati agli angoli dei muri, così massicci da aver assorbito senza patire danno quel rigurgito infido della terra che sgretolò case e vite nella media valle del Tagliamento. Alida l'aveva ereditata da un'anziana signora come segno di riconoscenza per esserle stata vicino negli ultimi anni della sua vita. Con quella casa fredda, umida e smisuratamente grande aveva un rapporto impreciso.

Finché viveva ancora suo marito aveva pensato che quella donazione potesse diventare la roccaforte della seconda parte della loro vita. Ma da quando lui era mancato quell'odore di muffa che pareva impregnato nell'intonaco talvolta non la faceva respirare. In particolare era la cupezza dell'ampia scala di marmo grigio che portava alle tre camere inutilizzate del piano superiore a funzionare da cassa di risonanza della sua solitudine. Per un periodo aveva vissuto lì con il figlio, un giovanotto robusto come il padre cresciuto tra il bosco, il fiume e le osterie del paese. Poi lui aveva conosciuto una ragazza e si era traferito oltreconfine dove erano nati i due floridi nipotini che ogni tanto venivano a trovarla.

Alida ci pensò su a lungo prima di prendere la decisione di aprire una locanda. In paese c'erano altre pensioni, certo. Il piccolo borgo non era di per sé mèta di particolare interesse ma la vicinanza alle montagne e al confine sloveno offriva occasione di soggiorno a qualche turista o lavoratore di passaggio. Poi c'erano le fiere che richiamavano gente da fuori. La più importante era quella dell'Epifania, quando il freddo di gennaio veniva riscaldato dalla corsa dei carri infuocati trainati dalle braccia vigorose degli uomini delle contrade. Per Alida, fin da bambina, il momento più atteso e misterioso arrivava alla fine della competizione, quando con suo padre affidava speranze e preghiere al vento e all'auspicio del vecchio venerando che esaminava l'andamento del fumo del grande falò.

Sul finire di giugno il paese riviveva ancora con la festa dei Santi Pietro e Paolo. Se si concentrava anche solo un momento, Alida poteva ancora sentire i profumi di miele, conserve e formaggi che respirava quando, da ragazza, passeggiava tra le bancarelle stringendo la mano al suo promesso sposo, mentre nelle campagne intorno iniziava la mietitura del grano. Era in questi giorni che il borgo si animava e diventava un anfiteatro a cielo aperto e lì vi si radunavano musicisti da ogni parte d'Italia, Austria e Slovenia per partecipare al tradizionale festival della musica che culminava nel grande concerto dell'orchestra sinfonica. E lì, su quelle sedie sistemate sotto il palco, quante serate aveva passato a guardare il suo bambino rapito dai gesti degli orchestrali, battere il tempo sul selciato con un piede che ogni anno diventava sempre più forte.

Furono questi ricordi ad affiorare insistenti e a far scorrere nuova linfa nelle vene di Alida. Si convinse così ad aprire le porte della sua grande casa. Quella vita che aveva vissuto da bambina, poi da giovane ragazza, quindi da moglie e madre, doveva entrare in quella dimora attraverso i volti e le voci di altre persone.

All'inizio furono per lo più viaggiatori di passaggio alla ricerca di un alloggio economico e confortevole, famiglie in viaggio, gente che in passato aveva lasciato il paese e tornava per salutare parenti o sbrigare incombenze. Piano piano la voce si sparse e a settembre da Alida trovò alloggio Maria, una giovane maestra, nominata supplente nella piccola scuola della comunità. Arrivava da un altrettanto piccolo borgo dell'entroterra siciliano. Al paese aveva lasciato la famiglia e il fidanzato, con il quale si sarebbe sposata l'estate successiva.

I primi giorni non furono facili per lei e per Alida fu una benedizione doversi occupare della giovane con premura materna, offrendole tutte le attenzioni di cui necessitava per superare la nostalgia di casa. Dopo vari tentativi Alida trovò la via giusta per distogliere Maria dai suoi pensieri malinconici. Una via che aveva il sapore di melanzane fritte, polpette di riso panate e cannoli ripieni di ricotta che le due donne preparavano in quei pomeriggi autunnali sempre più corti ma così famigliari da far ritornare la serenità sul giovane volto.

Con la presenza costante di Maria e le altre stanze occupate da ospiti occasionali aumentavano gli impegni di Alida e quelle giornate prima segnate da un tempo denso e malinconico ora erano dedicate ad accogliere con ogni cura e attenzione chi si fermava da lei. Per gli ospiti Alida aveva mille riguardi. In prossimità del loro arrivo sbatteva i grandi tappeti, sprimacciava i cuscini e stendeva copriletti da lei ricamati sopra i materassi avvolti in candide lenzuola. Lucidava le testiere di ottone e le maniglie delle porte. Ingentiliva gli austeri comodini in rovere scuro con vasetti di fiori freschi e appendeva sacchettini di lavanda essiccata al mobiletto del bagno.

Li accoglieva con una tazza di tè, una fetta di crostata alla marmellata e si rendeva fin da subito disponibile per ogni esigenza: qualche altro asciugamano, una coperta in più, una brocca d'acqua fresca. Al mattino si levava all'alba per predisporre biscotti, dolci, pane, latte e caffè per la colazione. Per tutto il resto della giornata, mentre gli ospiti erano fuori, riassettava le stanze, lavava lenzuola, tovaglie e salviette, rimetteva in ordine la cucina e pensava a come deliziarli l'indomani.

