Il Sol dell'Avvenire di Nanni Moretti
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Il sol dell'avvenire di Nanni Moretti

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Il sol dell'avvenire di Nanni Moretti

Chi segue Remweb conoscerà senz’altro la firma di Elena Cardillo, che è stata presidente della nostra associazione ed ha curato per molto tempo la realizzazione di questo sito. Elena è una grande esperta di cinema: non solo appassionata, ma proprio tecnicamente esperta di tutto ciò che si muove dietro e dentro il mondo dell’immagine. Ha scritto spesso di cinema su remweb (anche se non solo di cinema) e ci ha promesso che proseguirà a parlare di film in questa che, da oggi, diventa una rubrica fissa.
Come già sa chi la conosce, le recensioni di Elena (e in genere tutto quello che scrive) non sono solo puntuali, competenti e precise: sono scritte sulla seta, perché la bellezza della scrittura di Elena è l’altra caratteristica di questi testi che vi offriamo con molto orgoglio.



Nanni Moretti e “Il sol dell’avvenire”

Cerco un modo per cominciare. Parto dalla fine o dall’inizio? Con il cinema non è mai scontato, non lo è con le narrazioni, di sicuro con i film di Nanni Moretti.

C’è “Il sol dell’avvenire”, uscito con il respiro di tempo che il regista dà ai suoi lavori; un respiro ultimamente un po’ accelerato (“Tre piani” è appena del 2021).

È un bene, non lo è? Credo lo sia. Perché l’impressione è che Moretti metta un po’ più di istinto e un po’ meno pensamento in quello che fa. E abbassare il livello del concetto, oggi mi sembra una qualità preziosa.

Un personaggio del film (Barbora Bobulova che fa Vera, che in realtà fa se stessa in un film che Giovanni/Nanni sta girando) dice al regista: guarda che questo è un film d’amore, lo sai anche tu (e se non lo sai, renditene conto, intende). Lo dice mentre si procede con le riprese di un film ambientato nel 1956, a Roma intorno ad un circolo del PCI, mentre l’Unione Sovietica invade l’Ungheria.

Moretti fa un film che racconta un film che riflette sul destino del comunismo in Italia. Ma allora è un film politico. Sì e no. È il bello del suo cinema.

“Il sol dell’avvenire” mi è piaciuto. Davvero. E non ho voglia di pontificare su quanto sia più o meno riuscito rispetto agli altri suoi film; su quanto Nanni sia o no tornato… tornato a cosa, poi, tornato da dove?

In sintesi e senza spoilerare (che brutta parola). Giovanni (Nanni) è un regista, sta girando un film; Paola (Margherita Buy) è sua moglie, lavora con lui da sempre e dirige la produzione, ma è anche in crisi con lui. Hanno una figlia che ha detto “ciao” ad entrambi da tempo e che però scrive le musiche del film; lui (com’è prevedibile) è un uomo impossibile. Intorno c’è il cast del film nel film: Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Mathieu Amalric (che nella vita è anche un regista), gli acrobati del circo (nel film è il circo ungherese Budavari), tanti altri personaggi. La storia procede tra set e vita, due piani a modo loro reali e non potrebbe essere diversamente.

Senza dubbio sì, è un film d’amore. E di vita e di politica come sguardo sul mondo.

Torno all’istinto di cui dicevo. È importante. Il film ne è pieno, anche quando (e accade spesso) Giovanni monologa con se stesso e con chi ha a tiro. Si sente, ad ogni scena, che non esiste un perché esatto; non c’è sottotesto (maledetta la critica di tutti i tempi) da scovare. È la storia di un uomo, lo scorcio di un tempo (anzi due), di una società, la messa a fuoco di malesseri, occasioni perdute, vite vissute, energie sprecate, auspicate, desiderate.

Ecco, sì, c’è anche Elpìs, speranza, come concetto buono e bello, non buonista.

Ci sono brulicanti canzoni a dilatare l’orizzonte e ad attenuare la vaga sofferenza fluttuante tra i corpi, la narrazione e la “Storia”. Mi piace nominarne tre.

“Think” di Aretha Franklin, che Giovanni e Paola cantano in macchina, il primo piano sui loro visi e i gesti delle mani a danzare nell’abitacolo.

“Voglio vederti danzare” di Franco Battiato, per una scena da musical sul piazzale del set/sede del circolo PCI, dove tutto il cast ruota nel travolgente movimento dei dervisci.

“Et si tu n’existais pas” composta tra gli altri da Toto Cutugno, una chicca da ritrovare: una canzone che dà forza e bellezza a Giovanni/Nanni mentre palleggia, solo, sulla distesa di cemento del piazzale/set.

Ecco, a parer mio (e tanto per cedere alla tentazione di scivolare sulla linea del tempo) questa scena solitaria, con la palla che volteggia e Moretti pure, le note “Et si tu n'existais pas / Dis-moi pourquoi j'existerais?...”, l’intuizione di Roma intorno, anzi di un intero mondo, ecco sì, questa scena minuzzola è molto, moltissimo del cinema di Nanni Moretti.