La sera qualcuno si attardava a sorseggiare una tisana e a fare quattro chiacchiere nel suo cucinino, al piano terra della grande casa. Così Alida raccontava delle majorettes in divisa bianca, di cui da ragazza aveva fatto parte, e del marito musicista, direttore della banda musicale del paese. Inevitabilmente arrivava a riferire del loro primo incontro e delle tante manifestazioni a cui avevano partecipato per portare musica e folklore nelle feste, saturnali nei quali sfogare in balli, risate e qualche bicchiere in più la fatica del lavoro.

Bastava una domanda di cortesia ed Alida era pronta ad estrarre dal cassettone della madia un album di foto e a riattaccare con i racconti mentre il grosso gatto bigio si stendeva pigramente sopra le sue ginocchia e l'ospite reprimeva qualche sbadiglio impaziente di andare a letto. Grazie a quei nuovi incontri con persone e storie così diverse, Alida sentiva crescere dentro sé un nuovo entusiasmo che si rifletteva in varie forme anche nella locanda: vasi colmi delle prime ortensie decoravano l'ingresso e cesti con le primizie dell'orto riempivano il grande tavolo della cucina di colori e profumi che sapevano di premura e dedizione.

Giugno arrivò presto e un venerdì mattina limpido e fresco Maria salutò e ringraziò Alida per essersi presa cura di lei. La locandiera le regalò una coppia di asciugamani con il bordo ricamato a giorno e alcuni sacchettini di fiori di lavanda essiccati per il suo corredo da sposa. Si abbracciarono e Alida continuò ad asciugarsi gli occhi fino a che la giovane, trascinando la valigia sul predellino, sparì dietro la porta della corriera che l'avrebbe portata alla stazione.

Fu proprio quel pomeriggio che si presentò alla locanda un signore distinto dai capelli grigi e dagli occhi verdi. Disse di essere un musicista arrivato in paese per il tradizionale concerto della festa dei Santi Pietro e Paolo. Cercava un alloggio comodo al centro per qualche giorno e un collega del posto lo aveva indirizzato alla locanda. "Certo che c'è una stanza, la più ampia e luminosa. Sarà pronta tra un paio d'ore. Nel frattempo si accomodi in cucina. Posso offrirle un tè?", lo accolse Alida sorridendo.

La luce ancora chiara filtrava dalle tende sciolte sulle finestre aperte e illuminava il cucinino mentre Alida intiepidiva appena l'acqua sul fuoco. Pochi istanti dopo, lui con un gesto porse la tazza, lei versò l'infuso al gelsomino accompagnato da biscottini profumati al limone. Arrivò il chiarore aranciato del tramonto senza che i due quasi se ne avvedessero, immersi in una chiacchierata gentile che suonava come una sinfonia di voci e risate.

L'ospite raccontò di aver dedicato tutta la vita alla musica e di aver concluso la sua carriera professionale come direttore di un austero conservatorio austriaco, dove già aveva lavorato suo padre. Note e spartiti lo avevano portato a viaggiare in tutto il mondo. C'erano state delle donne, sì, ma alla fine la musica aveva sempre prevalso su tutto e le amicizie finivano non appena arrivava notizia del prossimo concerto, del prossimo contratto, del prossimo viaggio.

"Anche mio marito amava la musica. Aveva imparato da bambino, a orecchio, con una vecchia armonica. Poi uno zio gli regalò un clarinetto e qualche lezione. Gli veniva così naturale che in pochi anni imparò a suonare come nessuno in paese sapeva fare, così entrò a far parte della banda del paese e…". Alida si fermò, fece per alzarsi e ripetere quel gesto che aveva fatto decine di volte, aprire il cassetto e prendere l'album di vecchie foto. Trattenne un sussulto, si lisciò la gonna e alzandosi dalla sedia disse: "Sarà bene che le vada a preparare la stanza per questa notte".

L'indomani l'ospite si svegliò di buon mattino e di ottimo umore, scese in cucina e fece onore alla colazione, che quel giorno prevedeva frollini al burro, macedonia fresca e piccoli panini farciti. Alida era piena di attenzioni, aveva steso la tovaglietta di fiandra da lei abbellita con un bordo intagliato e aveva atteso di sentirlo scendere per accendere il fuoco del caffè. "Sono arrivati gli ultimi orchestrali per le prove generali. Sarà una giornata impegnativa ma sarei felice se stasera volesse assistere al concerto…", propose l'ospite. Alida non seppe rispondere con le parole a quell'invito, ma gli occhi parlarono per lei.

Quel pomeriggio mise da parte le faccende domestiche. Si preparò con cura passando in rassegna i vecchi abiti appesi nell'armadio, scegliendo infine un completo in lino chiaro che lei stessa si era confezionata. Aveva raccolto i capelli in uno chignon basso fermato sulla nuca con un pettinino di madreperla e, come non succedeva da tempo, aveva passato sul viso un velo di cipria e sulle labbra un po' di rossetto.

Sul far della sera l'ospite ritornò alla locanda e Alida rivide in quegli occhi ciò che da sempre cercava e che un tempo aveva già incontrato, onestà, rettitudine e quella sensibilità che solo le anime gentili possiedono. Nella sua stanza l'ospite indossò l'abito elegante richiesto dalla serata. In cucina Alida appoggiò sulla tavola i piatti in porcellana con l'orzo e le verdure. Brindarono con un calice di vino, ritrovandosi ancora in una chiacchierata che sapeva di musica, calore e vita. Poi lui le porse il braccio e insieme andarono al concerto dei Santi Pietro e Paolo sotto le stelle di una limpida serata di giugno.

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